Commento

Antonio Carioti ripercorre la vita di Mussolini a tappe

40 giorni nella vita di Mussolini (Solferino 2025) di Antonio Carioti ripercorre quaranta tappe dell’epopea del dittatore italiano. L’autore struttura la sua analisi attraverso profili annuali che si concentrano sulla biografia di Benito Mussolini e ciascun anno è ricco di sfide, visioni e decisioni. S’inizia dal 1883, quando i Mussolini non versano in condizioni di estrema povertà. Il padre Alessandro Mussolini lavora come fabbro. La madre Rosa Maltoni è insegnante. Già da piccolo, Benito mostra un carattere autoritario, violento e riservato. Il fratello, Arnaldo Mussolini, esercita un’influenza equilibratrice su di lui. Nonostante l’indisciplina, Mussolini dimostra intelligenza vivace, ottiene il diploma magistrale e si unisce ai movimenti socialisti. Ma più che alla politica, si dedica alle conquiste femminili. Ottiene un’occupazione in Svizzera, ma il lavoro faticoso non è adatto a lui. Emergono le sue passioni: giornalismo e politica. Nel 1904 partecipa ad un dibattito sull’esistenza di Dio col pastore Alfredo Taglialatela.

Secondo Angelica Balabanoff, in quell’occasione Mussolini dice: «Do dieci minuti di tempo al Padre Eterno. Se egli non mi colpisce in questo limite di tempo, vuol dire che non esiste». L’espediente risulta efficace. Mussolini mostra ostilità verso la religione, nonostante sua madre fosse devota. L’ateismo del futuro dittatore è influenzato dal padre. Taglialatela, poi, diventa un fervente sostenitore del Duce. Nel 1909 a Untermais (Maia Bassa), presso Merano si scontra con Alcide De Gasperi, che replica su Il Trentino che l’agitatore considera «la vita pubblica come un torneo di insulti e di bastonate». Mussolini comincia a scrivere per La Voce di Giuseppe Prezzolini. Morta Rosa, il padre abbandona Predappio per Forlì, dove gestisce una trattoria con la vedova Anna Lombardi. La figlia di quest’ultima è Rachele GuidiEdda Mussolini nasce prima del matrimonio, dando origine alla voce che sia figlia della Balabanoff.

Mussolini assume il controllo del Partito socialista di Forlì. Rachele è una presenza costante nell’esistenza del romagnolo, il suo solido riferimento familiare, nonostante i frequenti tradimenti, incluso quello con Ida Dalser, madre di Albino Benito Mussolini. La Guidi è poco istruita e di mentalità ristretta. Nel periodo milanese rimane esclusa dalle relazioni sociali del marito, che la tradisce con Margherita Sarfatti. Donna erudita di famiglia ebraica veneziana, poi convertitasi al cristianesimo, introduce Mussolini nei circoli intellettuali milanesi. La sua opera Dux diventa un successo editoriale mondiale. Tuttavia, è costretta a emigrare negli Stati Uniti nel 1932, tornando in Italia solo quattordici anni dopo. Mussolini è un fervente antimilitarista, un rivoluzionario. Designato direttore dell’Avanti!, diventa un punto di riferimento per il movimento socialista. Nel 1914 la Germania, per invadere la Francia, viola la neutralità del Belgio. Mussolini ne resta colpito, definendo “inaudito” e “brigantesco” il comportamento di Berlino.

Estromesso dal giornale per il suo cambio di rotta sull’interventismo, fonda Il Popolo d’Italia, un “Quotidiano socialista”. E serve come bersagliere. Nel 1915 pubblica a episodi il Giornale di guerra. Nel 1923 i reportage vengono riuniti in un fascicolo, poi testo formativo per i giovani destinati a partecipare alle campagne del regime. Il Popolo si orienta sempre più verso posizioni di destra, etichettando la rivoluzione bolscevica come un’operazione orchestrata dai tedeschi. Il sottotitolo “Quotidiano socialista” viene eliminato dalla testata a favore di “Quotidiano dei combattenti e dei produttori”. Al concludersi della guerra, identifica nei suoi ex alleati l’avversario da sconfiggere. L’espressione “Vittoria mutilata” è creata il 24 ottobre 1918 sul Corriere della Sera da Gabriele D’Annunzio. Il 23 marzo 1919 nascono a Milano i Fasci di combattimento. L’evento si svolge nella sala dell’Alleanza industriale in piazza San Sepolcro.

