La città che non si ferma mai. Frank Sinatra diceva The city that never sleeps, ed è davvero così New York: è la città che non dorme mai. Forse è per questo che in ogni film apocalittico o catastrofico è anche il primo luogo che viene colpito, quasi come una dichiarazione: “Se viene colpita New York, allora è davvero qualcosa di cui spaventarsi”. Indipendentemente se sia un’invasione aliena o una catastrofe ambientale. Però questa volta, non c’è uno schermo e non siamo al cinema. 104.256 casi di coronavirus in USA, di cui 46.262 sono a New York: questa è realtà.
Queens (il borgo da cui vengo io) è tra i più colpiti, è zona rossa. Ridgewood, il mio quartiere, è deserto. Sulla Myrtle Avenue, è tutto chiuso. C’è un silenzio assordante che si protrae tra le strade di una città che non sa cosa farne del “non rumore”. Non c’è traffico, mi scappa quasi una risata isterica. New York senza traffico? Impossibile. Inimmaginabile per un/una Newyorker. È tutto vuoto. Tra i grattacieli rimbomba un eco di abbandono e di paura. Tutti a casa, tutti davanti alle televisioni a aspettare l’aggiornamento del numero di contagiati e di vittime. Il virus ha colpito anche te, cara New York. E sì, le vittime saliranno e anche i contagiati. Non è colpa tua, non è colpa di nessuno. O forse sì? Forse il nostro sistema politico doveva essere più pronto, più veloce, doveva sentirsi meno invincibile.
Trump, ma non era solo una semplice influenza?
Ma tu New York, sai cosa vuol dire avere paura, crollare per poi risollevarti, magari diversa, cambiata, ma sicuramente più forte. Lo hai fatto dopo la perdita di due torri, e spero sarai capace di farlo anche dopo questa pandemia. Ma quale sarà il prezzo da pagare? Una sanità che sceglie chi salvare? Chi ha diritto di vivere e chi no? Anche il Paese a stelle e strisce ha le sue crepe. E noi lo sappiamo bene.
Preparati a perdere cittadini.
Preparati a vedere i giovani che hai visto crescere e studiare tra le mura degli ospedali, chiamati in prima linea a salvare vite e a rischiare la loro.
Preparati alle lacrime.
Preparati allo sconforto di sapere che i tuoi abitanti non sono infallibili.
Preparati al tradimento di chi saccheggerà supermercati e negozi.
Preparati a chi lotterà nonostante tutto per sopravvivere.
Preparati a vedere atti di umanità e di disumanità.
New York preparati al silenzio e alla paura.
Preparati, ma non dormire.
New York tornerai a far rumore, non so quando forse in un giorno qualunque, ma tornerai.
New York, per ora ti saluto così, con alcuni versi scritti anni fa dai “tuoi” Beastie Boys:
Dear New York, I hope you’re doing well
I know a lot’s happened and you’ve been through hell
So, we give thanks for providing a home
Through your gates at Ellis Island we passed in droves
Dear New York, this is a love letter
To you and how you brought us together
We can’t say enough about all you do
‘Cause in the city we’re ourselves and electric too
I see you’re still strong after all that’s gone on
Lifelong, we dedicate this song
Just a little something to show some respect
To the city that blends and mends and tests
Since 9-11 we’re still livin’
And lovin’ life we’ve been given
Ain’t nothing gonna take that away from us
We lookin’ pretty and gritty ‘cause in the city we trust
Dear New York I know a lot has changed
Two towers down but you’re still in the game
Brooklyn, Bronx, Queens and Staten
From the Battery to the top of Manhattan
Asian, Middle-Eastern and Latin
Black, White, New York you make it happen
New York, chiudi gli occhi, ma non dormire… non ci vedi, ma noi siamo qui.
Maria Elisa Altese