Commento

Arte e Fascismo, una coesistenza impossibile

Una cinquantina di pagine, la lunghezza della mostra al MART di Rovereto: Arte e Fascismo (La nave di Teseo 2024) di Vittorio Sgarbi esplora le connessioni tra gli artisti del Ventennio e la dittatura. Il punto forte del volume è senza dubbio il suo slogan destinato a restare: «Nell’Arte non c’è Fascismo. Nel Fascismo non c’è Arte». Come a dire, che non esiste e non può esistere coesistenza tra fascismo ed arte – tuttavia l’autore è carente nello spiegare i motivi. Oltre ottocento tra artisti, scrittori, registi e intellettuali, nel Dopoguerra post-fascista, si sono dichiarati sostenitori delle ragioni morali dell’Antifascismo. Tuttavia, durante il Ventennio avevano ricevuto generose sovvenzioni dal MinCulPop. Pierluigi Battista, in prefazione al volume, parla di una “reciproca omertà”. «Per nascondersi, per inventarsi un passato, per presentarsi immacolati e non compromessi, accettarono di ripudiare ciò che avevano fatto, dipinto, scritto».

Nel Dopoguerra democratico, alcuni artisti ignorarono volutamente episodi che avrebbero danneggiato la loro immagine di rigidi militanti antifascisti. Secondo Sgarbi, è importante però raccontare quel ventennio attraverso le testimonianze dell’arte nella pittura, scultura, architettura, manifesti, cinema e fotografia. Senza censure. «Noi siamo tutti, necessariamente, postfascisti», sostiene Sgarbi. «Io sono antifascista, la nostra cultura è antifascista. Il regime fascista non c’è più, dobbiamo combattere il rischio che possa tornare, ma questo non può diventare un pregiudizio che impedisce di guardare a quanto in quei vent’anni è accaduto oltre il Fascismo, e nonostante il Fascismo». Perché dunque censurare l’arte sotto il Fascismo? «Il Fascismo è estraneo all’Arte, perché è un ordine sbagliato della società. L’Arte invece è un insieme di individui, artisti che possono avere o meno aderito al potere in vigore in quel periodo». Forse in alcuni passaggi Sgarbi si allarga per confermare la sua tesi.

«L’artista non può essere mai, in quanto tale, fascista. Può fare qualunque cosa gli chieda il potere, ma la sua idea sarà più forte di quel potere». L’arte prevarrebbe, dunque, su qualunque potere. In questo contesto, il binomio arte e fascismo rappresenta un catalogo enciclopedico, un tesoro di artisti, scultori e architetti che ci si offre con una straordinaria ricchezza. «L’Arte è la creazione degli individui, mentre il Fascismo è la colpa delle masse». Sgarbi conclude con una sorta di manifesto dal sapore pasoliniano dell’Arte e del Fascismo: «Il nostro dovere è difendere la storia oltre il manicheismo del bene e del male, perché anche nel male c’è spazio per il bene degli artisti che hanno il potere e la violenza con la bellezza. È il mercato, oggi, a decidere, con metodi assolutistici e quindi con modi fascisti, quali artisti si affermano contro altri che rimangono in penombra».

Amedeo Gasparini

In cima