Il locale è concesso dall’imprenditore Cesare Goldmann, ebreo massone. Molti dei partecipanti sono ex sindacalisti che hanno seguito Mussolini nella scelta interventista: Cesare Rossi, Michele Bianchi, Luigi Razza. Ci sono anche i futuristi di Filippo Tommaso Marinetti. Mussolini dimostra comprensione per le richieste dei lavoratori e degli ex combattenti. Combina nazionalismo estremista ed aspirazioni sovversive. È persuaso che la classe dirigente liberale sia prossima alla fine. Propone la rappresentanza proporzionale e l’eliminazione del Senato, i cui membri vengono nominati dal sovrano. Alle elezioni del 1919 ottiene solo poche migliaia di preferenze. Poi capisce che deve ottenere il consenso della classe media. Eliminato l’ingombro di D’Annunzio, che ha respinto il trattato di Rapallo – poi è obbligato alla capitolazione a Fiume dopo il “Natale di sangue” – Mussolini viene eletto nel 1921 alla Camera. Tra gli eletti, anche Giuseppe Bottai, Cesare Maria De Vecchi, Roberto Farinacci, Dino Grandi.

Il 30 ottobre 1922 Mussolini si presenta al Quirinale da Vittorio Emanuele III, per ricevere l’incarico di costituire il governo. Ha trentanove anni. Nel 1923 è ancora alla guida di un governo di coalizione. Il sottosegretario Giacomo Acerbo è incaricato di elaborare una riforma elettorale concepita per assicurare la supremazia dei fascisti. Il 1924 è l’anno dell’assassinio di Giacomo Matteotti. La monarchia appoggia Mussolini, che supera la crisi. Arrestato Amerigo Dumini, ma sono stati identificati come mandanti Rossi, Giovanni Marinelli – amministratore del Partito – e Aldo Finzi – sottosegretario all’Interno, poi antifascista, che perirà alle Fosse Ardeatine. Il proiettile sparato a Bologna il 31 ottobre 1926 perfora il risvolto della giacca di Mussolini. Il tenente Carlo Alberto Pasolini (padre di Pier Paolo Pasolini) bracca il giovane Anteo Zamboni, ucciso sul posto. Il 7 aprile 1926 a fare fuoco sul Duce in Campidoglio a Roma è Violet Gibson, una donna irlandese mentalmente instabile.

Mussolini non perde tempo e consegna ai sodali una frase celebre: «Se avanzo, seguitemi; se indietreggio, uccidetemi; se muoio, vendicatemi». Dichiara che «in Italia non c’è posto per gli antifascisti; c’è posto solo per i fascisti e per gli afascisti quando siano dei cittadini probi ed esemplari». Trasforma lo Stato in senso corporativo: «Tutto nello Stato, niente contro lo Stato, nulla al di fuori dello Stato». E insiste nell’evidenziare il rapporto con le classi popolari. Tuttavia, crede nell’importanza della gerarchia e tra industriali e operai favorisce sempre i primi. L’11 febbraio 1929 vengono firmati i Patti Lateranensi. La riconciliazione tra Italia e Santa Sede conclude una controversia che persisteva dal 20 settembre 1870, quando le forze armate di Vittorio Emanuele II occupano Roma. La vittoria politico-diplomatica attesta la sua risolutezza nell’affrontare le questioni e unisce attorno al regime il sostegno cattolico.

Gli accordi sono tre: il trattato per il riconoscimento del Regno d’Italia e la creazione dello Stato del Vaticano; la convenzione finanziaria; il concordato, sulle relazioni tra Stato e Chiesa. La Chiesa è obbligata a retrocedere su alcune posizioni, cedendo alle esigenze di un regime che non ammette rivali nell’ indottrinamento politico. Papa Pio XI esprime la sua soddisfazione per la riconciliazione, descrivendo Mussolini come «l’uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare». Nell’aprile 1930 Edda contrae matrimonio con Galeazzo Ciano. Il Duce ripone in lui una tale fiducia che, in un documento riservato, lo indica suo successore in caso di morte. Ciano è poi condannato a morte nel processo di Verona nel 1944, dove perisce anche il quadrumviro Emilio De Bono. Edda tenta ogni strada per salvarlo, rompendo pure i rapporti col padre. Poi iniziano le manie di grandezza. Mussolini ambisce a trasformare l’Italia in una grande potenza.

Adolf Hitler compare sulla scena europea e considera Mussolini suo mentore. All’inizio Mussolini vuole difendere l’autonomia dell’Austria e proteggere l’Alto Adige-Sud Tirolo, dove risiede una numerosa comunità germanofona irredentista. Hitler lo infastidisce con i suoi riferimenti alla presunta superiorità della razza nordica rispetto a quella mediterranea. E ne trae un’impressione negativa nel 1934 a Venezia. Gli sembra un fanatico. Dopo la Notte dei lunghi coltelli Mussolini è turbato dalla purga così cruenta. Il Sottosegretario agli Esteri Fulvio Suvich descrive Hitler come una “belva umana”. Nel 1935, l’Italia conquista l’Etiopia. La critica di Mussolini è indirizzata verso le potenze occidentali, che controllano vasti imperi coloniali e pretendono di impedire all’Italia il diritto di appropriarsi di una porzione dell’Africa. La Società delle Nazioni applica sanzioni economiche contro l’Italia. I provvedimenti – moderati – consentono al Duce di presentarsi come vittima dell’imperialismo franco-britannico. E in Etiopia fa usare il gas.

