Riflessione

La mobilità come fattore di regolazione della vita sociale

Mobilità

Ha fatto notizia la decisione del parlamento del Canton Uri di presentare un’iniziativa cantonale al Parlamento federale per sgravare dal traffico i villaggi lungo la strada del San Gottardo. Grazie alla mitologia del Gottardo, tanto cara agli svizzeri, si può pensare che, questa volta, ci sarà una eco parlamentare. Eppure, da tempo, queste sono ormai le situazioni vissute in centinaia di città e comuni e da decine di migliaia di cittadini.

Credo allora che valga la pena riflettere, a partire da questo esempio, su come la politica dei trasporti e la politica della mobilità non siano necessariamente la stessa cosa.

Il rompicapo dei trasporti

In primo luogo, notiamo le modalità della reazione: per ogni problema trovare una soluzione puntuale, diretta. Si rimane sui sintomi, dimenticando le cause. L’esasperazione porta a questo; per di più conoscendo la sensibilità dei politici al breve–medio termine. Rispetto alle visioni d’assieme – che pur esistono almeno nelle competenze dell’Ufficio federale per lo sviluppo territoriale – spesso si cade nella trappola di risposte per compartimenti stagni, sia per vettore di trasporto, sia per ambito di competenza istituzionale. La somma delle risposte alle legittime rivendicazioni di automobilisti e ambientalisti, di utenti dei mezzi pubblici e fruitori della mobilità lenta porta facilmente ad una sorta di torre di babele, al rompicapo della politica dei trasporti, mettendo in scacco anche le migliori visioni dei pianificatori e mostrando i limiti delle soluzioni tecnocratiche.

La trappola di approcci troppo settoriali e nazionali

Quando si tratta di soldi, di investimenti, allora la torta è preordinata: da una parte le strade, dall’altra le ferrovie; ambedue con un proprio privilegiato fondo cassa a cui attingere. Così si ha l’impressione che di fatto a livello nazionale le strade (USTRA) e le ferrovie vadano per vie e per binari diversi. I ticinesi ne sanno qualcosa: da una parte, quello che sembra l’ineluttabile progetto PoLuMe (terza corsia dinamica dell’autostrada Mendrisio–Lugano); dall’altra, le rivendicazioni inascoltate per il completamento di Alptransit sia a Nord che a Sud (aggiramento merci di Bellinzona e di Lugano; Lugano–Chiasso e i collegamenti con Milano e la rete AV italiana). Tutto il Mendrisiotto ne soffre in attesa della correzione di errori pianificatori del passato e, se ci sarà una svolta, di un risanamento urbanistico.

Difetti che hanno forti implicazioni a scala nazionale, dove la Svizzera non sembra voler integrarsi nella rete europea AV (TEN–T), fino ad andare incontro ad un suo antistorico aggiramento, via l’itinerario franco–italiano della Lione–Torino (Fréjus) e, ad est, via quello del Brennero, dalla Scandinavia a tutto lo stivale italiano (v. L’Osservatore del 26.6 e 20.11.2021).

Quali prospettive per il 2050?

Il futuro della mobilità in Svizzera 2011­-2050

Il futuro della mobilità in Svizzera 2011­-2050 (Fonte: ARE)

L’illustrazione grafica qui riprodotta rappresenta una sintesi del rapporto “Prospettiva 2050”, messo in consultazione lo scorso anno dal Consiglio federale. In breve, possiamo vedere come, malgrado le intenzioni, non vi sia un vero mutamento dello scenario rispetto alle tendenze. Verosimilmente non solo perché la popolazione aumenta e, assieme, il numero di chilometri del traffico viaggiatori (+11%). La quota del trasporto pubblico sale solo dal 21% al 24%, mentre la quota dell’auto rimane preponderante, sia pur in diminuzione dal 73% al 68%. Nel traffico merci la quota della strada scende di poco, dal 63 al 61%, con un corrispondente lieve miglioramento della ferrovia, dal 37 al 39%. Un quadro che lascia insoddisfatti: vedi per esempio le associazioni www.progottardo.ch e www.swissrailvolution.ch.

Due altri dati sono invece assai significativi: la diminuzione, grazie al telelavoro e ad una diversa struttura dell’attività economica, del 13% dei tragitti per il lavoro; il forte balzo in avanti – più 58% – dei chilometri percorsi dai furgoncini, segno di profondi mutamenti nel mondo della logistica e delle abitudini dei consumatori. Un’analisi che va approfondita.

Politica dei trasporti o della mobilità?

Esprimersi in termini di mobilità vuol dire considerare anche l’origine, le cause, dell’insieme delle azioni che concorrono ai movimenti di persone e di beni materiali. In questo senso la mobilità è un fattore di regolazione della vita sociale. È sia la risultante di un determinato sistema antropico, sociale ed economico sia, nel medesimo tempo, una componente del loro mutamento.

Passare da una politica tradizionale dei trasporti a una politica della mobilità significa non solo cambiare paradigma, ampliando il campo d’azione a livello intersettoriale e interdisciplinare, ma anche risalire agli obiettivi e alle visioni condivisibili per il bene comune e per la soluzione alle crisi ambientale e sociale. Un’operazione – è utile chiarirlo da subito – che non si deve tradurre in una politica di restrizione/contenimento della mobilità. Tutt’altro. La mobilità è una delle maggiori espressioni della nostra libertà. Caso mai, occorre riscattarla da quella parte di mobilità subita, che percepiamo come una costrizione.

L’era degli arbitraggi

Per il raggiungimento degli obiettivi della nuova mobilità rispettosa dell’Uomo e dell’Ambiente si sta facendo molto affidamento sulle innovazioni tecnologiche e sulla capacità di una governanza sistemica affidata alle applicazioni digitali. Una parte della politica crede di poter risolvere così il rompicapo dei trasporti. Ma sarebbe un errore. Anzi, la politica dovrà continuamente arbitrare, in quanto la nuova mobilità passa attraverso tutta una serie di politiche che qui possiamo forzatamente solo elencare nei suoi diversi livelli: della vita individuale e familiare (modalità nello scandire i tempi di una giornata, rendendoli compatibili per il lavoro, la formazione, il tempo libero); dell’integrazione sociale (vivibilità dei quartieri; considerazione di bisogni differen-ziati); dell’organizzazione territoriale (accessibilità a 15 minuti); del rispetto e della rigenerazione degli eco–sistemi.

Remigio Ratti

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