La pandemia è stata anche un’occasione per ripensare il turismo? Sembra di no. Appena le persone hanno trovato qualche spiraglio di libera uscita, in astinenza dai viaggi, si sono riversate in massa verso le solite destinazioni, per quanto riguarda la cultura, le città d’arte e soprattutto la martoriata Venezia, tanto che si parla ormai di introdurre il “numero chiuso”, confermandola una sorta di museo a cielo aperto. D’altra parte, da almeno vent’anni, i più sensibili e ostili a queste derive, tra politici e organizzatori, cercano di incentivare un turismo alternativo, lento, più tranquillo e contemplativo. Quelli che si ammassano del resto sono i primi a voler poi godere di un patrimonio artistico o paesaggistico in esclusiva! Ecco dunque la “strategia” dei borghi che, attraverso ogni genere di proposta, cerca di promuovere la rivalorizzazione e la rivitalizzazione del villaggio, del paesino, del trascurato, fuori dalle rotte consumate, un tornare alle origini, nel cuore della piccola ma non meno importante storia. In questo contesto s’inserisce l’associazione dei “borghi più belli” nata e sviluppatasi internazionalmente negli anni 2000.
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