Lunedì 11 maggio in Svizzera hanno riaperto le scuole dell’obbligo. Non tutte le famiglie l’hanno presa bene. Ci sono tre correnti di pensiero tra i genitori: quelli che non vedevano l’ora che le scuole riaprissero e che i bimbi potessero finalmente tornare a frequentarsi, all’opposto, quelli che ritengono che l’apertura sia un rischio e che hanno deciso di non mandare i propri figli a scuola e, infine, quelli che a scuola li hanno mandati ma non sono convinti sia la scelta giusta. In fondo, dicono, si tratta solo di pochi giorni di scuola effettivi, prima della chiusura dell’anno scolastico.
Non tutte le scuole si sono organizzate allo stesso modo per la riapertura; in quella che frequenta mia figlia, i bambini sono stati divisi in due gruppi. Il primo gruppo frequenta le lezioni in presenza il lunedì e il martedì, mentre il secondo gruppo frequenta il giovedì e il venerdì. I giorni in cui i bambini restano a casa, sono tenuti a seguire on line le lezioni che la maestra sta facendo al gruppo in presenza; in tal modo il programma didattico viene portato avanti e le lezioni si svolgono in sicurezza, con non più di 10 alunni presenti in classe, oltre alla docente.
Mi sono nascosta in un angolo perché nessuno si accorgesse della mia presenza ed ho assistito a una lezione on line che mia figlia stava seguendo in diretta dalla sua cameretta. Ho pensato: quante probabilità ci sono che in futuro una situazione del genere mi ricapiti di nuovo?
Lo schermo del computer di mia figlia mostra in primo piano quello che la maestra sta scrivendo sulla lavagna elettronica, in modo che anche i bambini a casa possano copiare gli appunti sul quaderno. Sotto la “lavagna”, all’interno di tanti piccoli riquadri, appaiono le faccine di tutti i bimbi che da casa stanno partecipando alla lezione.
C’è chi segue attento e prende appunti, chi ha lo sguardo perso nel vuoto, chi mangia un biscotto, chi sbadiglia, chi, approfittando della distanza “fisica” della maestra, nel frattempo gioca con lo slime con sguardo furbetto, incurante del fatto che tutti possano vedere cosa stia facendo attraverso la webcam. Poi ci sono i bambini più monelli e più avvezzi all’uso della tecnologia, che si divertono ad escludere dalla chat il compagno di turno, oppure a spegnere il microfono ai compagni o anche alla maestra, suscitando, giustamente, le ire e l’indignazione di tutti i “presenti”.
La maestra prima interroga gli alunni che si trovano in classe e poi quelli collegati da casa, uno ad uno. La lezione è finita; alcuni bimbi si scollegano dopo pochi secondi tirando un sospiro di sollievo ed altri si salutano con la mano e restano connessi fintanto che lo schermo diventa nero.
I metodi di apprendimento si sono inevitabilmente adattati ai tempi che stiamo vivendo ma le dinamiche di interazione tra i bambini restano sempre le stesse, superando qualsiasi barriera tecnologica.
Nazarena Bignami