Si è svolta nella serata di ieri, presso l’Università della Svizzera Italiana, la prima delle tante iniziative promosse dall’Associazione Carlo Cattaneo per quest’anno, intese a commemorare il poliedrico intellettuale milanese a 150 anni dalla sua morte (1869-2019).
Ad accogliere il numeroso pubblico accorso per la conferenza dedicata a Carlo Cattaneo è il presidente dell’omonima associazione, Giancarlo Dillena, il quale cede subito la parola ad Adriano Cavadini. Questi, dopo aver tracciato un sintetico ma illuminante profilo biografico di Cattaneo, presenta i due relatori: Carlo Lacaita, professore di Storia Contemporanea all’Università di Milano, nonché presidente della Commissione scientifica per la pubblicazione delle opere di Carlo Cattaneo, e lo storico Carlo Agliati, direttore della rivista culturale Il Cantonetto, fondata dal padre Mario.
Lacaita, che si è occupato del periodo milanese di Carlo Cattaneo (1801-1848), presenta sin da subito la sua figura come quella di un erudito, affamato di libri e di sapere, in ogni sua forma. Nato da una famiglia della piccola borghesia cittadina, e attorniato da un ambiente stimolante che agevola i suoi studi, Cattaneo si appassiona sin dai primi anni giovanili alle diverse espressioni della creatività umana. In lui c’è la curiosità dello storico che si interessa dei vari popoli, di tutte le latitudini, e giunti a vari gradi di sviluppo sociale, così come quella del linguista, che intende lo studio delle lingue come espressione della cultura dei popoli.
Ventenne, stringe amicizia Stefano Franscini, con il quale farà un viaggio in Svizzera, dove inizia ad elaborare il suo pensiero politico; sarà infatti la Confederazione Elvetica il modello della sua prospettiva federalista. Ulteriore incontro che influenza significativamente la formazione di Cattaneo è quello con Gian Domenico Romagnosi, professore della scuola privata di diritto che frequenta. Centrale nel pensiero del maestro era il processo di incivilimento dell’umanità, che non consiste solo nell’oggetto da conoscere ma anche nel fine da perseguire; l’intellettuale, secondo Romagnosi, deve impegnarsi affinché la società si elevi ad un grado più alto di civiltà, e questo è possibile solo se si offre a tutti la stessa la possibilità di partecipare al benessere economico e collettivo.
Nel 1822 Cattaneo pubblica il suo primo scritto sulla famosa rivista fiorentina l’Antologia e pochi anni dopo collabora con l’amico Franscini per la traduzione della Storia della Svizzera pel popolo svizzero di Heinrich Zschokke, che verrà pubblicata solo nel 1829. In questo periodo Cattaneo sente infatti la necessità di accrescere il proprio sapere, sino a che, agli inizi degli anni ’30 diventa molto prolifico: collabora con gli Annali universali di statistica, importante periodico milanese, e con L’Eco della borsa. Diventa poi il redattore di riviste italiane e straniere, lavoro che contribuisce a renderlo informato su quello che stava avvenendo in quegli anni. Nel 1839 fonda la sua rivista, Il Politecnico, che lo vede protagonista assoluto perché è editore, redattore, nonché estensore della maggior parte degli articoli pubblicati. Mette così a frutto tutto ciò che aveva appreso negli intensi anni di studio, cercando di far convergere le varie discipline sul fuoco dei problemi contemporanei. La politica, l’economia e la società, in quegli anni stava cambiando, tanto che nel 1848 avviene una rivoluzione europea, guidata dal pensiero liberale, che coinvolge Parigi, Vienna, Francoforte, la Sicilia e soprattutto Milano. Ed è così che Cattaneo da uomo di studi diviene uomo d’azione, partecipando e contribuendo alle cinque giornate di Milano. A seguito dell’insuccesso di tali moti, all’indomani della repressione austriaca, decide di esiliarsi a Lugano.
A questo punto interviene Carlo Agliati, che tratta del periodo svizzero di Cattaneo (1848-1869). Giunto nel Canton Ticino, definito dall’intellettuale come «la piccola patria», continua la sua attività editoriale, pubblicando svariati articoli su stampa ticinese e italiana, intrattenendo contatti con la tipografia elvetica (sita a Capolago), con gli esuli italiani e con gli intellettuali svizzeri. Stabilitosi a Castagnola, a Lugano si impegnò in ogni settore, dall’educazione (insegna filosofia al Liceo di Lugano ed è incaricato da Filippo Ciani della riforma della scuola ticinese) alla bonifica (specie del Piano di Magadino), dalle ferrovie (favorevole alla linea del Gottardo) alle miniere. Il Caffè Terreni (sito nell’attuale Palazzo Civico, in Piazza della Riforma) diviene ben presto un punto di riferimento della sua attività: qui gli vengono recapitato i libri, riceve la posta e, soprattutto, è in questo luogo che incontra i suoi amici e si intrattiene con gli esuli italiani lombardi che affollavano la città, specie dopo il 1848. Nella sala da biliardo del locale firma il contratto editoriale della seconda serie de Il Politecnico, e sempre qui, nel 1865, ha una clamorosa lite con il responsabile dell’istruzione, a seguito della quale decide di dare le sue dimissioni dal Liceo luganese.
Divenuto un personaggio di larga fama, sia in Italia che in Ticino, di lui non abbiamo che un ritratto, eseguito da Ernesta Bisi Legnani negli anni giovanili dell’intellettuale. Cattaneo, che si definiva un «iconoclasta fanatico», non acconsentì mai a farsi immortalare. Il ritratto di lui, presente in un libro edito a Milano nel 1867 (dedicato alla storia delle cinque giornate di Milano), come fa notare Agliati, non presenta infatti le caratteristiche di Cattaneo, sembra dunque trattarsi di una svista da parte dell’editore. Il primo documento iconografico è realizzato il giorno dopo la morte di Cattaneo, a Castagnola, il 6 febbraio 1869. È la fotografia del polacco Saski, eseguita quando l’intellettuale era ormai passato a miglior vita, che ha consentito ai posteri di conoscere le precise sembianze di Cattaneo.
Come si è preannunciato, questa interessante conferenza è solo la prima di una lunga serie organizzata dall’Associazione Carlo Cattaneo. La prossima, che si terrà all’USI il 25 marzo (aula A 11, ore 18:00) verterà più specificatamente sulla presenza dell’intellettuale a Lugano, e sarà tenuta da Pietro Montorfani, Franco Masoni, Franco Zambelloni e Giovanni Ventimiglia.
Lucrezia Greppi