I viaggi di Manuela

Istanbul

La sicurezza innanzitutto

La città per essere sicura è sicura, con il suo spiegamento di poliziotti ovunque, anche armati, collocati in tutti i punti strategici, i controlli ossessivi. Ho visto anche un carro armato. E metaldetector in ogni principale punto di accesso. E chissà la videosorveglianza. Ladri neanche l’ombra, sono avvisata sulle possibili truffe, ma nel resto mi hanno rifilato una moneta da… collezione. Poco male, ma adesso controllo sempre.

Un bazar ovunque

Non amo i luoghi affollati e lo shopping non è tra le mie passioni, figuriamoci trovarmi nel Gran Bazar, che rispecchia esattamente il termine, il troppo di tutto, colori, rumori, odori, gente, tanta, oggetti tanti, una labirintica e frastornante bulimia di cose… Fino a quando, riuscendo finalmente a guadagnare un’uscita, mi sono trovata a mio agio tra le bancarelle di libri… Però, se sopravvivi, è un modo rapido per immergerti in un’altra cultura.

Troppo gentili

I turchi lo sono, molto disponibili, ma ogni virtù portata all’estremo può diventare un difetto. Vorrebbero venderti qualsiasi cosa, certamente per la tua felicità. Se dico che non posso portare altro per via dell’aereo, rispondono che loro spediscono; se faccio finta di non parlare altra lingua che l’italiano, hanno sempre un cugino che la conosce… Vedo che qui la laicizzazione perde colpi, sono ormai molte le donne a capo coperto. Anche totalmente avvolte, magari sopra i jeans, ho già caldo con il mio vestitino leggero, non so come facciano, ma ho ancora lo scialle di seta nera che usavo per l’Orient Express: e se provassi a metterlo, non solo per le Moschee? Forse mi lascerebbero in pace…

Gatti sacri

Mai visti tanti, forse solo in Grecia e, magrissimi o pasciuti, s’infilano ovunque. Sdraiati sui muretti, sotto gli alberi, sui sedili delle pensiline dei tram, negli alberghi, ristoranti e… nelle Moschee, dove si entra scalzi, solo con gonne o pantaloni lunghi (se giudicano il tuo abito sconveniente, ti danno la veste adatta), le donne devono coprirsi il capo, per rispetto del luogo devozionale, ma i gatti no, vanno dove vogliono e nessuno li scaccia, come le vacche in India.

Nostalgia dell’Orient Express

E così sono andata a fare una visita al Pera Palace Hotel, fatto costruire nel 1892 proprio dall’imprenditore belga, Georges Nagelmackers, che aveva ideato il viaggio di quel treno di lusso e si era reso poi conto della mancanza a Istanbul di un albergo d’adeguato livello. La hall mantiene il fascino Belle Epoque, non così buona parte delle camere. Storica è ancora quella dove Agatha Christie scrisse il suo giallo (almeno, così dicono) ma non ho potuto vederla perché era occupata.
Un altro luogo del mito è la stazione ferroviaria Sirkeci, dove noi non siamo arrivati, come raccontato, che ha una parte museale, nella sua ala in stile eclettico fine Ottocento, con foto, manifesti e altri documenti dedicati all’Orient Express di cui il ristorante conserva il nome, l’eleganza e anche il listino dei prezzi.

A proposito di luogi sacri

Moschee a parte, vi consiglio il Museo Galata Mevlevi, convento dei dervisci, straordinario, non solo per la documentazione tra strumenti musicali, calligrafici pittorici, abiti, gli importantissimi cappelli, la cui foggia indicava il grado nella gerarchia religiosa e che troviamo anche in pietra sopra le lapidi dell’annesso cimitero. Non solo per tutto questo, ma anche per l’architettura del complesso risalente alla fine del ‘400, con la sala di finissima fattura. E il giardino che regala attimi di ombreggiata quiete, una pausa dalla trafficata e ormai banalmente internazionale Istiklal Caddesi, nel quartiere di Beyoglu. Ai parchi, sempre troppo frequentati, preferisco queste piccole oasi discoste.

