È mancata a 93 anni. Per decenni ha fatto parte dell’Opera diocesana pellegrinaggi, con la quale ha vissuto da dinamico braccio operativo più di cinquanta esperienze nella città pirenaica della Madonna.
Era considerata un’istituzione del Ticino a Lourdes. Basterà dire che Franca Moccetti ci era andata per oltre cinquanta volte, la maggior parte delle quali come dinamica organizzatrice con il gruppo operativo dell’Opera Diocesana Pellegrinaggi. Possedeva una capacità rara di cogliere i problemi che si presentavano, prospettandone la via più pratica di soluzione. Proverbiale il suo senso pratico. Le sue stagioni resteranno indimenticabili, anche perché Franca Moccetti era una donna con una comunicativa straordinaria e ricca di un bagaglio di conoscenze che pochi possiedono, sbrigativa e diretta. E su tutto, una memoria eccezionale: fino all’ultimo ha conservato lucidità, vitalità di mente, freschezza di ricordi e di giudizi.
Per lei, su ogni calendario di ogni nuovo anno c’erano alcune date fisse: ad esempio quelle mariane, in particolare Lourdes e Fatima, quindi l’11 febbraio e il 13 maggio. Ma c’era una settimana che era segnata con l’evidenziatore: quella del Pellegrinaggio diocesano nel cuore d’agosto. Quel treno, con a bordo carrozze di malati era il mezzo sovrano per vivere appieno l’esperienza di quei giorni, dalla domenica della partenza fino al sabato successivo del rientro. Parlare di treno da Chiasso a Lourdes, per chi vi è salito ed ha partecipato, significava tutta una notevole mole di lavoro.
Nel firmamento del cielo di Lourdes spiccava la luce di una costellazione di pionieri che hanno scritto e fatto la storia dei pellegrinaggi annuali: da don Alfredo Leber a don Guglielmo Maestri, don Sandro Vitalini (mancato il 5 maggio scorso) e poi Giuseppe L. Beeler, Alberto Bottani, Carlo Isotta e tanti altri pionieri, dei quali resta ora un manipolo sempre più ristretto, che tramandano la memoria di “avventure spirituali” sempre esigenti.
Franca Moccetti rievocava con abbondanza e puntualità di particolari il suo primo pellegrinaggio, nel 1951: non ne mancò più uno, dapprima nella scadenza biennale poi annuale. E ogni volta erano centinaia – in media sugli 800 – i pellegrini che da tutto il Cantone si mettevano in viaggio verso la città pirenaica della Madonna. I nomi che affollavano la sua mente erano un elenco del telefono. Per Lourdes erano ricorrenti quelli del maestro Mombelli, dell’on. Janner, di Andreino Pedrini, Cora Carloni e Laura Marazzi. Confidava: “Io continuo a rimanere emozionatissima ogni volta che vedo le folle nella spianata, il fiume di candele che si muovono nella sera, lo spettacolo di fede, le preghiere, la serenità di cui si fa il pieno alla Grotta”. Occorre aggiungere che Franca non si è limitata a recarsi a Lourdes per lavorare prima, durante e dopo, in vista del nuovo appuntamento: nessuno saprà mai quante persone ha aiutato perché potessero vivere il viaggio a Lourdes perché – spiegava – “ci sono tante famiglie che conosco e che fanno una fatica enorme a tirare la fine del mese, con i figli che studiano, la Cassa Malati da pagare…”. E imprecisabile è anche il numero di sacerdoti in difficoltà che ha aiutato, di seminaristi poi diventati preti. Lei c’era per tutti, con una generosità ammirevole. Che non si limitava però, si badi bene, alla cerchia del religioso: Franca Moccetti ha aiutato moltissime persone in mille modi, in larga misura adoperandosi per trovar loro un posto di lavoro (godeva di una stima e di una fiducia incondizionata presso Piero Benedick, l’uomo che ha fatto la grandezza dell’Innovazione nel Ticino, “una potenza” lo chiamava lei). Franca ha lavorato per decenni negli uffici di comando all’Innovazione di Taverne. Un piccolo tratto della sua finezza d’animo: a tutte le persone alle quali aveva trovato un posto ogni anno rinnovava puntuale i suoi auguri, segno di una presenza e di una vicinanza che non si riducevano ad un atto occasionale ma rivelavano il suo interesse per l’inserimento nell’azienda.
Nella vita pubblica si impegnò per diverse legislature nel Consiglio comunale di Savosa, esercitando anche qui la sua influenza, grazie alla visione intelligente che aveva sulle attese e le priorità del territorio. Se n’è partita carica di anni – 93 – e di meriti, dei quali lei non voleva sentir parlare in alcun modo. Ma sono meriti che hanno fatto la sua grandezza, lasciandoci pagine popolate non di parole ma di fatti concreti verso gli altri.
Giuseppe Zois