Cent’anni fa nasceva Mariuccia Mandelli: da maestra di scuola a grande creatrice di eleganza.

La stilista Mariuccia Mandelli, in arte Krizia
Doveva fare la maestra di scuola, ha preferito salire sulla cattedra dell’eleganza. Questa era Krizia, nome d’arte di Mariuccia Mandelli, una biografia, la sua, strettamente legata al cuore dell’inverno: nata il 31 gennaio 1925, è mancata il 6 dicembre 2015, all’età di 90 anni. Nell’alto e lungo periodo del suo fulgore creativo era arrivata a quasi 600 invenzioni mensili della sua geniale arte, accasata sotto il tetto della grande moda. Un secolo sotto il segno di quella K del nome del suo successo, pescato dal repertorio filosofica dell’ultimo Dialogo incompiuto di Platone (4 secoli prima di Cristo). S’era diplomata studiando in Città Alta, a Bergamo, in un collegio di suore impegnativo già dal nome: “Sagesse”, cioè saggezza, sapienza, accortezza, oculatezza. Tutte qualità del suo essere. Le sarebbero sicuramente servite se avesse preso la strada dell’insegnamento che a quell’epoca, fine seconda guerra mondiale, era l’equivalente di un posto sicuro. E anche di un certo prestigio nei paesi di allora, dove a contare era il ristretto cenacolo formato da medico, parroco, carabiniere e maestro. del medico, il farmacista, il parroco, il carabiniere e la maestra. Lei aveva trasposto il bagaglio delle sue risorse interiori nella ricerca del bel vestire. Vide brillare lì la sua stella e la seguì, conferendole ulteriore luminosità con il suo ben presto riconosciuto talento. Ha inventato l’inimmaginabile, ha rivestito e fatto pulsare sogni indossati, sfoggiati, invidiati. Aveva spiegato poi che intendeva la moda come “un’idea di eleganza e di estetica, la voglia di fare delle cose”. E che cose! C’è la sua strepitosa carriera che parla e parlerà per lei.
In una sincera confessione con un angelo barocco del giornalismo, Giorgio Torelli, aveva confessato la volontà di adesione agli ideali eccelsi trasmessi dalla madre: nell’ordine, lealtà, giustizia, senso del dovere, pulizia d’intenti, obblighi verso gli altri che non ha mai lasciato. Confessò senza giri di parole che “lo scontro col mondo è stato duro, anche per una testarda non arrendevole come me”. Il rimando a Torelli è funzionale, teso a dimostrare quanto fosse sensibile e solidale alla causa del bene e dell’altruismo. Traducendo: le missioni di due portatori di sviluppo e dignità tra i più poveri dei poveri, Marcello Candia nel Brasile e Baba Camillo in Africa. Nel concreto: un robusto assegno per le loro cause, sorpresa fuori programma al termine di un’intervista con l’illustre inviato speciale del principe Indro Montanelli. Krizia era anche questa.

La stilista Krizia dopo una sfilata di moda
“Ho fatto il lavoro che sognavo”
M’è capitato di intervistare un paio di volte questa “Lady” della moda, che amava frequentare il rito del sogno, su temi collaterali come la speranza, la nostalgia della serenità perduta, l’inseguimento della gioia e, per quanto possibile, la felicità. Nella ricorrenza del secolo dalla nascita di Mariuccia Mandelli, mi piace riprendere qualche risposta dalla nostra ultima conversazione, con una sottolineatura non marginale. Krizia aveva un’agenda straripante di impegni: fissava giorno e ora per l’incontro che rispettava con puntualità, signora anche di gentilezza oltre che di disponibilità. Lo stile è la persona.
Krizia, quali le emozioni e i sentimenti vissuti rivestendo molti sogni di felicità femminile?
Vestire sogni di felicità può dare la piacevole sensazione di essere utile; anche se a volte, nei momenti peggiori, mi assale invece l’atroce sospetto che tutta questa fatica, tutti questi anni di lavoro appassionato siano polvere buttata al vento, vane sciocchezze. Quel che è certo, però, per contraddizione, è che mi sento anche molto fortunata per essermi potuta dedicare a un lavoro che amo: anche questo fa parte della mia idea di felicità.
Donne e moda: che rapporto c’è con la felicità?
“La bellezza salverà il mondo”. Questa famosa frase di Dostoevskij viene citata sempre più spesso, anche a sproposito; ma quello che mi ha colpito è che l’abbia invece ripresa persino Giovanni Paolo II, in una sua bella “Lettera agli artisti”. La moda, intesa come ricerca estetica, contribuisce allora forse nel suo piccolo alla costruzione della felicità: è una componente di quel processo di miglioramento di noi stessi a cui dobbiamo costantemente tendere; in più, è un efficace mezzo espressivo e di comunicazione, purché non si limiti alla mera soddisfazione di una piccola vanità.
“Felicità è dare e ricevere amore”
È possibile essere felici o bisogna accontentarsi di molto meno? Per esempio della serenità?
Felicità è dare e ricevere amore. Felicità è arrivare a uscire da sé stessi, superando i propri limiti, entrando in comunicazione non solo con l’altro, ma con il Tutto. Felicità è pace. La serenità è già una bella conquista, ma solo come primo gradino, insieme alla libertà dal bisogno: il secondo è la saggezza. Felicità è impegno per il bene comune. Penso per esempio al bel volto sorridente di Wangari Maathai, l’ecologista kenyana Premio Nobel per la pace 2004, ma anche al pianto di gioia di questa biologa africana, strenuamente impegnata nella difesa dei diritti degli alberi (oltre che di quelli delle donne), fondatrice del movimento Green Belt contro la desertificazione, nell’apprendere di aver ricevuto l’importante riconoscimento.
Che cosa ritiene controindicato rispetto alla felicità?
I principali nemici della felicità sono gli antichi ma sempre attuali vizi capitali, ira, invidia, avarizia e poi tutti gli altri, ma oggi, soprattutto, la violenza dilagante e mostruosa e altrettanto dilagante, la volgarità.
Giuseppe Zois
