La recente notizia della mancata nomina di Boas Erez a rettore del Collegio Papio di Ascona porta con sé un paio di considerazioni che curiosamente non sono ancora emerse. La prima che salta all’occhio è che l’amministratore apostolico, Alain De Raemy, sta governando la diocesi. Aver deciso di bocciare una candidatura che ormai tutti davano per scontata è stato un responsabile atto di governo episcopale. Si è comportato, cioè, da vescovo di Lugano e non da semplice curatore dell’ordinaria amministrazione.
È una risposta indiretta a chi ancora pensa che la diocesi di Lugano sia vacante, e che per guidarla con pieni poteri occorra un titolo ufficiale, una sorta di imprimatur vaticano con tanto di Bolla papale, senza la quale un amministratore apostolico a Lugano è meno vescovo di un ordinario titolare.
La decisione di non accettare la scelta fatta dal Consiglio di fondazione per la sostituzione di don Patrizio Foletti dimostra esattamente il contrario. Il vescovo De Raemy ha consultato, ascoltato, valutato, deciso. Ha mostrato, cioè, di guidare la Chiesa ticinese assumendosi responsabilità che altri, forse, pensavano non avesse il coraggio (o il potere) di assumersi. Ma ha mostrato soprattutto che un amministratore apostolico non è un “vescovo dimezzato” e la diocesi di Lugano non è orfana, come qualcuno ha incautamente scritto.
D’altra parte, basterebbe ripercorrere la storia di questa giovane diocesi per rendersi conto che altri amministratori apostolici del passato (sarebbe sufficiente citare i vescovi Aurelio Bacciarini o Angelo Jelmini) hanno governato senza limite alcuno.
La seconda considerazione, che ha sorpreso non poco i pochi che l’hanno notata, è sulla modalità di proposta fatta a suo tempo dallo stesso Consiglio di fondazione del Collegio Papio. Nell’ottobre scorso, con tanto di nota ufficiale diffusa ampiamente sui mezzi di comunicazione, era stato reso pubblico il nome di Boas Erez come candidato unico proposto per la carica di rettore.
La nota sottolineava con enfasi gli aspetti positivi: decisione presa “all’unanimità”; “frutto di un lungo lavoro”; finalmente “una guida laica”; “un importante passo storico per il Papio”. In secondo piano, veniva anche indicato che avrebbe “assunto l’incarico a tempo parziale”. Aspetto, quest’ultimo, che si è rivelato invece decisivo per la bocciatura del candidato.
Con quel comunicato, al quale era stato dato ampio risalto mediatico, si chiedeva di fatto all’amministratore apostolico di ratificare una decisione già presa, senza alcuna alternativa. Una procedura singolare, che ad alcuni è apparsa come un tentativo di forzare la mano a mons. De Raemy, convinti della “provvisorietà” della sua carica.
Certamente una modalità curiosa, visto che di solito queste proposte vengono tenute riservate e presentate esclusivamente e discretamente all’unica persona che alla fine deve decidere veramente, cioè il vescovo stesso al quale compete il compito di avallarle.
La procedura più corretta, sottolineata anche dall’emerito vescovo (e già rettore del Papio) Pier Giacomo Grampa, sarebbe stata quella di proporre una terna di nomi tra i quali scegliere, e non un nome secco, sia pure altisonante come quello dell’ex rettore dell’Università della Svizzera italiana.
La questione di affidare a un laico e non a un prete il prestigioso incarico, si è dimostrato poi solo un pretesto. Nessuno metterebbe oggi in discussione una figura del genere (anche il Liceo diocesano è da anni diretto da un laico) così come non sorprenderebbe più di tanto (se non chi è al fuori dalla realtà) la nomina di una donna.
La figura di Boas Erez è certamente, come ha sottolineato lo stesso don Mino, “di grande valore e meritevole di ogni rispetto”. E solo la miopia ideologica potrebbe pensare che sia inadatto o incompatibile con questo incarico. Ma proprio per questo motivo – e a causa del limite di tempo per il quale si è reso disponibile – Erez potrebbe in futuro comunque essere coinvolto come consulente o addirittura come membro del Consiglio di fondazione, così che le idee innovative che aveva già sviluppato in vista delle importanti sfide che attendono il Collegio negli anni a venire, possano essere prese in considerazione anche dal nuovo futuro rettore (o rettrice) del Papio.
