Commento

Arabia Saudita: ruolo e ambizioni oggi

In Il nuovo impero arabo (Solferino 2024) Federico Rampini racconta come l’Arabia Saudita è un attore sempre più rilevante nella geopolitica odierna. Riyad, capitale di un paese in rapida trasformazione, è diventata un gigantesco cantiere di sviluppo, attirando investimenti e imprese straniere. L’area è in forte espansione, ma sottoposto ad una minaccia costante – l’Iran. Il nuovo corso politico del giovane principe Mohammed bin Salman punta sulla sostenibilità, spiega Rampini. La sua nuova Arabia Saudita aspira, tra le altre cose, a diventare una potenza manifatturiera. Tuttavia, questa vocazione industriale è complessa per un paese con pochi abitanti e una cronica carenza di manodopera, compensata dall’immigrazione. L’Occidente sembra inseguire MbS, dopo averlo demonizzato – vedi il caso di Jamal Khashoggi. Rampini evidenzia come l’Occidente applichi due pesi e due misure, mostrando tolleranza maggiore verso MbS rispetto agli abusi della Cina contro i diritti umani in Tibet, Xinjiang e Hong Kong.

Il libro offre un ritratto complesso del paese mediorientale. Sottolinea che, con il Medio Oriente di nuovo in fiamme, l’Arabia Saudita non si schiera né con Hamas né con Israele. Non a caso viene indicato come possibile arbitro-garante per il conflitto. Rampini esplora anche il legame tra Arabia Saudita e Cina. Ma il paragone è impraticabile per dimensioni, geografia e demografia – l’Arabia Saudita ha solo 36 milioni di abitanti, un terzo dei quali sono immigrati. MbS vuole costringere i giovani sauditi a cambiare atteggiamento verso il lavoro. L’autore ci mette di fronte a scomode realtà. «MbS è un vero modernizzatore: ha il grande merito di aver esautorato il clero islamico più fondamentalista, di aver chiuso i rubinetti dei petrodollari che finanziavano il terrorismo jihadista; ha anche una visione molto progressista sul ruolo della donna nella società, ma […] nessuna […] transizione […] verso una democrazia».

Si parla molto della questione Houthi, contro cui l’Arabia ha lottato per anni. Successivamente, su pressione di americani ed europei, ha ridotto il conflitto armato. Tuttavia, gli Houthi continuano a essere una minaccia per Jerba. L’Arabia Saudita di oggi è un investitore internazionale, caratterizzato da modernità tecnologica. L’Iran è una presenza costante nel libro di Rampini. La severità usata verso Riyad è molto diversa dal rispetto riservato a Mosca o Pechino. Il regime cinese lasciò morire in carcere persino un Premio Nobel Liu Xiaobo, mentre Mosca ha ucciso Aleksej Naval’nyj: scarse le reazioni occidentali in tutti e due i casi. Rampini si sofferma anche su un episodio che ebbe risonanza internazionale. La più clamorosa tra le iniziative di MbS è il sequestro di decine di membri della famiglia reale con l’accusa di corruzione, rinchiudendoli nelle suite del Ritz-Carlton, estorcendo pagamenti miliardari prima di liberarli.

Il bilancio ufficiale di quell’operazione supera i cento miliardi di dollari recuperati nelle casse dello Stato saudita. Seguono altri colpi di mano in politica estera: una durissima crisi diplomatica con il Qatar, colpito da embargo perché accusato di sostenere il terrorismo. La rottura generazionale rappresentata da MbS ha un peso enorme. «Il consenso conquistato con l’efficienza, non con la partecipazione del popolo al potere […], una lezione che molti sauditi estraggono da quel 2012 riguarda le Primavere arabe. […] Forse è meglio vivere sotto un despota illuminato che fa scelte lungimiranti nell’interesse del paese, anziché inseguire utopie rivoluzionarie destinate a fallire nel sangue». Poi, «anziché vagheggiare improbabili rivoluzioni di popolo e l’instaurazione di una vera democrazia, forse dovremmo auspicare un ricambio generazionale sul modello di quello avvenuto in Arabia Saudita, ossia un nuovo despota, però illuminato, magari un tecnocrate dell’esercito iraniano, disposto a varare certe riforme ma non altre».

Rampini esplora come l’Arabia Saudita possa agire da tramite per risolvere la questione mediorientale. Anche gli Stati Uniti stanno considerando la possibilità di far subentrare attori regionali al loro posto. MbS non ha mai abbandonato l’obiettivo strategico di riconoscere lo Stato d’Israele, neppure dopo gli orrori a Gaza. A Riyad si è accumulata una profonda diffidenza verso la causa palestinese. La visione che l’Arabia ha dei palestinesi è più disincantata, scettica o severa rispetto a quella di molti occidentali, afferma Rampini. Tuttavia, il regno non ha cessato di migliorare i suoi legami diplomatici con l’Iran, anche dopo il conflitto indiretto avviato dagli Houthi per disturbare la navigazione nel Mar Rosso. Rampini riflette che considerare il Medio Oriente capace di risolvere da sé i propri problemi potrebbe sembrare un salto imprudente.

L’Arabia Saudita di oggi? Certamente un regno moderno. La concessione della patente alle donne e l’iniziativa per attirare molte imprese straniere nel quadro della Vision 2030 sono vantaggiosi per gli immigrati. Il regno ha deciso di esercitare pieno controllo sulle proprie frontiere e ha avuto successo in questo intento. Sebbene non sia un campione dei diritti umani, l’Arabia Saudita riconosce il diritto umano di essere liberi dalla fame, primario rispetto alla libertà di espressione o al diritto di voto. Rampini sostiene che con la sua crescita economica che coinvolge milioni di lavoratori egiziani, pakistani e bengalesi, l’Arabia Saudita contribuisce a migliorare le condizioni di vita di persone che si trovavano in situazioni peggiori nei loro paesi d’origine, contribuendo così alla stabilità. Senza il miracolo economico saudita, la pressione migratoria verso l’Europa sarebbe molto più elevata.

Oggi l’Arabia Saudita è l’unico Paese arabo nel G-20 e presto anche nei Brics. Il profilo diplomatico saudita, caratterizzato da una strategia di disturbo nei confronti dei suoi storici rivali – l’impero ottomano e quello persiano – spiega solo in parte il suo atteggiamento prudente a livello internazionale. «L’Arabia occupa una posizione originale nel Grande Sud: gode della protezione militare americana e tuttavia sviluppa rapporti eccellenti con Cina e Russia. Può giocare un ruolo di arbitro, ammesso che voglia farlo, o almeno svolgere utili mediazioni». Infine, «non dobbiamo chiudere gli occhi sugli abusi commessi da MbS»; «però ci conviene aprirli sul fatto che questo principe arabo incarna una tra le culture meno anti-occidentali di tutto il Grande Sud ed è promotore di idee e progetti che possono irradiare benefici dall’Africa al Mediterraneo».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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