Metteteci un testo inedito di Andrea Vitali (a cui ne viene affidata anche la lettura pubblica, assieme a Francesco Pellicini), due musicisti che scandiscono il racconto (Massimiliano Peroni, cantautore e chitarrista, Fazio Armellini alla fisarmonica), e il desiderio di raccontare una favola moderna, che parli agli uomini d’oggi, sempre di fretta, sempre a guardare l’ora sul proprio cellulare, a chiedersi “ma quando passerà?”: gli ingredienti perfetti per un’altra riuscita serata del LongLake, come quella di ieri sera allo Studio Foce. Una serata, però, che non è solo spettacolo, ma è anche intimo invito all’introspezione; sostanzialmente, un viaggio che passa dalla voce e conduce dentro noi stessi.
Il maestro Bomboletti – protagonista del racconto – è un po’ l’orso che c’è in tutti noi: quando qualcosa stravolge le nostre esistenze, la prima reazione è quella di ripiegarci su noi stessi, di non pensare, di andare avanti a testa china e, soprattutto, di sperare che “tutto passi”, nel modo più indolore possibile. Ma il punto è che niente accade per caso e tutto, ma proprio tutto ci pone davanti a questa fatidica domanda: le cose sono andate così; ma tu cosa vuoi? Come ti posizioni rispetto all’accaduto? Cosa pensi di fare, ora, della tua vita? Una domanda esistenziale che tanto più la si ignora, la si scarta, la si dimentica, più si ripresenta incalzante.
Bomboletti, dal canto suo, ha fatto di tutto per dimenticare, arrivando persino a trascorrere il Natale da solo, a letto, dormendo, sperando che la mezzanotte passi indolore. Ma è proprio lì, allo scoccare dell’ora – le lancette riprodotte con un sordo ticchettio dai musicisti sul palco – che l’orologio fa quello che un oggetto simile non dovrebbe mai fare: si blocca. Si blocca e sulla scena compaiono volti, figure ma soprattutto voci del passato. In primis quella della madre di Bomboletti morta un anno prima, ma anche quella della (quasi) fidanzata Irene e dell’amico Angelo annegato da giovane nel lago. Tutti e tre, in una strana e surreale adunanza, si ritrovano nella cucina del povero maestro, per chiedergli una sola cosa: e lei, maestro, cosa vuole fare della sua vita? Sì, perché a volerlo queste anime emerse dall’aldilà potrebbero portarlo con loro. In fondo, chiedono, che senso ha continuare a trascorrere la vita trascinando i propri giorni come se fossero un peso? Che senso ha tutta quella solitudine volontaria in cui si è rinchiuso Bomboletti dopo la morte della mamma? Lui, che ai suoi ragazzi faceva indire il concorso per il presepe più bello e ora il Natale neanche lo festeggia più, perché in fondo, per fortuna, “anche il Natale non dura che 24 ore”, come tutto il resto.
E così, un po’ raccontato, un po’ cantato, anche il rovello del maestro lentamente si dipana, trascinando immancabilmente anche i lettori e il pubblico alla scoperta di se stessi, delle proprie aporie, dei propri rifiuti, delle proprie resistenze. Quanti passi abbiamo compiuto senza sapere esattamente cosa volevamo? Ecco allora il vero regalo di Natale: riscoprire il senso della propria esistenza, riscoprirsi vivi e capaci di vivere la vita in pienezza, anche se essa, a volte, ci pone davanti alla durezza della morte. Ma a decidere chi debba popolare la nostra interiorità – se i nostri mostri interiori o la luce – possiamo essere solo noi. L’alba è dietro l’angolo…
Laura Quadri