Luigi Maffezzoli
La recente notizia della mancata nomina di Boas Erez a rettore del Collegio Papio di Ascona porta con sé un paio di considerazioni che curiosamente non sono ancora emerse. La prima che salta all’occhio è che l’amministratore apostolico, Alain De Raemy, sta governando la diocesi. Aver deciso di bocciare una candidatura che ormai tutti davano per scontata è stato un responsabile atto di governo episcopale. Si è comportato, cioè, da vescovo di Lugano e non da semplice curatore dell’ordinaria amministrazione.
È una risposta indiretta a chi ancora pensa che la diocesi di Lugano sia vacante, e che per guidarla con pieni poteri occorra un titolo ufficiale, una sorta di imprimatur vaticano con tanto di Bolla papale, senza la quale un amministratore apostolico a Lugano è meno vescovo di un ordinario titolare.
La decisione di non accettare la scelta fatta dal Consiglio di fondazione per la sostituzione di don Patrizio Foletti dimostra esattamente il contrario. Il vescovo De Raemy ha consultato, ascoltato, valutato, deciso. Ha mostrato, cioè, di guidare la Chiesa ticinese assumendosi responsabilità che altri, forse, pensavano non avesse il coraggio (o il potere) di assumersi. Ma ha mostrato soprattutto che un amministratore apostolico non è un “vescovo dimezzato” e la diocesi di Lugano non è orfana, come qualcuno ha incautamente scritto.
D’altra parte, basterebbe ripercorrere la storia di questa giovane diocesi per rendersi conto che altri amministratori apostolici del passato (sarebbe sufficiente citare i vescovi Aurelio Bacciarini o Angelo Jelmini) hanno governato senza limite alcuno.
La seconda considerazione, che ha sorpreso non poco i pochi che l’hanno notata, è sulla modalità di proposta fatta a suo tempo dallo stesso Consiglio di fondazione del Collegio Papio. Nell’ottobre scorso, con tanto di nota ufficiale diffusa ampiamente sui mezzi di comunicazione, era stato reso pubblico il nome di Boas Erez come candidato unico proposto per la carica di rettore.
La nota sottolineava con enfasi gli aspetti positivi: decisione presa “all’unanimità”; “frutto di un lungo lavoro”; finalmente “una guida laica”; “un importante passo storico per il Papio”. In secondo piano, veniva anche indicato che avrebbe “assunto l’incarico a tempo parziale”. Aspetto, quest’ultimo, che si è rivelato invece decisivo per la bocciatura del candidato.
Con quel comunicato, al quale era stato dato ampio risalto mediatico, si chiedeva di fatto all’amministratore apostolico di ratificare una decisione già presa, senza alcuna alternativa. Una procedura singolare, che ad alcuni è apparsa come un tentativo di forzare la mano a mons. De Raemy, convinti della “provvisorietà” della sua carica.
Certamente una modalità curiosa, visto che di solito queste proposte vengono tenute riservate e presentate esclusivamente e discretamente all’unica persona che alla fine deve decidere veramente, cioè il vescovo stesso al quale compete il compito di avallarle.
La procedura più corretta, sottolineata anche dall’emerito vescovo (e già rettore del Papio) Pier Giacomo Grampa, sarebbe stata quella di proporre una terna di nomi tra i quali scegliere, e non un nome secco, sia pure altisonante come quello dell’ex rettore dell’Università della Svizzera italiana.
La questione di affidare a un laico e non a un prete il prestigioso incarico, si è dimostrato poi solo un pretesto. Nessuno metterebbe oggi in discussione una figura del genere (anche il Liceo diocesano è da anni diretto da un laico) così come non sorprenderebbe più di tanto (se non chi è al fuori dalla realtà) la nomina di una donna.
La figura di Boas Erez è certamente, come ha sottolineato lo stesso don Mino, “di grande valore e meritevole di ogni rispetto”. E solo la miopia ideologica potrebbe pensare che sia inadatto o incompatibile con questo incarico. Ma proprio per questo motivo – e a causa del limite di tempo per il quale si è reso disponibile – Erez potrebbe in futuro comunque essere coinvolto come consulente o addirittura come membro del Consiglio di fondazione, così che le idee innovative che aveva già sviluppato in vista delle importanti sfide che attendono il Collegio negli anni a venire, possano essere prese in considerazione anche dal nuovo futuro rettore (o rettrice) del Papio.
Luigi Maffezzoli