Commento

Identità ucraina, una storia complessa dall’Ottocento ad oggi

Identità ucraina (Laterza 2024) di Simone Attilio Bellezza è ben documentato, non di parte, attento alle sfumature politiche, economiche, culturali e sociali di un movimento – quello nazionale ucraino – che dall’Ottocento ha scandito gli sviluppi politici in Europa orientale. Il volume procede in otto capitoli logicamente articolati. L’argomento che una nazione ucraina non esisteva è comune ed è stato rispolverato da Vladimir Putin di recente. Ma l’esercito russo, scrive Bellezza, ha dovuto fare i conti con il fatto che la nazione ucraina e l’identità ucraina esistevano eccome. Oggi, negare che la nazione ucraina esista è impossibile. Ma non è sempre stato così. Il libro ne ripercorre le origini nel primo capitolo (1800-1914). Nonostante le speranze francesi, durante l’invasione napoleonica la popolazione ucraina del tempo si dimostrò leale allo zar. Via via i principi di democrazia e liberazione nazionale dei popoli oppressi cominciarono a diffondersi nei circoli intellettuali.

Kyiv fu al centro di un vasto processo di rinnovamento urbanistico che la trasformò da una città ebrea e polacca, ucraina e russa. Si aprì l’Università di San Vladimiro a Charkiv. La nascente classe intellettuale ucraina iniziò a pubblicare saggi, raccolte, riviste. L’antisemitismo, d’altro canto, fu sfruttato dai sostenitori del nazionalismo russo in Ucraina. Il secondo capitolo affronta il tema della mancata indipendenza nazionale (1914-1921), partendo dalla Grande Guerra come fattore di nazionalizzazione. I movimenti nazionali divennero un’arma a doppio taglio per gli imperi multinazionali che attuavano politiche discriminatorie. Politiche che ebbero l’effetto di rafforzare i movimenti nazionali. La Russia aveva annesso le province asburgiche di Galizia e Bucovina tra settembre 1914 e giugno 1915. La natura violenta dell’occupazione provocò l’ostilità delle popolazioni in Galizia. Fu creato il Consiglio Supremo Ucraino e l’Unione per la Liberazione dell’Ucraina per la liberazione del paese.

Nel dibattito ucraino, emersero posizioni federaliste, sostenendo che l’Ucraina doveva diventare uno stato nazionale autonomo in una cornice federale che comprendesse la Russia. Nel 1917 si assistette alla formazione della Repubblica Popolare Ucraina, comunemente definita il “piccolo regno russo”, ma c’erano dubbi sulla presunta democrazia della società cosacca. Durante la guerra civile in Ucraina, gli ebrei vedevano nei bolscevichi l’unica forza politica che promuoveva l’indifferenza verso la loro origine etnica. Tuttavia, si ebbe una recrudescenza dell’antisemitismo in Ucraina. Józef Piłsudski avviò una guerra contro le forze della Repubblica Popolare. Nel gennaio 1919 fu fondata la Repubblica Sovietica Socialista Ucraina. Nel terzo capitolo si affronta il tema dell’Annessione da Lenin a Stalin (1922-1939). Durante il primo decennio del dominio sovietico, si assistette a una rinascita della cultura nazionale. Naturalmente, Stalin resistette ai tentativi di ucrainizzazione, ma denunciò costantemente il pericolo del nazionalismo borghese in Ucraina.

Gli organi repressivi sovietici avevano precedentemente lanciato alcune ondate di processi politici per limitare l’ucrainizzazione. L’industrializzazione, collettivizzazione forzata e la de-kulakizzazione, come illustrato da Bellezza, colpirono principalmente i contadini abbienti (i kulaki). In Ucraina, il conflitto nelle campagne assunse proporzioni tragiche. Attraverso requisizioni forzate dei raccolti, la popolazione rurale fu spinta alla ribellione e alla carestia. Una carestia orchestrata dal potere sovietico che raggiunse il suo apice tra il 1932 e il 1933. Stalin avviò la liquidazione della classe dirigente politica e culturale ucraina, imponendo una russificazione. La memoria della carestia, successivamente chiamata Holodomor (dall’ucraino “holod”, “carestia” e “moryty”, “sterminare”) già negli anni Trenta, fu ricordata da coloro che riuscirono a fuggire e trovarono rifugio nella diaspora occidentale. Nell’Ucraina sovietica, l’argomento rimase a lungo un tabù, fino a quando negli anni Ottanta furono rivelati al mondo documenti che dimostravano la morte di milioni di ucraini.

