Babel festival torna per la 17esima volta; lo fa con la fierezza di poter dire, nonostante il Covid e un cambio importante di direzione, di non aver mai subito interruzioni e con la consapevolezza di essere un appuntamento fisso nel panorama cultura ticinese che si estende non solo nei quattro giorni del Festival normalmente previsti ma anche, con una serie di eventi extra, nel corso dell’anno: «Possiamo ricordare, tra le tante iniziative al di là della rassegna, L’altra lingua, progetto nato per supportare l’apprendimento, da parte dei migranti, della lingua d’adozione e che abbiamo esportato, a partire dal Ticino, a Berna e in Romandia», ha sottolineato lo storico Presidente di Babel, Paolo Augustoni, nel corso della serata di apertura di ieri, 16 settembre, nel suggestivo contesto (ma ormai un classico) dell’ex convento di Monte Carasso. Iniziative accompagnate anche da importanti riconoscimenti agli Autori spesso ospitati dal Festival: «Quest’anno – sottolinea Agustoni – ospiteremo Frédéric Pajak, Gran Premio svizzero di letteratura nel 2021, e Fabienne Radi, analoga vincitrice del Premio nel 2022; cui si aggiunge il riconoscimento a Maurizia Balmelli, storica presenza nel team di Babel, insignita sempre dall’Ufficio federale della cultura del premio speciale di traduzione».
Dopo i saluti riportati dell’on. Bertoli e del Municipale della Città di Bellinzona Henrik Bang, a Vanni Bianconi, direttore fino all’anno scorso di Babel Festival, invece, il compito di ripercorrere alcuni momenti del Festival, se non i più salienti, almeno i più divertenti: «Ricordo ancora la prima edizione, nel 2006, quando ospitammo il pluripremiato violinista Andras Keller: fece il viaggio, da Malpensa al Ticino, credendo di essere stato sequestrato a causa dell’accoglienza riservatagli – una macchina di lusso guidata da due ceffi – e tenendosi ben stretti i suoi più preziosi violini. Al di là della gaffe, fu un’edizione di grandi nomi: dalla messinscena del Goethe di Orelli a Castelgrande ad Agota Kristof spiegata e introdotta da Fabio Pusterla. Da allora il Festival è questo: incontri che continuano a generare amicizia e senso, un reticolo a livello internazionale di persone che si scoprono e si capiscono. È la gioia post-babelica: ci si capisce, tramite la traduzione che nasce tra le lingue, al di là delle differenze linguistiche».
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