Qui la superiorità tecnologica italiana è determinante. Pietro Badoglio entra ad Addis Abeba, ma il conflitto prosegue sotto forma di una logorante guerriglia, anche se Hailé Selassié è detronizzato. Tuttavia, l’indebolimento in Africa e in Spagna rende l’esercito meno adeguato ad affrontare il successivo conflitto. Assassinato Engelbert Dollfuss, il Duce risponde con vigore contro i tedeschi, ma non succede nulla. Kurt Schuschnigg consente l’ingresso nel governo dei nazisti austriaci. Ma l’Anschluss avviene lo stesso. Il Duce afferma che Roma e Berlino desiderano la pace e si trova a ricoprire il ruolo di mediatore agli accordi di Monaco. Che nel marzo 1939 Hitler viola e invade Praga. Il 22 maggio a Berlino si firma il Patto d’Acciaio. Il 18 settembre 1938, in piazza Unità a Trieste, annunciato dal fedele Achille Starace, Mussolini proclama le leggi razziali. Scrive Ciano sui diari: «Trovo il Duce sempre più montato contro gli ebrei».

Dopo aver glorificato la guerra innumerevoli volte, lo infastidisce restare escluso dal conflitto, anche se il paese ne è felice. Ma il 10 giugno 1940 “esistono” le condizioni per entrare in guerra. La Francia è sconfitta e la Gran Bretagna è in difficoltà. Dunque, Mussolini corre in aiuto del vincitore. Attacca la Francia sulle Alpi senza produrre risultati significativi. Idem contro la Grecia: le truppe elleniche respingono l’invasione e penetrano in Albania. Sei mesi dopo il discorso di Palazzo Venezia, la situazione è disperata. Con la lettera delle tre di notte del 22 giugno 1941, il Führer comunica al Duce che il suo esercito sta invadendo l’URSS. Durante l’incontro tra i due al Brennero, il 2 giugno, Hitler non ha informato Mussolini di questa intenzione. «Io non oso, di notte, disturbare i servitori e i tedeschi mi fanno saltare dal letto senza il minimo riguardo», dice Mussolini a Ciano.

Per Mussolini costituisce una questione d’orgoglio inviare un proprio contingente, ma l’Armir è annientata tra il dicembre 1942 e il gennaio 1943. Il 25 luglio, la resa dei conti. Il Gran Consiglio esamina l’insostenibile condizione dell’Italia. Il 10 luglio le forze anglo-americane sono approdate in Sicilia. Il 19 Roma è colpita dai bombardamenti alleati. Grandi chiede che il sovrano riassuma il comando supremo delle forze armate, potere delegato al Duce all’inizio del conflitto. Votano a favore dell’odg, tra gli altri, Bottai, De Vecchi, De Bono e Ciano. Mussolini va a Villa Savoia per un colloquio col re. Il monarca lo informa della decisione di rimpiazzarlo con Badoglio, il cui incarico è negoziare la resa. Mussolini viene fatto salire su un’autoambulanza, poi verso l’isola di Ponza, quindi a Campo Imperatore. Lo Stato collassa l’8 settembre, ma Mussolini viene liberato da Otto Skorzeny e condotto a Monaco, dunque a Rastenburg.

Esprime l’intenzione di ritirarsi dalla vita pubblica e stabilirsi in Romagna, ma le circostanze lo obbligano a rientrare sulla scena politica. Hitler impone la formazione di un governo fascista in Italia e il leader non può essere altri che il Duce. Mussolini sa che la guerra è perduta. Ma non trova una via d’uscita. Verosimilmente è spinto anche dal sentimento di vendetta verso chi considera responsabile del tradimento. Fondato il Partito fascista repubblicano, con Alessandro Pavolini come segretario, l’obiettivo è di creare uno Stato che «sarà nazionale e sociale nel significato più ampio del termine». Un ritorno ai principi del programma del 1919, se non addirittura ai suoi esordi socialisti. Ha inizio la guerra civile. Da una lettera che scrive a Claretta Petacci il 7 gennaio 1945: «La tempesta è all’orizzonte. Io sono stufo di fare il buffone. Io non sono che un ridicolo personaggio».

Amedeo Gasparini

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