Durante il Grande Terrore (1937-1938) la repressione colpì anche forme tipiche della cultura popolare ucraina. Le politiche di ucrainizzazione, promosse da forze politiche e intellettuali che cercavano di creare un’élite nazionale convinta della necessità di ottenere l’autonomia rispetto al centro politico di Mosca, furono stroncate. Il quarto capitolo esplora l’esilio politico degli ucraini in Europa centro-orientale. Bellezza sottolinea che la progressiva repressione della vita culturale e politica degli ucraini ha contribuito alla radicalizzazione del movimento nazionale e dell’identità ucraina. La politica polacca nei confronti della minoranza ucraina seguiva il principio del divide et impera. Già nel 1938, in seguito alla spartizione della Cecoslovacchia, gli ucraini avevano sperato di poter costituire uno stato indipendente – l’Ucraina transcarpatica. Aspirazioni stroncate da un intervento militare dell’Ungheria. Anni dopo, Stepan Bandera divenne il portavoce dell’insoddisfazione che si era venuta a creare.

La risposta nazista fu immediata e Bandera fu internato a Sachsenhausen. Bellezza evidenzia che, sebbene la collaborazione tra nazisti e nazionalisti ucraini si interruppe bruscamente, i banderisti continuarono a collaborare con i nazisti. Questo atteggiamento ambiguo permise ai nazionalisti ucraini di contribuire alla lotta per l’indipendenza, mentre i nazisti li utilizzarono per perseguire gli ebrei. La Galizia fu assegnata dai nazisti al Governatorato Generale, mentre nel resto dell’Ucraina fu istituito un Reichskommissariat Ukraine, affidato a Erich Koch. Alcuni nazionalisti ucraini collaborarono con i nazisti nella Shoah, che in Ucraina si realizzò attraverso fucilazioni. I tedeschi, agli occhi di molti, si rivelarono occupanti non migliori dei sovietici. Il quinto capitolo affronta la diaspora in Occidente (1945-1986). La Seconda Guerra Mondiale provocò un’importante trasformazione nel movimento nazionale ucraino, spostando il centro delle comunità dell’emigrazione dall’Europa all’America.

Negli anni, diverse organizzazioni ucraine si unirono a New York per creare il World Congress of Free Ukrainians. Le comunità ucraine all’estero si impegnarono nella costruzione di monumenti e nell’istituzionalizzazione di giornate commemorative per le vittime dell’Holodomor. Nel sesto capitolo, Bellezza esamina la rinascita nazionale e diritti umani nell’URSS (1945-1985). La propaganda sovietica spesso utilizzava toni antisemiti e talvolta attaccava contemporaneamente il nazionalismo ucraino e il sionismo, visti come movimenti alleati. Le conseguenze negative della collettivizzazione forzata si manifestarono con una nuova carestia in Ucraina tra il 1946 e il 1947. La penisola di Crimea, in seguito ripopolata da russi, sarebbe stata ceduta dall’URSS all’Ucraina nel 1954. Bellezza sottolinea che, poiché il regime di Varsavia era più aperto nei rapporti con l’Occidente, attraverso la Polonia e Leopoli arrivavano in URSS libri, idee, musica, oggetti e mode dai paesi capitalisti.

Durante l’era in cui Nikita Krusciov dominava l’Ucraina era in corso un processo di russificazione forzata. Le pubblicazioni in lingua ucraina erano ostacolate e stampate in tirature limitate. Il predominio del russo nel sistema faceva sì che persino i genitori che parlavano ucraino scegliessero di iscrivere i loro figli a scuole dove si usava il russo. Gli effetti negativi di questo processo erano evidenti anche nel russo, che stava diventando una lingua parlata da milioni di non madrelingua, trasformandosi in un burocratese che impoveriva anche la cultura russa. Dopo la Primavera di Praga nel 1968, il KGB orchestrò una campagna diffamatoria, accusando i nazionalisti ucraini di essere borghesi, seguaci di Bandera e alleati del capitalismo. Nel settimo capitolo, si esplora il tema della sovranità o indipendenza, analizzando il periodo dell’Ucraina dal crollo sovietico al trionfo degli oligarchi.

