Personaggi

Sensibilità e valutazioni personali come parti integranti del processo diplomatico

Intervista all’Ambasciatore della Repubblica Italiana a Praga, Francesco Saverio Nisio.

Quando e come maturò la sua intenzione di intraprendere la carriera diplomatica?

Sono figlio di diplomatico e fin da piccolo ho pensato che la diplomazia fosse per me la strada da intraprendere. Ho avuto la fortuna di riuscirci.

Nei primi anni Novanta Lei era Primo Segretario e poi Consigliere Commerciale a Praga. Com’erano Praga e la Cecoslovacchia del tempo?

Terribilmente inquinate a causa dell’uso della lignite per la produzione di energia e più cupe rispetto ad oggi. Gli individui sembravano gravati da un peso immanente che ne condizionava persino la postura. L’intero Paese era ancora provato dal regime imposto dalla cosiddetta “normalizzazione”, faceva fatica ad orientare le energie e le speranze latenti nel nuovo contesto democratico. Ma anche grazie al carattere di alcune persone straordinarie, in primis Václav Havel e Alexander Dubček, e al sostegno di numerosi Stati europei, tra cui l’Italia, Praga e la Repubblica Ceca hanno vinto la loro scommessa e oggi sono parte attiva dell’Europa e dell’Occidente.

Quali relazioni e legami culturali ha apprezzato tra Italia e Repubblica Ceca?

A tutti i livelli, i legami culturali tra Italia e Repubblica Ceca sono straordinari, forti di un connubio che affonda le radici nei secoli e che non ha mai smesso di rafforzarsi, con reciproci benefici. Basti pensare che nel 2022, la Congregazione italiana di Praga, attuale sede dell’Istituto Italiano di Cultura e primo nucleo di scalpellini, manovali, architetti, medici, artisti e religiosi italiani in Boemia, celebrerà i quattrocentocinquant’anni dalla data di fondazione, sotto l’egida di una bolla imperiale di Rodolfo II che nel 1572 attribuì agli spazi riservati alla Congregazione benefici extraterritoriali ed extragiudiziali per alti meriti umanitari e culturali. Lo stesso Istituto Italiano di Cultura, cuore della nostra diplomazia culturale in Repubblica Ceca, nel 2023 festeggerà i cento anni dall’apertura al pubblico. Un traguardo importante per una sede particolarmente apprezzata nell’intera rete ministeriale – oltre che dall’utenza e dalle istituzioni locali – per la sua bellezza, nonché per la grande qualità e la impressionante quantità di iniziative realizzate.

Lei ha servito come agente diplomatico in diverse sedi per il mondo: la missione ceca ha qualcosa di diverso rispetto alle altre?

Direi che ciò che colpisce è l’ubicazione della rappresentanza diplomatica, non solo in chiave topografica, a ridosso del Castello, nel cuore di Malá Strana, ma anche simbolica. Il Palazzo Thun-Hohenstein, dove ha sede l’Ambasciata, è un bene demaniale italiano in cui si sono avvicendate generazioni di diplomatici e di funzionari, in un contesto geo-politico che nell’ultimo secolo ha vissuto cambiamenti epocali. La forza identitaria che scaturisce dalla nostra sede, il senso di appartenenza che respiriamo negli uffici, nei saloni, nel cortile, plasma quotidianamente la nostra visione, rendendoci parte attiva di un comune milieu, seppur in un altro Paese. E questo in diplomazia ha un peso non comune. Considero con particolare soddisfazione che i lavori di restauro del Palazzo, da me fortemente voluti e realizzati grazie ad un brillante partenariato tra soggetti pubblici e privati, coincidano con la conclusione della mia missione in Repubblica Ceca.

Quando ci si sposta di ambasciata in ambasciata, come ci si prepara per entrare nel clima socioculturale e politico del paese di arrivo?

