23 luglio – Mi piace andare all’avventura ma qualche programma bisogna pur farlo. Parto al mattino per visitare il Palazzo imperiale, il percorso nel parco è obbligato, ma non si entra in nessuno degli edifici del complesso e resta un po’ la delusione. Il trono lo si può vedere solo in fotografia. La struttura attuale comunque risale a circa la metà del 1800. E l’imperatore non abita più qui. Macchinosa è l’entrata all’altra proprietà, Sento Gosho, occorre prenotarsi alle 11 (si può entrare solo con visita guidata), presentare il passaporto e compilare un formulario. Riservo per le 15.30, nel frattempo mi sposto più a nord, in un altro complesso di tempietti zen, sono tre quelli che si possono visitare, uno dopo l’altro, pagando per ciascuno l’entrata: il Ryogen-in, con i suoi materiali simbolici sia per la disposizione, sia per la consistenza, pannelli dipinti con spiriti e draghi, i tatami interni, la sabbia, i sassi offrono tranquilli spunti di meditazione; lo Zuiho-in con le sue piante e il sincretismo di riferimento cinese; finisco con il Daisen-in, il principale e anche il più chiassoso, sia per i lavori in corso, sia per i molti turisti che negli altri luoghi sono praticamente assenti. Faccio allora un salto al Koto-in, vicino, e spero di rigenerarmi nel suo famoso boschetto di bambù ma è stato chiuso dopo il terremoto del 2017, mi accontento di spiarlo dal di fuori.
Pausa pranzo e torno per la visita al Sento Gosho, una serie di stupendi edifici, situati in un parco stupendo, in attesa guardo il documentario, tutti pronti, andiamo con la guida (che parla solo giapponese, ma ho una brochure in inglese). Il tempo sta cambiando, la mattinata iniziata con cielo coperto, si era poi aperta al soleggiato, e poi diventa sempre più scuro, non si fa in tempo ad affrontare il primo edificio, la residenza in stile western che accolse il principe di Galles, futuro re, Edoardo VIII, che si scatena il finimondo, un acquazzone tropicale che in poco tempo trasforma il ghiaino in un lago e noi fermi sotto la tettoia. Dopo un po’ l’annuncio: visita annullata. Si dovrà recuperare in un altro giorno, spero almeno. Giovedì ricomincerà la trafila, perché domani ho intenzione di recarmi nell’antica Nara. Ho però risolto il giallo dell’assenza di contenitori pubblici per la spazzatura interrogando un giapponese che sa un poco d’italiano, mi spiega che li hanno tolti per paura di atti terroristici. La gente in effetti torna a casa con quello che deve buttare… Trovo comunque la decisione insensata, come si è visto con l’incendio dei manga, se uno vuol fare del male non lo fermerà certo l’inesistenza di un bidone per i rifiuti.
Stagione delle piogge non finita dunque. Il Giappone è il paese degli ombrelli, leggeri e colorati per ripararsi dal sole, mentre ogni hotel rifornisce i turisti con quelli robusti di plastica bianca. Ci vorrà un’ora perché spiova. Vorrei visitare il Nijo-jo, il castello, ma oggi il palazzo è chiuso, si possono visitare solo i giardini, così rimando anche questo a giovedì. Prendo un bus, mezzi che però non sono degni di una città come Kyoto, piccoli, affollatissimi, piuttosto primitivi, rispetto ai nostri. Si paga alla fine, prima di scendere, mettendo il denaro contante nella macchinetta accanto all’autista, 2.30 yen, pochi dei nostri centesimi, indipendentemente dalla lunghezza del percorso. Anche i taxi non sono particolarmente costosi.
Mi reco in centro per cambiare completamente registro, la città risulta caotica architettonicamente, ma un suo famoso punto di richiamo è costituito dal mercato di Nishiki, una lunga e pittoresca galleria, in stile bazar, con una infinità di negozietti che vendono soprattutto specialità gastronomiche di ogni genere, dagli spiedini di pollo o di pesce, al tè, anche da… mangiare, bibite e dolci, frutta e cioccolata, arrivo poco prima della chiusura e lo trovo affollatissimo. I gamberi sono migliori di quelli del battello. Nei pressi c’è Ponto-cho, un vicolo caratteristico con le case sopravvissute in legno e le lanterne ad illuminare l’atmosfera. Poco più in là c’è il ponte sul fiume Kamo, arrabbiatissimo, il fiume non il ponte, dopo il temporale, quasi da rapida e piccola cascatella, ma l’ambiente, mentre si fa sera, è suggestivo. Se poi incontrate qualche geisha… ma a me vien caldo solo a guardarle, quelle “vere” e le turiste travestite, così bardate (la pioggia scombina i piani, ma non fa diminuire l’afa).
Kyoto è così, un concentrato di contraddizioni. Domani voglio immergermi nell’antico autentico. Spero.
Giappone 4. Continua