Giovedì 24 ottobre l’Università della Svizzera Italiana è stata “teatro” della presentazione di Historiae, ultimo libro di poesie di Antonella Anedda Angioy, poetessa, saggista e Professoressa all’Istituto di studi Italiani (ISI). L’incontro si è svolto come un ideale dialogo tra l’autrice, Stefano Prandi, Direttore e Professore di Letteratura Italiana all’ISI, e Arnaldo Soldani, Professore di Storia della lingua italiana all’Istituto. Le riflessioni sulla raccolta poetica sono state idealmente accompagnate dalla lettura di alcune poesie da parte dell’autrice stessa.
«Antonella Anedda è una personalità in cui poesia e saggistica sono in perfetta osmosi oltre che vincitrice di numerosi premi» – così l’ha presentata il Direttore dell’ISI. Tra i temi dell’opera, uno dei fondamentali è l’attraversamento della malattia che ha “temprato” anche la stessa parola poetica. È possibile anche scorgerci – ha messo ancora in luce Stefano Prandi – un’ispirazione lucreziana alle radici della materia; il linguaggio che permea la raccolta è intriso di una duplice matrice: la lingua latina e quella sarda. È un libro definito all’apparenza «terminale», ma che in realtà non lo è quanto sembrerebbe.
L’ha definita poi Arnaldo Soldani una raccolta bella in cui emerge perfettamente quello che è «il problema dei problemi» della poesia contemporanea: la rappresentazione del sé e il tema dell’io, un io di cui poeticamente Antonella Anedda vorrebbe disfarsi. Non solo affiora il problema dell’io, ma anche la dialettica con la tradizione; ha colto infatti Prandi, nell’espressione: «stormir di foglie», un’eco leopardiana. In un’altra poesia emerge poi quello che è a tutti gli effetti un fittissimo dialogo con il terzo canto del Paradiso: è infatti la stessa autrice a sottolineare come Dante sia effettivamente presente in tutto il libro quanto lo scrittore latino Tacito.
Un’altra caratteristica della raccolta è la presenza di enfasi e l’intensificazione delle curve emotive; molti sono gli «appelli» come in una poesia in cui si legge: «Vieni sonno, confondici», quasi un richiamo alle poesie michelangiolesche. Molti sono anche gli echi presenti del poeta Zanzotto.
Ha sottolineato poi Soldani come lo stile si collochi in posizioni esattamente antitetiche a quelle della «neometrica»: emerge qui la ricerca di un grande stile nella sintassi che non conosce involuzioni e che recupera l’uso del se ipotetico. La raccolta rientra quindi negli stilèmi della poesia tradizionale così come l’endecasillabo che chiude una delle poesie. Lo stesso emerge dalla ricerca metodica della rima.
Un’ultima meditazione emersa da una domanda del pubblico ha poi concluso l’incontro: il perché della presenza tacitiana nel libro. La scelta ha spiegato la poetessa è dovuta all’interesse verso lo stile dello scrittore latino che dice solo ciò che deve e serve, per la sua assenza di retorica e perché ha il coraggio di dire «noi» assumendosi, insieme all’intero popolo latino, il peso di responsabilità storiche. La brevità della lingua di Tacito è inoltre molto simile – ha ricordato – anche a quella della lingua sarda e allo stile di uno scrittore Salvatore Satta che Antonella Anedda apprezza particolarmente.
Historiae è una raccolta ricca di profondi spunti di meditazione, di grande valore poetico che aggiunge un tassello all’opera dell’autrice e alla poesia contemporanea.
Francesca Rossetti