Commento

Amore e ossessione nel secondo romanzo di Sándor Márai

Bébi, il primo amore (Adelphi 2024) di Sándor Márai è un romanzo del 1928, il secondo dello scrittore ungherese, appena tradotto in italiano. Esplora l’ossessione amorosa di un professore di mezza età per una sua giovane studentessa. Ambientato in una cittadina ungherese negli anni Venti – il luogo e il tempo prediletto dell’autore – il libro è strutturato come un diario personale che permette al lettore di seguire l’evoluzione psicologica del protagonista seguendo il calendario. La narrazione in prima persona crea un’atmosfera intima quando claustrofobica, riflettendo lo stato mentale sempre più alterato del professore. Una scelta narrativa che può risultare a tratti monotona, con lunghe digressioni sui pensieri del protagonista che rallentano il ritmo della storia – ma non è questo il caso del romanzo, specialmente nella seconda metà. L’autore affronta temi complessi come l’amore non corrisposto, il conflitto generazionale e la crisi di mezza età.

Come sempre, con Márai, si ha sempre uno spaccato socio-cultuale di prim’ordine, ma con una punta di decadenza propria di quelle terre ed epoche – dell’Europa centrorientale tra le due guerre. Lo stile di Márai è caratterizzato da una prosa lucida e tagliente. L’uso del monologo interiore è particolarmente efficace nel trasmettere l’intensità emotiva del protagonista: «Sento che viviamo al buio. Non mi sto preparando a un evento in particolare, ma devo esser pronto in qualsiasi momento». Il romanzo esplora in maniera convincente il tema del potere e del suo abuso. Il protagonista, in quanto insegnante, si trova in una posizione di autorità rispetto agli studenti. La sua infatuazione lo porta a manipolare questa dinamica. Márai evita tuttavia giudizi morali espliciti, lasciando al lettore il compito di trarre le proprie conclusioni. Curiosamente, la figura di Bébi rimane enigmatica per gran parte del romanzo, vista sempre attraverso gli occhi del professore.

«È impossibile che non si renda conto, neppure per un istante, che esisto». Tuttavia, la mancanza di una caratterizzazione diretta di Bébi può lasciare il lettore insoddisfatto, desideroso di conoscere meglio questo personaggio centrale. Márai esplora il tema della solitudine e dell’alienazione. Il protagonista riflette: «Tra esseri umani è incredibilmente difficile riuscire a sapere qualcosa l’uno dell’altro». Márai trasmette efficacemente il senso di isolamento del professore, specialmente attraverso le sue riflessioni. Il climax del romanzo, con il confronto finale tra il professore e lo studente Madár, è il momento di grande tensione narrativa. Ma la conclusione lascia il lettore con più domande che risposte. Nel complesso, il volume dimostra il talento di Sándor Márai – poco riconosciuto in vita – nell’esplorazione della psiche umana. La sua prosa elegante e la sua capacità di creare personaggi complessi sono indubbiamente punti di forza di questo romanzo d’esordio.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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