«Dov’è il paese perfetto?» – un trafelato Giovannino, accorso tra le fila dei numerosi spettatori del Teatro FOCE pone questa domanda ad una signora fra il pubblico, la quale, stupita e divertita, risponde di non saperlo. Esiste un paese perfetto? È possibile raggiungerlo? Questi gli interrogativi che conducono il protagonista de Le avventure di Giovannino Perdigiorno (1973) di Gianni Rodari ad intraprendere bizzarri viaggi in straordinari paesi.
Ad interpretare Giovannino è Andrea Ruberti, cofondatore – insieme ad Alessandro Larocca – dei Fratelli Caproni, compagnia teatrale milanese che, fondendo l’arte delle clownerie e la pantomima, propone dal 2010 spettacoli per bambini e ragazzi. Ruberti rompe subito il ghiaccio con i giovanissimi spettatori, che appaiono estremamente divertiti sin dalla scena d’apertura: sulle note jazz di Gianluigi Trovesi, l’attore da mostra delle sue capacità mimiche, accentuando con le sue buffe espressioni e i suoi movimenti insoliti l’incalzante ticchettio di un orologio.
«Ogni cosa ha un suo tempo, e c’è un tempo per ogni cosa», così prorompe Giovannino, il quale spiega che vi sono momenti per aspettare, ed altri per agire, alcuni per parlare, ed altri per tacere; tuttavia, il tempo che lui preferisce spendere è quello per viaggiare. Nelle sue avventure Giovannino conosce svariati uomini, dalle fattezze bizzarre: nel paese degli uomini di tabacco gli abitanti hanno per naso una pipa e delle sigarette per capelli; gli uomini di vetro sono invece persone delicate, ma sincere e “trasparenti”; nel paese degli uomini a motore, i frettolosi cittadini hanno delle rotelle per piedi; mentre gli uomini di burro e quelli del ghiaccio hanno per casa dei frigoriferi. È proprio in occasione del racconto del paese del burro e del ghiaccio che il riadattamento dei Fratelli Caproni si è maggiormente soffermato. I due bizzarri mondi sono stati rievocati non dagli elementi scenografici (erano infatti presenti sul palco solo alcune valigie) bensì dal racconto di Ruberti e dalla sua abilità mimica, capace di creare l’illusione della presenza di pesanti frigoriferi sul palco, sui quali, non di rado, si è incautamente scontrato, per la felicità dei piccoli spettatori.
Assieme ai racconti divertenti sono state anche richiamate tematiche più profonde; tra queste, va senz’altro ricordata la riflessione di Giovannino sul paese degli uomini di carta («La carta costa poco… dare una casa a tutti, da queste parti è un gioco»). In questo momento dello spettacolo il pubblico è stato inoltre trasportato in un’atmosfera quasi magica, ricreata da semplici coriandoli di carta, fatti fluttuare nell’aria dall’attore, e sparsi dallo stesso mediante un ventaglio. Con aria sognante Giovannino ci propone poi un’altra interessante tematica; riflette che il cielo è di tutti, senza distinzioni di alcuna sorta: della sua bellezza ne può infatti godere il giovane come l’anziano, il debole come il più forte, e il povero tanto quanto l’uomo più ricco del mondo.
Giovannino, alla fine del suo viaggio, troverà il paese senza errori tanto cercato, se non altro nella sua fantasia, dato che, una volta raggiuntolo, si troverà scagliato ad un tratto nel suo letto. Che sia nei sogni o nella realtà poco importa, l’importante è infatti l’esperienza stessa del viaggio, che gli ha dato modo di conoscere persone straordinarie e di vedere paesaggi fantastici.
Un grande cantautore come Giorgio Gaber ci raccomandava: «non insegnate ai bambini […] ma se proprio volete, insegnate soltanto la magia della vita». Quello che hanno fatto i Fratelli Caproni con il loro adattamento dell’opera di Rodari è stato proprio questo: hanno immerso i bambini (e non) in un mondo fantastico dove è facile sorridere, ma anche riflettere su tematiche più importanti. Durante lo spettacolo di ieri sera (facente parte della rassegna Senza confini) tutti gli spettatori si sono senza dubbio divertiti, e qualcuno di loro può avere anche colto i bei messaggi che ha veicolato Rodari con estrema leggerezza.
Lucrezia Greppi