Non ha avuto molto pubblico lo scrittore turco, avvocato e attivista, Burhan Sönmez, ospite all’USI lunedì, nell’ambito dell’incontro PEN dedicato «alle città crocevia di culture e di genti» (il secondo dopo Trieste). Forse perché era già stato di recente nel Ticino, invitato da Chiassoletteraria, lo scorso maggio. Introdotto e tradotto dalla presidente Maria Emilia Arioli, con ironia nonostante la serietà dei temi, egli ha parlato del suo libro, Istanbul, Istanbul e del suo paese. Il romanzo, che come struttura molti hanno paragonato ad una sorta di Decamerone, racconta di quattro persone chiuse in una cella tre piani sotto terra che, tra le torture, un interrogatorio e l’altro, si raccontano delle storie. