“Centri e periferie: comunicazione, ricerca, traduzione”, è stato questo il tema annuale di ECREA (European Communication Research and Education Association), la più importante associazione europea che riunisce i ricercatori attivi nell’ambito della comunicazione, e che quest’anno – riunitasi a Lugano – ha vantato più di 1300 partecipanti provenienti da 51 Paesi diversi, ed oltre 1000 presentazioni accademiche. Al suo interno, a supporto del comitato organizzatore locale vi era anche Eleonora Benecchi, social media manager di ECREA e docente di culture digitali e social media management all’USI. L’abbiamo sentita per avere un breve resoconto di quella che è stata la sua esperienza presso ECREA, e la sua riflessione sul significato di una comunicazione vincente.
Come è andata ECREA? In che modo iniziative simili contribuiscono al panorama mediatico ticinese? Sono emerse delle novità utili anche alle nostre latitudini?
Possiamo dire che l’Università della Svizzera italiana e la città di Lugano, sotto la guida del comitato locale – formato dai docenti Katharina Lobinger, Gabriele Balbi e Lorenzo Cantoni, dalla coordinatrice Petra Mazzoni e da Luca Grassi e Thea Rossi Colombo di città Lugano – hanno vinto una sfida importante. Anche solo guardando i numeri, la conferenza ECREA organizzata a Lugano è stata la più grande di sempre. In generale, i convegni biennali di ECREA vogliono provare a spiegare la società attraverso la comunicazione. In particolare, l’edizione di Lugano ha voluto proporre una valutazione critica delle complesse relazioni tra centri urbani e periferie, un tema più che attuale nel dibattito politico e culturale odierno. Uno dei risultati, ma se vogliamo anche degli obiettivi del convegno, è stato quello di riconoscere il valore delle periferie, non solo a livello geografico o economico, ma anche a livello sociale e intellettuale. Questo è un tema assolutamente rilevante per la Svizzera: siamo in un territorio che è al centro dell’Europa e al tempo stesso confinante con molte periferie e confini. Come hanno giustamente titolato i giornali, Lugano si è trasformata per una settimana nella capitale europea della cultura rivendicando un ruolo centrale, in Svizzera ma anche in Europa, a livello comunicativo.
Lei durante ECREA è stata alla testa del gruppo che gestiva i Social. Cosa le resta di questa esperienza?
Essere social media manager di ECREA è stata una sfida bella ed importante. Abbiamo cominciato a lavorare alla strategia social della conferenza più di un anno fa, a riprova del fatto che il successo sulle piattaforme di comunicazione online non accade per caso, ma è sempre frutto di una pianificazione attenta e di una conoscenza profonda degli strumenti comunicativi. Questo è un discorso a cui come docente di culture digitali e social media management dell’USI tengo molto, perché la percezione diffusa è che online il successo comunicativo sia estemporaneo, legato a fattori incontrollabili e contingenti. Invece è proprio il contrario: fenomeni apparentemente prosaici e casuali come il video di Psy, GanGnam Style, o l’immagine di Grumpy Cat (ormai onnipresente sulle nostre bacheche social), sono in realtà il risultato di strategie pianificate. Allo stesso modo, il successo social di ECREA è stato frutto di un lavoro strategico che ha coinvolto i nostri studenti master. Abbiamo formato un team competente e flessibile, che ha mostrato una dedizione e una capacità di adattamento invidiabili. Il risultato del lavoro sui social ECREA è più che visibile. Abbiamo prodotto 210 tweet e ottenuto in risposta, durante i quattro giorni della conferenza, 600 tweet al giorno, posizionandoci nei trend Svizzeri al primo e secondo posto con l’hashtag #ECREA2018. Su Facebook, dove abbiamo pubblicato 152 post, tra cui anche video e audio, abbiamo avuto durante la conferenza una copertura organica, ovvero spontanea e non a pagamento, di 5143 persone che hanno prodotto più di 2000 reazioni, tra like, commenti e condivisioni. I partecipanti che hanno seguito il nostro profilo Instagram hanno prodotto centinaia di storie e più di 380 post durante la conferenza. Non do questi numeri solo per sottolineare il nostro sforzo comunicativo “social”, ma anche per evidenziare che non ci stiamo affatto allontanando dalle piattaforme di comunicazione sociale online, ma piuttosto stiamo diventando più attenti a quali scegliamo come nostro “palcoscenico”.
Che ne pensa delle difficoltà che Facebook sta registrando in tutto il mondo? I giovani (ma anche i meno giovani e le star) a poco a poco lo stanno abbandonando in favore di altre piattaforme d’incontro, così dicono le statistiche…
È vero che Facebook sta perdendo terreno, anche a seguito di scandali (come quello di Cambridge Analytica) che hanno portato alla luce l’uso spregiudicato dei dati personali degli utenti. Tuttavia, parliamo sempre di un bacino di più di 2 miliardi di utenti nel mondo e in Svizzera è ancora il social preferito per la popolazione adulta. Se guardiamo invece ai giovani, i dati della ricerca JAMES – che conduciamo con il nostro istituto di Media e Giornalismo insieme allo ZHAW (Istituto di psicologia applicata di Zurigo) – ci dice che tra i ragazzi tra i 12 e i 19 anni è diminuito significativamente l’utilizzo di Facebook. Se nel 2014 quasi quattro quinti dei giovani lo utilizzavano almeno più volte alla settimana, ora lo fa solo circa un quinto. Questo però non vuol dire che i giovani si sono allontanati dai social. Per questi stessi ragazzi Instagram, Snapchat e WhatsApp sono un must: praticamente tutto il campione intervistato possiede un account su queste piattaforme, in più la maggior parte usa questi tre servizi più volte al giorno. Quello che sta succedendo è che le persone, anche i giovanissimi, tendono a preferire la pubblicazione di post limitati nel tempo (per esempio snap e storie) e di contributi per un pubblico esplicitamente selezionato. La ricerca ci racconta di un parziale ritiro delle persone in ambienti digitali semi-pubblici. Anche se guardiamo alla fruizione di notizie online i dati ci confermano questa tendenza. L’ultimo Digital News Report della Reuters ha rilevato che l’utilizzo di Facebook per fruire di notizie sta calando a favore di WhatsApp. Quindi siamo più selettivi con i social, ma di certo questi strumenti fanno ancora parte della nostra vita quotidiana. In Svizzera, in particolare, la maggioranza dei giovani utilizza più volte alla settimana i social media, sia a fini di svago che per mantenere i contatti con i propri amici e parenti. Molto meno li usano per consumare notizie, si parla infatti di una generazione “news deprived” ovvero “povera” in termini di consumo delle notizie.
Laura Quadri