Esiste una “Piccola Svizzera” segnata sulla carta, e indicata dal navigatore satellitare, lontano dai limiti della Confederazione. È un angolino di mondo, un fazzoletto di terra, niente più che una frazione. Ma porta questo curioso nome, questa segnaletica geografica, la località a pochi minuti da Tagliacozzo: comune in provincia dell’Aquila, regione Abruzzo, in quella Marsica che fece annotare a Gabriele D’Annunzio (La fiaccola sotto il moggio) «Voglio tornare là» e a Ignazio Silone (Uscita di sicurezza): «Tutto quello che m’è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all’estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui e che non misura più di trenta o quaranta chilometri in un senso e nell’altro».
Silone, che all’anagrafe era Secondo Tranquilli e ricavò il nome d’arte proprio dal comandante marsicano Quinto Poppedio Silone che nel primo secolo avanti Cristo guidò i ribelli Italici nella guerra sociale contro Roma, maturò in quella reale: «In Svizzera io sono diventato uno scrittore; ma, quello che più vale, sono diventato un uomo». Tuttavia questa Piccola Svizzera la richiama.
Se la toponomastica ha un senso, qui devono essere l’ambiente, il panorama, gli scorci, i cambi secchi di prospettiva, perfino una certa aria a condurre reviviscenze elvetiche. Per non dire delle abitazioni aggrappate al “cozzo”, cioè alla montagna, delle casette di pietra e legno con i balconi fioriti, del senso di ordine e di pulizia, dell’educazione al silenzio e di rispetto, dell’attitudine alla calma e alla tranquillità, di quell’inconfondibile atmosfera montana, non mondana, agghindata di chalet.
Certo, l’altitudine non è da capogiro: 950 metri sul livello del mare. Ma tutto il resto, compresa l’intolleranza per rumori e atteggiamenti molesti, dà per davvero vertigini rossocrociate. Come gli animali, i pascoli, i prati, i sentieri, le vie da trekking.
Testimonianza di un passato florido e splendente, quanto a cultura e tradizioni, nella Tagliacozzo maledetta dagli Svevi e benedetta dal condottiero Roberto Orsini, nella civitas caput Marsorum che è poi divenuta in pratica periferia urbana di Roma, si trova la tomba di Tommaso da Celano, il protobiografo di Francesco d’Assisi. Tagliacozzano era Ascanio Mari, eccelso nell’arte dell’oreficeria e tra gli allievi preferiti di Benvenuto Cellini, ispiratore del romanzo di Alexandre Dumas.
In questa Piccola Svizzera aveva una casa e passava i suoi periodi di riposo, specialmente le settimane estive, il noto giornalista Arrigo Levi, deceduto a Roma lo scorso agosto. Riservato, aveva comunque intrecciato amicizie locali facendosi conoscere, riconoscere, apprezzare: dal giornalaio fino ai frati e agli amministratori comunali. Lui che, dopo la laurea in Filosofia e l’esperienza nell’esercito israeliano, era stato corrispondente da Londra e da Mosca per il Corriere della Sera, poi direttore al quotidiano La Stampa (dove ebbe tra l’altro l’intelligente intuizione di fondare il dorso culturale Tuttolibri), infine in Rai e al Quirinale, dal 1999 al 2006, come consulente per la comunicazione della Presidenza della Repubblica.
Suggestioni di un nome: forse anche ad Arrigo, rintanato nella Piccola Svizzera a cercare pace e riparo dal caos metropolitano, sembrava di trovarsi in quella grande, bella, vera.
Léon Bertoletti