Siamo giunti alla conclusione del viaggio raccontato dal nostro ospite e che termina a Durban, dopo aver fatto tappa a Reunion. Tutte le puntate potete leggerle sul nostro sito. Adesso, si sa, questi “mostri” del mare, tra i più inquinanti mezzi di trasporto, per un po’ non avranno vita facile: non c’è come una nave da crociera per diffondere un virus, come si è anche visto all’inizio della pandemia. Comunque la pensiate, una lezione per tutti.
11 novembre
Oggi l’orto botanico Pamplemousses, vedo il mio primo Baobab, altro fiore a palle, puzza, e tante altre belle piante, enormi ninfee, osservate in silenzio dal busto di Pierre Poivre (orticultore, botanico, missionario e amministratore coloniale francese, vissuto nel ‘700. In Estremo Oriente ha scoperto le spezie e le ha introdotte qui, tra queste, cannella e pepe, quando si dice “nomen omen”, ndr), uccelli, esempi di architettura coloniale. Poi un giro panoramico a Cap Mahleureux e l’emblematica chiesa rossa, dal vivace colore del tetto, costruita in memoria dei numerosi naufragi, e da qui anche il nome di “Capo di Cattiva speranza”…. Mangiamo dei buoni litchi, dolci. Poi il villaggio della Grande Baie, con le sue belle spiagge, i villaggi di Bien Choisi e Trou aux Biches. Siamo soddisfatti, anche della compagnia di Laura e Claudio.
12 novembre
Reunion. Molto cara. L’autista-guida Henri, vuole 300 euro per portarci in giro in otto. Non sarà un buon affare. Henri non sarà una buona guida. Alla fine gli daremo 240 euro. L’abbiamo trovato supponente, senza voglia di lavorare, fa il minimo, solo interessato ai soldi, non ci trasmette la sua isola con passione. Inoltre risponde alla mia domanda sulla presenza di eventuali febbri dengue con un sarcastico “niente di tutto ciò qua a Reunion”. Alla dogana, prima di lasciare l’isola, vedrò un cartello delle autorità francesi che porta a conoscenza di un’attuale epidemia di dengue. Oltre a maledire in silenzio Henri, maledirò anche le autorità francesi che hanno affisso il cartello al porto in modo che sia visibile in partenza e non quando si approda sull’isola. Su una cosa Henri aveva ragione. Il traffico fa perdere un sacco di tempo. Comunque quello che siamo riusciti a vedere è Salazie, un’area protetta, all’interno della quale si trova la cascata “Velo della sposa”, chiamata così perché le diverse cascatine formano un disegno che potrebbe far pensare al velo bianco di una sposa. E il borgo di montagna, Hell-Bourg, con una graziosa biblioteca. Poi, in un’altra zona, una vecchia colata di lava degli anni Settanta che ha risparmiato di poco una chiesa. Quindi la capitale, Saint-Denis. Qualche angolo francese. Era l’ultima sosta prima del Sudafrica. La Reunion non è un posto per far vita da spiaggia. Dopo l’apertura anni fa di una fabbrica di tonno, gli scarti hanno attirato un gran numero di squali. Con l’eccezione di una piccola area protetta da grate di ferro, la costa non è balneabile.
13 novembre
Il tempo s’imbruttisce. La meteo peggiora. Per la prima volta la pioggia dura molte ore e il cielo è veramente copertissimo. Navighiamo nel grigiore della fine viaggio. M. sta male, forse ha la febbre. Le porto un po’ di tè e dei crackers in cabina. Comunque un quiz vinto. Quello delle birre.
14 novembre
Pessimo, depressione di fine crociera.
15 novembre
Ultimi quiz. Il sole ritorna. M. tralascia la crema solare. La sera, a cena, sembra un peperone caduto fuori dal piatto. Ultima notte a bordo.
16 novembre
Si esce. Peccato. L’hotel a Durban è buono. Dalla finestra vediamo la nostra casa galleggiante dove abbiamo trascorso un mese. I primi consigli che ci danno tutti a Durban: non uscire da soli e a piedi dall’albergo, è pericoloso. M. va da sola. Poi quando torna andiamo a comprare dell’acqua. Un dipendente dell’albergo ci accompagna.
17 novembre
M. va in escursione a vedere animali. Io rimango e poi con Roger e sua moglie, una coppia che abbiamo conosciuto sulla nave, troviamo un tassista bravo e onesto. Si chiama Vusi. Ci fa fare un giro per Durban. Non c’è granché da vedere. Chiedo di fermare alla stazione ferroviaria perché ho un presentimento: infatti c’è il Rovos Rail al binario. Riesco a scorgere l’interno della famosa carrozza bar-panoramica. Finiamo in spiaggia. Roger rientra in taxi con la moglie. Io rimango a passeggiare sul lungomare molto animato. Rientro. Alle 16 sento i fischi della nave che sta lasciando il porto per una mini-crociera in Mozambico con nuovi clienti. La guardo partire con un po’ di tristezza. Si è stati bene a bordo. M. torna dal mini-safari soddisfatta. Mangiamo del buon pesce e gamberi.
18 novembre
M. ha un occhio infiammato e tosse. Perdiamo tanto tempo la mattina tra farmacie dove si trovano medicine ma non funziona la macchinetta per il pagamento con carta di credito e a cercare uffici di cambio. L’hotel non cambia. Difficile farlo. Per noi impossibile. Non vedrò mai come è fatta la moneta locale, il rand. Pazienza. Usciamo un’ora con Vusi in auto per recarci al giardino botanico. Non è il Pamplemousses, ma niente male ed è gratuito. Tra l’altro vediamo due martin pescatori, dei bellissimi uccelli “vescovo rosso” (“red bishops”), mai visti in vita mia e un baobab. L’ultimo baobab. È ora di andare. Si torna all’hotel per i bagagli e si va all’aeroporto. Bella regione verde semi collinare. Comodo, piccolo, aeroporto a Durban. Poca gente. Il nostro aereo si riempirà a Johannesburg. Atterriamo qui quando si accendono le luci della sera. È il luogo più interno dell’Africa che vedo. È stato un bel viaggio. M. una simpatica e divertente compagna. A chi potrebbe obiettare che un viaggio del genere permette solo una conoscenza superficiale dei luoghi, rispondo: avete ragione. Se sceglieste una crociera di questo tipo per approfondire le aree percorse, commettereste un grave errore. Io l’ho scelta e apprezzata invece proprio per l’itinerario perché fa capire la misura del nostro pianeta e rende più vicini e comprensibili itinerari e gesta dei grandi navigatori del passato.
(5. Fine)