Lo scrittore ticinese Giovanni Soldati ha appena pubblicato un nuovo romanzo giallo, Il freddo respiro del lago, edito da FontanaEdizioni. Lo abbiamo incontrato a Novazzano.
La passione per la scrittura, racconta, «c’è da sempre ed è, naturalmente, stata preceduta da quella per la lettura che mi ha accompagnato fin dall’infanzia. Allora si fantasticava con Giulio Verne…». Giovanni Soldati, nato a Mendrisio nel 1953, quarto figlio di Pierina e dell’artista pittore Rodolfo Soldati, ha vissuto l’infanzia nel piccolo comune di Pedrinate, frequentando poi le scuole magistrali a Locarno e in seguito si è trasferito a Novazzano, dove vive tutt’oggi con la famiglia e dove ha insegnato come docente di scuola elementare per oltre quarant’anni. Attualmente è membro di comitato dell’Associazione Svizzera degli Scrittori di lingua italiana (ASSI).
Diversi sono stati i riconoscimenti attribuiti a Soldati, fra i quali citiamo il Premio Internazionale Andrea Testore – Plinio Martini, il Premio Città di Como e il Premio Fogazzaro. La sua prima pubblicazione, Muro di Vetro, risale al 2009 ed è una raccolta di 13 racconti che narrano la storia di 13 personaggi «con tanti sogni rannicchiati appena oltre il muro di vetro della mente e in attesa di un riscatto forse possibile fra le pagine calde dell’anima».
Nel 2011 pubblica il racconto breve, tradotto direttamente in sei lingue, Bellissima come una perla, contro la violenza sulle donne, a cui segue, nel 2012, Una linea sottile: omicidi quasi perfetti, in realtà due romanzi brevi. Nel 2013 appare la raccolta di poesie Rotte volutamente perdute, mentre sono del 2014 i venti racconti de L’ultima lettera e dell’anno successivo Senza voce.
Nel 2016 esce il suo primo romanzo giallo, Il salto della lepre, edito da Alessandro Dominioni Editore, in cui debutta l’affascinante commissaria di polizia Adriana Veri, che sarà poi anche la protagonista di Qualcuno sa perché del 2018 e del nuovo Il freddo respiro del lago, entrambi editi da FontanaEdizioni. La trama di questo terzo giallo della serie è coinvolgente: Adriana Veri si trova confrontata con un controverso caso di suicidio. Tramite la soffiata di un personaggio, che resterà a lungo misterioso, la vicenda diviene vieppiù complessa e coinvolgente. Davvero si tratta di suicidio? Il freddo respiro del lago è un romanzo nel quale emozioni e sentimenti forti, ormai da considerarsi cifra stilistica dell’autore, giocano un ruolo fondamentale. Un giallo psicologico con immancabile finale a sorpresa.
Come mai Lei, al contrario del papà, ai pennelli abbia preferito la penna e, visti gli anni dedicati all’insegnamento, non abbia preferito scrivere racconti per ragazzi?
«Non credo che ci siano molte differenze fra pittura e scrittura. In realtà in entrambi i casi si cerca di comunicare qualcosa. Da bambino seguivo mio padre, quando andava con Boldini o altri pittori, con pennelli e cartoni al seguito ma, evidentemente, era un tentativo di emulazione che non mi apparteneva. Più in là, perciò, la mia preferenza è andata alla scrittura. Con essa si riesce a realizzare quadri di parole. Forse è anche per questo che trovo importanti le descrizioni dettagliate non solo di luoghi ma anche di sentimenti… Il lavoro a contatto con i bambini mi è piaciuto moltissimo, ma lo scrivere è sempre stato un modo per staccarmi dal mio lavoro, una specie di evasione… quindi la mente mi portava altrove. Ho comunque scritto alcuni racconti per bambini e ragazzi, tra cui una fiaba che è stata premiata ma che, finora, non ho avuto modo di pubblicare.»
Il salto dal racconto al romanzo è stato breve, quasi obbligato, o fa parte di un processo di crescita naturale?
«No. Non la vedo in questi termini. Sono due misure completamente diverse. Secondo me per un autore è più complicato ‒ e più stimolante ‒ un racconto breve che non un romanzo. Il racconto ha un inizio e poco dopo una fine. In quel breve spazio ci deve stare tutto: emozioni, immagini, batticuore. Col racconto non si bara. La sintesi è la sua forza e deve colpire subito… magari anche con un colpo basso.»
In conclusione, una provocazione: la Veri diventerà un nuovo Montalbano?
«Per il momento vorrei tornare a concentrarmi sui racconti. Ne ho diversi che ho già portato in lettura durante serate pubbliche e anche qualche inedito che presenterò presto. Il giallo non lo considero una scelta definitiva. Mi considero più uno scrittore di racconti: fulminanti, taglienti, emozionanti. In effetti i miei gialli sono forse un po’ atipici. Ciò che mi piace in questo genere è l’effetto sorpresa. Adriana Veri mi sa che dovrà attendere un po’! Mi ritengo intellettualmente piuttosto libero di fare ciò che mi sento, senza forzature. È comunque un bel personaggio al quale devo molto, perciò non escludo niente.»
Corinne Bianchi