Il crollo del potere sovietico, sottolinea Bellezza, è comprensibile solo se si considera il calo dei prezzi degli idrocarburi sul mercato internazionale. Questo ha portato all’incapacità dell’URSS di coprire le spese necessarie per acquistare all’estero i prodotti alimentari per la popolazione. Quando i cittadini sovietici si sono trovati a fare code davanti ai negozi nella speranza di poter acquistare cibo, il patto sociale brežneviano era sciolto. La crisi di legittimità dello stato sovietico e del PCUS si acuì con l’introduzione di una crescente libertà di espressione. Tra il 25 e il 26 aprile 1986, si verificò l’incidente di Chernobyl, in cui il reattore numero 4 della centrale nucleare esplose, rappresentando il più grave disastro nella storia dell’industria nucleare mondiale. Le autorità sovietiche cercarono di mantenere segreto l’incidente, esponendo migliaia di persone alle radiazioni durante le celebrazioni del Primo Maggio a Kyiv.

Le riforme di Mikhail Gorbaciov permisero alla società civile ucraina di formare nuovi movimenti, associazioni e pubblicazioni. Il 28 ottobre 1989, il Soviet supremo dell’Ucraina votò una legge che conferiva all’ucraino lo status di lingua ufficiale della Repubblica. Nel settembre 1990, furono ripresi gli sforzi per la firma di un nuovo patto federale fra le repubbliche sovietiche. Nel dicembre 1991, l’Ucraina divenne indipendente e garantì la cittadinanza a tutti i residenti, senza discriminazioni di appartenenza etnica. Leonid Kravčuk, primo presidente, riconobbe l’entità del Holodomor nel 1993, introducendo le celebrazioni richieste dalla diaspora. Nel 1994, Leonid Kučma, vincendo a sorpresa, affrontò le necessarie riforme e portò a termine i negoziati sulla questione nucleare. Il Memorandum di Budapest impegnò l’Ucraina a rinunciare alle armi nucleari in cambio del riconoscimento dei confini del 1991. La costituzione del 1996 portò con sé la stabilizzazione dell’economia ucraina, l’introduzione di una valuta nazionale e riforme fiscali.

Nel corso degli anni, si osservò una graduale nazionalizzazione delle posizioni politiche. Kučma, presidente dell’Ucraina fino al 2003, manifestò la differenza tra Ucraina e Russia. Sottolineò la distinzione tra le due nazioni, evidenziando la maggior affinità dell’Ucraina, soprattutto quella occidentale, con l’Europa. Nel 1999, nominò come primo ministro Viktor Juščenko, impegnato in riforme sociali ed economiche orientate verso il liberalismo occidentale e maggiore cooperazione con l’UE. L’ultimo capitolo delinea il periodo dal 1999 al 2022. L’irrigidimento dei rapporti con la Russia dopo la Rivoluzione Arancione, le fratture storiche e linguistiche sono emerse nelle relazioni tra Kyiv e Mosca. Sotto Viktor Janukovyč, nel 2013, l’Ucraina abbandonò le trattative per un accordo con l’UE. In risposta, centinaia di migliaia di persone marciarono in una manifestazione che prese il nome di Euromajdan. Bellezza sottolinea che nel contesto dell’Euromajdan, Bandera divenne un simbolo della lotta per la libertà, la democrazia e l’europeizzazione dell’Ucraina.

La lingua russa iniziò a essere connotata in modo negativo. A differenza della Rivoluzione Arancione, le proteste di Euromajdan non furono pacifiche, ma degenerarono in scontri con la polizia. Nel 2014, le elezioni presidenziali videro la vittoria di Petro Porošenko. Durante il suo mandato, l’annessione della Crimea con un contestato referendum da parte della Russia mise in luce l’Ucraina come vittima di un’invasione russa. Gli anni di Porošenko furono caratterizzati dalla minaccia di una guerra costante, ma il presidente è stato criticato per alcuni aspetti discriminatori del suo governo. Volodymyr Zelenskyj, di origine ebraica e russofono, aveva studiato l’ucraino per intraprendere la carriera politica. Vinse le elezioni con il 73,22 per cento dei voti nel 2019. Nel febbraio 2022, l’Ucraina tutta si è unita per scacciare l’invasore. Zelenskyj ha risposto articolando l’immagine di un’Ucraina libera, democratica ed europea che combatteva, ancora una volta, contro l’autoritarismo russo.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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