Gioie e dolori del traffico ferroviario italiano. Sabato, dopo una notte di pioggia, l’annuncio di linea perturbata tra Chiasso e Como, ma il mio treno parte con soli cinque minuti di ritardo per poi fermarsi in Brianza e lì stare fermo per tre quarti d’ora almeno, un temporale ed ecco il guasto elettrico mentre le ferrovie italiane festeggiano i dieci anni dell’alta velocità… Paradossale, come l’annuncio che il treno sarebbe partito fra venti minuti proprio nel momento in cui si era rimesso finalmente in moto. La tempistica non è decisamente il loro forte.
La grandine di Fidenza
Ho poi preso un treno per Fidenza e proprio al mio arrivo sono stata salutata dal finimondo, pochi minuti di secchiate di pioggia e vento e persino la grandine. Scoprirò poi una generale serie di problematiche viarie e guasti anche molto seri causati da questa “ondata” (da considerare alla lettera) di maltempo un po’ ovunque in Europa. Comunque sia, anche un breve weekend domestico riserva le sue avventure.
L’Abbazia di Chiaravalle della Colomba
La meteo si è poi calmata e nel pomeriggio, pur sotto un cielo imbronciato e alternativamente lacrimoso, dopo la sistemazione in albergo, sono riuscita a raggiungere l’Abbazia cistercense di Chiaravalle della Colomba, un pregiato complesso architettonico che risale a poco dopo il 1145 (inizio dei lavori) e sviluppatosi nei duecento anni successivi.
Come sempre, per luoghi simili, travagliata è la storia che ha portato fino a noi simile bellezza che si staglia isolata nella campagna. Si può visitare anche il sottotetto che una volta assolveva il compito di camerata dei monaci, ma la coincidenza ha voluto che, giungendo proprio in prossimità dell’appena trascorsa celebrazione del Corpus Domini, io potessi godere ancora della famosa Infiorata che percorre tutta la navata. Non ci avevo pensato fino a quando me la sono trovata di fronte.
Questa tradizione decorativa, mosaici raffigurativi realizzati con i fiori tra maggio e giugno, nacque a Roma nel 1600 per poi diffondersi, in particolare nell’Italia centrale ma anche all’estero, dalle Canarie al Giappone….
Tra gli altri ambienti suggestivi da visitare è il chiostro trecentesco, gotico. E poi potete sempre offrirvi un po’ di shopping presso la bottega dei prodotti artigianali, dal miele alle erbe per infusioni, che in questi siti non mancano mai.
La via Francigena
Fidenza si trova sulla via Francigena e proprio mentre mi trovavo all’ufficio turistico sono arrivati viandanti con zaino in spalla che chiedevano informazioni sull’ospitalità: occorre munirsi di accrediti, di una tesserina che permette di essere accolti negli ostelli, si hanno sconti anche sui treni se qualcuno, almeno per qualche tratto, decide di salire su questo mezzo. Ma per ottenere un certificato, bisogna dimostrare di aver compiuto a piedi gli ultimi cento chilometri prima di arrivare a Roma. Questi percorsi sono tornati ad essere particolarmente frequentati.
Il Duomo e il Museo
Io invece trascorro la prima mattina di domenica a contemplare l’esterno del Duomo, uno dei maggiori esempi dell’architettura romanica padana con le sculture della bottega di Antelami e i racconti dedicati alla vita e al martirio di San Donnino, il cui scheletro è qui conservato.
Un gentile volontario mi guida nella visita al museo, senza dimenticare di lamentarsi come non ci siano spazi né risorse per un’adeguata e didascalica esposizione del ricco patrimonio sacro posseduto.
Quadri, oggetti e abiti rituali, qualche reperto d’epoca romana e soprattutto, la regina delle opere qui conservate: la scultura, purtroppo in alcune parti mutilata, dell’Antelami stesso, la Madonna in trono con il Bambino.
Fidenza è comunque ricca di altre chiese e palazzi che ne narrano il percorso attraverso i secoli, dall’epoca romana al medioevo, al ducato farnese, poi la dominazione borbonica e quella francese, fino al risorgimento e all’oggi.
Il borgo di Vigoleno
Ma il pellegrino che si perde, dicono sorridendo le guide, approda a Vigoleno, che è un bel modo di smarrirsi. E infatti ci sono arrivata anch’io in questo borgo fortificato, ben restaurato e mantenuto, che si fregia fra “i Borghi più belli d’Italia” e della “Bandiera Arancione”.
Non ci si può sbagliare, al confine fra Parma e Piacenza, mura merlate dai cui camminamenti lo sguardo spazia nella verde vallata, nel parco fluviale dello Stirone.
Si può visitare una parte del Castello che, dopo essere stato fino agli inizi del ‘900 proprietà degli Scotti, il cui stemma con la tipica stella appare qui un po’ ovunque, passò in diverse mani.
