Esce ‘LA TERAPIA DELL’OBLIO’ (Rizzoli, pag. 275, euro 18,00) di Paolo Mieli, che riflette su come il ricordo del passato si intrecci ”in modo eccessivo con il presente” creando ”un aggrovigliamento tra passato e presente che ci intossica. E ci impedisce di porre dei punti fermi che consentano, all’occorrenza, di voltare pagina. Per questo dovremmo tenere meglio separati il passato e il presente. E far si che tutto quel che scopriamo (o ci sembra di scoprire) del passato non sia immediatamente inghiottito dal caos delle nostre ‘menti impegnate”. E’ la premessa, direi quasi sorprendente, da cui parte il nuovo libro di Mieli, ‘La terapia dell’oblio”, in cui l’autore vuole porre un freno agli ”eccessi di memoria”.
Nei brevi e densi saggi che compongono il libro, Mieli riporta alla luce particolari, aspetti, personaggi, opere, vicende con cui la storia è stata a dir poco inclemente dimenticandoli o ammantandoli di significati che non avevano. Viene descritto un Giovanni XXIII che è non è per niente Angelo Roncalli, ma un papa del 1410 che fu un antipapa, e Baruch Spinoza, filosofo condannato all’eresia, scomunicato ed emarginato dalla comunità ebraica, fino alla morte in povertà e solitudine avvenuta a soli 44 anni, nonostante la sua mite esistenza. Il libro contiene riferimenti alle epidemie e alle figure degli untori, la loro storia, le persecuzioni, le ossessioni e il modo in cui la scienza ne ha superato il mito negativo. Il libro ricorda anche l’Olocausto e, nel concreto, il campo di Auschwitz, dove dimenticare ha significato un necessario rito di passaggio per tornare a vivere.
In “La terapia dell’oblio” Mieli scrive: ”Noi la chiamiamo memoria ma quanto accade non è altro che un grande caos”. Un invito a eliminare il superfluo per fare meglio luce.