Chiuso per lavori

Per chi è interessato in particolare agli aspetti culturali, forse è un momento decisamente sbagliato. Sembra che abbiano deciso di avviare grandi opere di ristrutturazione, rinnovamento, restauro (chiamatele come volete) dei principali musei e monumenti, che risultano o in tutto o in parte non agibili e, siccome qui i lavori durano decenni, chissà se basterà l’attesa di una vita. La bellezza dell’interno di Aya Sofya è compromessa da una gigantesca impalcatura anche se lo splendore del mosaico del IX secolo, la Madonna con il bambino, resta intatto. In buona parte impacchettato è il Palazzo Topkapi, le cui sale più interessanti, anche quelle dell’Harem, sono chiuse. In compenso hanno aperto le cucine con una vastissima esposizione di ceramiche e oggetti di ogni tipo per preparare, servire, mangiare, sontuose cibarie, attraverso le epoche, fino ad arrivare alle contaminazioni europee con l’introduzione di nuovi alimenti e stili di manufatti.
Anche i musei archeologici risultano in parte non visitabili, ma ci si può consolare con il Padiglione delle maioliche e le sue smaglianti ceramiche Iznik. In disarmo pure l’Istanbul Modern nel quartiere più nuovo di Beyoglu, che potrebbe dare una idea dell’arte turca contemporanea. I lavori devono essere iniziati da poco perché ho visto ancora i quadri imballati all’esterno.

Alcune perle

Qui non una goccia di pioggia, sempre sole anche cocente allo zenit, ma abbastanza ventilato (ognuno ha le sue abitudini, oltre alle pannocchie abbrustolite, gli ambulanti vendono le caldarroste che da noi arrivano solo con i primi freddi).
Per il refrigerio ci sono però le cisterne! La famosa Cisterna Basilica, la cui imponente testa di Medusa capovolta è diventata iconica. Ma ce n’è un’altra meno nota, che mi ha consigliato un’amica, sotto un lussuoso negozio di tappeti (dove non ti assillano per convincerti ad uscire con la loro merce). Nakkas si trova proprio di fronte allo Sfendone, quel resto semicircolare dello stadio e in questo periodo, lì sotto, ospita una piccola ma istruttiva mostra su com’era in origine l’Ippodromo, ormai ridotto ad un rettangolo invaso da turisti e rivenditori. Oltre ad un filmato 3D, attraverso cui si assiste anche alla corsa delle bighe, sono offerte in modellino tutte le statue mitologiche che l’adornavano, gli Ercole, Atena, Scilla o gli animali e mostrate le colonne intere, come la Serpentina con le sue teste di serpente nei secoli perdute.
A proposito di monumenti, questi hanno seguito le tormentate vicende di una città che ha cambiato nomi e conquistatori, quindi: collocati (magari rubati da qualche parte), distrutti, danneggiati o trasformati, ricollocati, nuovamente rimossi ecc… per cui, Moschee a parte, dell’antico autentico è rimasto poco. Da non tralasciare l’Acquedotto di Valente, peccato che sia vicino ad una strada mostruosamente trafficata. Vi ho detto che vanno tutti come pazzi? Rischiate la vita sia in auto (provate a prendere un taxi) sia a piedi. E posteggiano in qualsiasi modo, anche sui marciapiedi e a spina di pesce!

(CC) license, Maurice Fleisier, Wikipedia

I ticinesi Fossati

Dove non hanno lavorato le maestranze ticinesi… I fratelli Gaspare e Giuseppe si sono occupati del restauro ottocentesco di Aya Sofya, ma li ho anche ritrovati altrove, in un luogo che, come Nakkas, era privo di turisti: il Museo e la Biblioteca Ahmet Hamdi Tampinar, a ridosso del parco Gulhane, dove si trova il Topkapi. Una delizia, che ha subito diversi cambiamenti, prima posto d’osservazione del Sultano per le parate, in epoca ottomana, poi come luogo di cerimonie, nascite o matrimoni, ancora fu trasformato nell’Ottocento, con l’intervento appunto dei Fossati, in ufficio del telegrafo. Abbandonato, divenne anche una sala da ballo, fino all’attuale destinazione di centro letterario dedicato allo scrittore di cui porta il nome. Una serie di sale accoglienti che ne testimonia il passato.

Prima parte. Continua

 

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