Ognuno ha il suo metodo. È certamente necessario documentarsi ad ampio raggio sul nuovo Paese di accreditamento. Non mi riferisco solo alle macro-aree classiche di natura politica o commerciale, ma penso anche al tessuto umano, alle tradizioni, alla storia, alla geografia ed alla cultura di un popolo e del suo continente, fattori che inevitabilmente si riverberano nelle relazioni sociali e istituzionali. Poi, maturando una propria visione attraverso le interazioni sul campo, può essere utile imparare la lingua almeno quanto basta a dare la sensazione che non si è dei totali estranei. Bisogna anche essere animati da passione, equilibrio e spirito di adattamento, oltre che da una grande curiosità verso i molteplici aspetti della vita per affrontare con interesse e divertimento le realtà più disparate.

Come tiene in equilibrio la dicotomia tra eventuali critiche o interventi attivi nella politica e la necessità di conservare per sé le proprie opinioni in merito?

La dicotomia è solo apparente. È vero che le linee guida dell’azione diplomatica vengono decise di comune accordo con il Governo e con la Farnesina nell’ottica del rafforzamento dei rapporti bilaterali, ma l’Ambasciatore non è un semplice esecutore di azioni eterodirette. Al contrario. Il Capo missione contribuisce attivamente ad orientare le decisioni governative fornendo un quadro analitico aggiornato del Paese di accreditamento e suggerendo possibili interventi, spesso concertati con i principali attori del cosiddetto “Sistema Italia” e con i partner locali. In diplomazia la sensibilità e le valutazioni personali sono parti integranti dei più ampi processi relazionali e decisionali, sempre. Naturalmente parliamo di un contesto in cui tutte le possibili fluttuazioni dell’indirizzo politico si collocano nel perimetro dei valori sanciti dalla Costituzione e dagli accordi comunitari.

Nella cosiddetta “epoca del coronavirus” come è cambiata la sua professione?

La professione è sempre la stessa, impoverita nei rapporti interpersonali, ma arricchita di nuovi strumenti e possibilità operative che permettono di interagire in tempi più rapidi. Ogni realtà geografica e tecnologica ne ha risentito in modo diverso. Nel caso della Repubblica Ceca, Paese tecnologicamente avanzato ed allo stesso tempo meta di turismo e sede di una importante collettività italiana residente, per fronteggiare l’emergenza sanitaria abbiamo operato combinando i principi della cosiddetta “comunicazione di crisi” con la “Public Diplomacy”, aggiungendo alla supervisione della proiezione esterna dell’Italia in loco, il potenziamento h24 di tutti i canali di informazione istituzionale a favore degli utenti. Sul sito, sui social, attraverso i comunicati stampa, su di una linea telefonica d’emergenza appositamente creata, l’Ambasciata e il Consolato hanno parlato sempre in modo univoco, fornendo in presa diretta notizie aggiornate e documentate in materia di emergenza Covid. Gli strumenti di comunicazione multidirezionale ci hanno permesso di fornire sostegno e risposte concrete in tempi rapidissimi alle migliaia di connazionali che hanno richiesto il nostro aiuto, con riscontri entusiastici, nonostante le difficoltà del periodo.

Quali sono i suoi consigli ai giovani che intendono intraprendere la carriera nei corpi diplomatici?

Lo ripeto ad ogni occasione e non ho timore di risultare pedante: studiare, crederci e studiare. L’esame per accedere alla carriera diplomatica è particolarmente articolato e impegnativo, anche dal punto di vista fisico e mentale. Per questo un’ottima preparazione sulle materie concorsuali, magari maturata all’interno di specifici corsi di formazione, costituisce il prerequisito di base per affrontare le prove con la dovuta serenità. Va tenuto sempre presente che le variabili del concorso sono tante e che per una persona consapevole delle proprie capacità il mancato superamento delle prove in una prima istanza non deve tuttavia costituire una bocciatura irreversibile, ma solo un invito a rimettersi in gioco, a tentare ancora con determinazione dopo aver colmato eventuali lacune. Ne vale la pena!

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

 

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