Viaggiando alla scoperta dei paesi troverai il continente in te stesso. (Proverbio indiano)
Ci sono tanti modi per viaggiare, non solo fisicamente, ma anche con la fantasia, ad esempio. Un libro ti spalanca davanti mondi fantastici, lontani e vicini. E poi il racconto… Ad Arzo si è appena tenuto l’annuale Festival di narrazione, storie “di qui e di altrove”, un tempo campeggiava il sottotitolo. Magari, anche forse per motivi economici, nelle ultime edizioni è stato un po’ meno “internazionale”, o meglio, la maggior parte degli stranieri provengono dall’Italia, paese a noi familiare certamente, visto che è al confine e ad Arzo ancora più al confine…
Però abbiamo assistito ad un Cappuccetto rosso declinato alla senegalese, con un meticciato di interpreti, un bianco e due neri, la vicenda assolutamente occidentale ma con elementi geografici, etnici per noi esotici, la iena al posto del lupo, la savana invece del bosco e danze, musiche, ritmi d’altrove. D’altra parte il Senegal è oggi famoso per la sua politica di accoglienza e ce lo hanno anche detto, puntano sulle tre T: Terra, Teatro, Turismo. E su qualsiasi guida leggerete che questo paese africano è “terra della teranga” e teranga significa ospitalità… Senza spostarci troppo da casa nostra, dunque, possiamo fare incontri che ci mettono in contatto con altre culture.
Come sarà anche il FIT, Festival Internazionale di Teatro che si svolgerà a Lugano, tra il LAC e il Foce, dal 24 settembre al 6 ottobre, con compagnie provenienti da diverse nazioni e soprattutto con argomenti che ci faranno viaggiare nella storia e nella geografia, da Cuba al Congo, dalla Spagna alle Maldive, dalla Palestina all’Ungheria. La narrazione ci fa immaginare attraverso gli occhi della mente (siamo stati in Alaska con Zanna bianca), il teatro con una visualità e fisicità dirette alimenta in altro modo la nostra immaginazione.
Si può visitare il mondo avendo alle spalle altri saperi per confrontarci oppure, al contrario, dopo aver fatto un viaggio possiamo cercare riscontri nei libri. Non nelle guide, ma in qualcosa di più simbolico. È quello che è capitato a me dopo il viaggio in Giappone. Ho ripreso in mano, dopo anni, Il padiglione d’oro di Yukio Mishima e l’effetto è stato davvero straordinario. Rileggere quel romanzo, dopo aver visto dal vero l’oggetto dell’ossessione del protagonista, anche se io sapevo di non essere di fronte all’originale proprio per la storia narrata in quel libro che riprende il fatto di cronaca avvenuto realmente. Non sono un monaco buddhista, ho avuto contatti con lo zen, come molti affascinati dall’esotico, a vent’anni, però la reazione è stata molto simile. Dopo aver immaginato, sognato, idealizzato, desiderato per anni quell’edificio, il primo impatto è stato quello di un ridimensionamento: come, tutto qui? Poi, invece, quell’armonica bellezza entra dentro e, a poco a poco, come una meditazione mistica, invade tutto. Allora ti accorgi che non devi più “cogliere” il senso, come facciamo noi occidentali, ma “accogliere” il senso, facendo il vuoto, lo spazio, abbandonandosi all’incontro. No, nessun incendio all’orizzonte, ma per far capire come il viaggio può essere un’andata e ritorno senza fine. Ho scattato delle foto e allora guardo quelle immagini e leggo le descrizioni così fedeli a quelle immagini, così come il tempio è stato ricostruito, dopo essere bruciato, com’era, magari con ancora più oro, per renderlo più ricco, più splendente, in un paese dove non esiste il concetto di storia dell’arte, come la intendiamo noi, ogni cosa fa parte di un ciclico ed eterno ritorno e rinnovarsi, per questo un edificio distrutto e ricostruito identico ha lo stesso valore, la ricostruzione non lo sminuisce, anzi…
Ecco quello che può donare un viaggio.