Quella delle nostre nonne era davvero un’alta cucina. Con poco sapevano fare molto, preparando una tavola che ora si rimpiange per cura, genuinità, freschezza. Oggi si insiste molto sulla necessità di privilegiare i prodotti “a km zero”: allora bastava andare nell’orto o tra gli alberi da frutta, a pochi metri da casa per raccogliere la verdura e la frutta che servivano. Questa la bella e significativa testimonianza inviataci dalla signora Gabriella Pezzoni Borgnis, maestra di Giumaglio:
Egregio signor Zois,
ho letto il suo articolo L’alta cucina delle nonne, apparso sull’Illustrazione Ticinese. Parole sacrosante! Erano davvero loro, le nostre nonne, le vere regine della cucina! Pochi piatti, ingredienti genuini. Ricordo bene cosa preparava mia nonna Emilia: la trippa, il capretto stufato, gli gnocchi di patate, la “sua” torta di pane (a ricetta gelosamente segreta), i tortelli puntuali a San Giuseppe e per la sagra del paese a ferragosto.
Si consumavano al grotto privato del nonno, dopo i prodotti della mazza casalinga, il pane fatto in casa e il formaggio dell’alpe, accompagnati dal vino fatto con l’uva americana, prodotto dal nonno e tolto rigorosamente sul momento dal barile depositato nella cantina del grotto (splüi – splüg) e la gazzosa, preparata dalla nonna ed esposta al sole, in bottiglie, per una settimana circa.
Noi bambini di allora non vedevamo l’ora di berla e festosi gridavamo “la büscia, la büscia”!
E che dire delle merende domenicali, sempre a casa dei nonni? Una grossa fetta di pane abbrustolita al camino, col forchettoni, e dopo spalmata di burro e zucchero. Una prelibatezza!
Scomparse le nostre nonne, col tempo la cucina è molto cambiata. Nei grandi magazzini, c’è più scelta di prodotti “elaborati” (contenenti additivi…) per la gioia del palato: ma si tratta di una cucina… insidiosa per la salute. Nell’era del benessere, ecco apparire allergie, anche di natura alimentare, la sindrome metabolica, ecc. problemi del nostro tempo che poi dobbiamo contrastare con medicamenti. D’altra parte siamo un popolo di golosi che vogliamo provare tutto e spesso finiamo per esagerare con le quantità.
Aveva proprio ragione il regista Ermanno Olmi, da lei spesso citato, il quale portava ad esempio un paradosso del nostro tempo. In passato si commiserava la povera cucina dei contadini, sempre la stessa all’insegna della frugalità; adesso si spendono cifre da capogiro per mangiare genuino come facevano “i poveri contadini”.