Il drammaturgo, attore e pittore Antonio Tarantino è scomparso il 21 aprile a Torino, all’età di 82 anni. Ricoverato in seguito ad una caduta in casa, è morto per arresto cardiaco.
Nei primi anni Novanta interruppe la carriera di artista figurativo e cominciò a scrivere per il teatro. Decisivo, in questo periodo, fu l’incontro con il critico ed editore Franco Quadri, il quale nel tempo pubblicò gran parte della sua opera presso Ubulibri.
Si rivelò autore di teatro nel 1993, quando con i testi Stabat Mater e La passione secondo Giovanni vinse il premio Riccione teatro. Ha raccontato le sue storie surreali e drammatiche, ispirate al mito e incentrate sulla religione e sulla politica, usando una lingua raffinata, ma con contaminazioni dialettali e gergali. Le due pièces, e le successive Vespro della beata Vergine e Lustrini, sono state messe in scena dal regista tunisino Chérif durante gli anni Novanta. Con Materiali per una tragedia tedesca (in scena 1999-2000 e pubblicato nel 2000), un grande affresco sulla Germania, ha vinto il Premio Ubu 2000. Ha poi scritto La pace (2002, rappresentata nel 2008) sui rapporti arabo-israeliani, e La casa di Ramallah (2002, rappresentata nel 2004) sull’estremismo islamico e sul terrorismo. Ha inoltre dedicato due spettacoli ad Antonio Gramsci: Nel mondo grande e terribile (2008) e Gramsci a Turi (2009). Nel 2009 è andato in scena Stranieri, incentrato sulla paura dell’altro e del diverso, cui sono seguiti Trittico (2011, che comprende Torino-Bacau-Roma, Cara Medea, Una casa razzista), la rivisitazione di Medea (2011) e, ancora calando il mito nella nostra storia recente, nelle periferie di città degradate, i monologhi Cara Medea e Piccola Antigone (2012).
Un documentario, Noi, Antonio (2019), del regista Paolo Perlotti e con Valter Malosti, Maria Paiato, Marco Martinelli, Giuseppe Marini, lo racconta splendidamente.