Negli anni ’20 e ’30 divenne la signorile dimora della principessa di famiglia romana Maria Ruspoli-Gramont, le cui tracce evidenti si trovano nei salotti del Piano nobile e nel teatrino a dodici posti affrescato dal pittore russo Alexandre Jacovleff, secondo il gusto esotico e orientaleggiante dell’epoca. Soffitti a cassettoni, sontuosi tappeti e lampadari di murano, una copia di un uovo Fabergé… Tra queste mura furono ospiti nell’epoca d’oro D’Annunzio, Rubinstein, la ballerina Anna Pavlova e il pittore surrealista Max Ernst che regalò alla nobile amica la sua Foresta pietrificata, ora negli Stati Uniti, di cui si può vedere solo la fotografia nella documentazione del castello che, di sala in sala, nella verticalità del Mastio, si apre su ambienti con riproduzioni di costumi d’epoca, di macchine di tortura e morte come la ghigliottina, e autentici reperti fossili (torna la conchiglia come simbolo e anche incastrata nella pietra a testimoniare che qui, un tempo, c’era il mare…).
San Giorgio
Ma merita una visita anche la Chiesa romanica di San Giorgio con l’affresco interno e il bassorilievo esterno dedicato all’episodio più celebre di questo personaggio alle prese con il drago. Una costruzione che il restauro ha riportato allo stato originale, liberandola dalle sovrastrutture successive.
Il Museo degli Orsanti
E soprattutto, come curiosità antropologica, da non mancare è il Museo degli Orsanti, camere delle meraviglie… Intanto ci ricorda come l’orso, prima del leone, sia stato considerato il re degli animali, del suo rapporto particolare con l’uomo (e la donna, in tante narrazioni fantastiche), della sua ricca simbologia che viene dalla Siberia, di quanto sia stato amato, odiato, bistrattato, sterminato in Europa… Un culto lunare, selvatico, carnevalesco, profano ma anche sacro, dalla Russia alle nostrane alpi…
E gli Orsanti? Erano girovaghi che con un caravanserraglio di animali (non solo orsi, ma anche pappagalli, scimmie, persino cammelli) allestivano spettacoli per le strade, stando via da casa mesi, anni, a volte non tornavano, altre riuscivano a mettere insieme una piccola fortuna che gli permetteva di comprare un pezzo di terra. Raccoglievano denaro come offerte, magari utilizzando la simpatia accattivante di una scimmietta.
Il museo ne narra la vita quotidiana con gli oggetti di cucina, gli abiti e le divise da rappresentazione, i teatrini e i carretti esposti, come marionette, strumenti musicali di ogni tipo, dalla pianola all’organetto di Barberia, orsi di cartapesta, accanto a quelli veri presentati dalla documentazione fotografica. Il pezzo forte era la maestosità impressionante dell’orso che in catene e museruola, dall’alto dei suoi due metri, veniva costretto a ballare, saltellare… E poi c’era la lotta tra lui e il domatore che finiva con l’orso steso a terra, trascinato via, fintamente morto… Una voce registrata narra ogni aspetto di questa vicenda, nelle sale inferiori.
L’Osteria
E quando anche lo stomaco reclamerà la sua parte, allora non avrete che l’imbarazzo della scelta, io vi consiglio l’Osteria di Vigoleno se non altro per la simpatia del personaggio che vi serve, a partire dalle massime esposte sulla parete, Non abbiamo il wi-fi ma abbiamo il vino buono. Dopo due bicchieri navighi che è un piacere, oppure: Perché piangere sul latte versato, quando si può ridere sul vino bevuto…, non potrebbe che essere un’osteria, ma il proprietario è anche un divulgatore d’informazioni, tra cui quella sorprendente che gli abitanti stabili del borgo sono sette, poi qualcun altro ci dirà persino sei… Ci sono i visitatori, le seconde case, i periodi di vacanza… E io me lo sono immaginato questo luogo, visto in un assolato pomeriggio domenicale invaso da frotte di turisti, a novembre, circondato dalla nebbia e dal silenzio… abbandonato ai suoi fantasmi…
Quello che le ferrovie svizzere non dicono
Il ritorno ieri mattina e con mia sorpresa ho fatto quasi tutto il viaggio in piedi fino a Milano, ormai la vacanza riempie ogni giorno. Ma una volta scesa alla Centrale ho dovuto prendere atto che non esistono TILO diretti per Lugano nella mattinata dopo le otto. Va meglio il senso inverso. Le nostre ferrovie strombazzano tanto il fatto che ad ogni ora c’è un treno per Malpensa, peccato che si siano dimenticate di dire che per raggiungere Lugano si continua a dover cambiare a Como, Chiasso o Mendrisio, anche due volte, almeno fino alle 13.41 oppure si deve prendere un Eurocity. Io avevo un biglietto regionale e non avevo né tempo né voglia di cambiarlo. Altra piccola avventura: ho preso un treno per Malpensa, ho cambiato a Busto per proseguire via Varese, sono arrivata alle 13, credo di averci messo più di due ore e mezza! Una follia, con il controllore che doveva registrare la partenza, imbarazzato: cosa mettiamo? Non certo Milano, sembrerebbe una cosa fuori di testa… Già, proprio così… Ma la linea retta non è in fondo monotona?
P.S.: visto che quando nomino Fidenza, tutti esclamano “Ah, dove c’è quel centro commerciale, l’outlet…”, vi dico: no, lì non ci sono stata…
Manuela Camponovo