L’ultimo inedito di Roberto Calasso, Opera senza nome (Adelphi 2024), è una sorta di catalogo che l’autore fa delle sue opere, affinché appassionati e lettori possano complementare i libri dello scrittore – scomparso nel 2021 – con una serie di note ragionate che Calasso stesso ha stilato ad anni di distanza dalla pubblicazione. Dapprincipio, l’autore compie delle considerazioni di carattere generale sul processo di scrittura. «Non sapevo mai quale sarebbe stato il prossimo passo. E ogni volta proprio quel passo avrebbe finito per apparirmi inevitabile». Segue qualche riflessione sul volume e la propria opera dopo la morte. «Si può tentare di proteggere la propria vita da intrusioni moleste distruggendo carte, lettere, manoscritti, fotografi – e non sarà mai sufficiente. Ma i libri? Una volta pubblicati, i libri sono manufatti come tanti altri, indifesi e disponibile». Come a dire: dai propri libri non si scappa mai!
Capitolo per capitolo, Calasso riflette sulle sue opere tra immagini e capitoli, progetto e metodo. Si – e ci – convince che è giusto fare un catalogo sulle sue opere. Lo avverte come una necessità letteraria. «Ci sono mille buone ragioni per non fare quello che sto facendo», afferma. Calasso è stato uno scrittore poliedrico, che si è cimentato su questioni diverse, tra mitologia, letteratura, arte, filosofia, antropologia e religione. Si parte dunque da La rovina di Kasch (1983), che ha come perno la figura di Talleyrand. Poi Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), che offre una visione della Grecia antica attraverso la narrazione dei suoi miti. Ka (1996) dà una visione sulla cultura indiana, mentre K. (2002) analizza l’opera di Franz Kafka. Il rosa Tiepolo (2006) si focalizza su Giambattista Tiepolo e La Folie Baudelaire (2008) è un intreccio di storie che partono da Charles Baudelaire.
Poi L’ardore (2010), Il Cacciatore Celeste (2016), L’innominabile attuale (2017), Il libro di tutti i libri (2019), La Tavoletta dei Destini (2020). Ripassando la sua opera, è come se Calasso mettesse alla prova la sua scrittura. Si auto osserva, proprio come faceva Kafka. Che scrisse: «Se vengo osservato da qualcun altro, è naturale che mi debba osservare anch’io, se non vengo osservato da nessuno, allora debbo osservarmi con tanto maggiore precisione». Calasso non entra nel merito stilistico della sua opera. Piuttosto, è interessato ad aggiungere elementi di comprensione ai volumi per il lettore attendo ed esigente. Ne consegue che se non si conosce l’opera dello scrittore, sarà difficile poterne comprenderne il catalogo. L’intento dell’autore è chiaro. Ammette Calasso: «In fondo non facevo altro che tentare quello che ogni scrittore, più o meno palesemente, vorrebbe: inventare qualcosa che prima non esisteva».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com
L’ultimo inedito di Roberto Calasso, Opera senza nome (Adelphi 2024), è una sorta di catalogo che l’autore fa delle sue opere, affinché appassionati e lettori possano complementare i libri dello scrittore – scomparso nel 2021 – con una serie di note ragionate che Calasso stesso ha stilato ad anni di distanza dalla pubblicazione. Dapprincipio, l’autore compie delle considerazioni di carattere generale sul processo di scrittura. «Non sapevo mai quale sarebbe stato il prossimo passo. E ogni volta proprio quel passo avrebbe finito per apparirmi inevitabile». Segue qualche riflessione sul volume e la propria opera dopo la morte. «Si può tentare di proteggere la propria vita da intrusioni moleste distruggendo carte, lettere, manoscritti, fotografi – e non sarà mai sufficiente. Ma i libri? Una volta pubblicati, i libri sono manufatti come tanti altri, indifesi e disponibile». Come a dire: dai propri libri non si scappa mai!
Capitolo per capitolo, Calasso riflette sulle sue opere tra immagini e capitoli, progetto e metodo. Si – e ci – convince che è giusto fare un catalogo sulle sue opere. Lo avverte come una necessità letteraria. «Ci sono mille buone ragioni per non fare quello che sto facendo», afferma. Calasso è stato uno scrittore poliedrico, che si è cimentato su questioni diverse, tra mitologia, letteratura, arte, filosofia, antropologia e religione. Si parte dunque da La rovina di Kasch (1983), che ha come perno la figura di Talleyrand. Poi Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), che offre una visione della Grecia antica attraverso la narrazione dei suoi miti. Ka (1996) dà una visione sulla cultura indiana, mentre K. (2002) analizza l’opera di Franz Kafka. Il rosa Tiepolo (2006) si focalizza su Giambattista Tiepolo e La Folie Baudelaire (2008) è un intreccio di storie che partono da Charles Baudelaire.
Poi L’ardore (2010), Il Cacciatore Celeste (2016), L’innominabile attuale (2017), Il libro di tutti i libri (2019), La Tavoletta dei Destini (2020). Ripassando la sua opera, è come se Calasso mettesse alla prova la sua scrittura. Si auto osserva, proprio come faceva Kafka. Che scrisse: «Se vengo osservato da qualcun altro, è naturale che mi debba osservare anch’io, se non vengo osservato da nessuno, allora debbo osservarmi con tanto maggiore precisione». Calasso non entra nel merito stilistico della sua opera. Piuttosto, è interessato ad aggiungere elementi di comprensione ai volumi per il lettore attendo ed esigente. Ne consegue che se non si conosce l’opera dello scrittore, sarà difficile poterne comprenderne il catalogo. L’intento dell’autore è chiaro. Ammette Calasso: «In fondo non facevo altro che tentare quello che ogni scrittore, più o meno palesemente, vorrebbe: inventare qualcosa che prima non esisteva».
Amedeo Gasparini
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