Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rialzo a strapiombo sulla scogliera… in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri (Montale)
Claire Peck, managing director di J.P. Morgan AM, con il collega Giovanni Carriere e François Pirrello con Stefano Venzi hanno animato il convegno che si è svolto al Lugano Dante sui mercati azionari dei Paesi emergenti, in particolare quelli dell’Asia Pacifico. La crescita in queste aree nonostante il rallentamento generale, il dollaro forte e il protezionismo americano che genera volatilità sui mercati, rimane sostenuta nel medio termine. Resta ovviamente come principale problema sottostante lo squilibrio dei conti nella bilancia commerciale degli Stati Uniti nei confronti della Cina (sui 400 miliardi di dollari nel 2017 a fronte di quello intorno a 150 dell’UE e 80 col Messico). Ma in pratica sui mercati emergenti i problemi restano concentrati su quei pochi Paesi (Argentina, Turchia, Brasile, Sudafrica), che hanno un indebitamento in valuta forte mentre per gli altri il contagio è del tutto limitato. Come si può vedere il problema è quello della Governance e sostenibilità degli investimenti a lungo termine. Altrimenti, nota Giovanni Carriere, nel medio termine di 4-5 anni, se si ha la pazienza di aspettare i risultati arrivano, mentre invece è molto più semplice dar retta alla volatilità a breve termine. Per questo, spiega, la nostra politica è quella di conoscere personalmente le società all’interno di un universo di oltre un migliaio di gruppi per verificarne a sostenibilità verificando se utilizzi per esempio in modo responsabile anche l’ambiente e se gli interessi dei piccoli azionisti siano allineati a quelli della proprietà . Ci facciamo raccontare dal management quelli che sono i loro problemi prima di decidere di investire e valutando se il loro interesse è quello di far soldi o se hanno invece un approccio socialmente responsabile. Per esempio, per le banche turche, nonostante il rimbalzo degli ultimi tempi, i problemi restano intatti e dunque, entro pochi ann,i vi sarà bisogno di aumentare il capitale. Quanto alla Cina, spiega Claire Peck, le opportunità non mancano. Il mercato è grande, liquido, inefficiente e con bassa correlazione con gli indici europei (0.19 per intendersi). Le A-shares sono infatti 3.467, dunque l’universo è ampissimo e molto liquido dato che nel 2017 la media delle transazioni giornaliere è stata pari a 67 miliardi di dollari. E la quota degli investitori esteri resta limitata solo al 2,1%. E tanto per fare qualche paragone, se la capitalizzazione di Whiripool è di 12 miliardi di dollari, quella di Midea Group è di 60 miliardi. Se Diageo vale 90 miliardi, Kweichou Moutai ne vale 146. E se Danone è valutata 57 miliardi, Inner Mongolia Yili è già salita a 32 miliardi. Molti sono già leader mondiali. Le start up che raggiungono un miliardo di dollari oggi sono per il 41% targate Usa, ma la Cina che qualche anno fa non appariva, la segue oggi a ruota con il 36%. Gli analisti hanno poi illustrato le specificità dei vari fondi dedicati al settore per le opportunità degli Emerging Market di J.P Morgan nelle varie classi.
Corrado Bianchi Porro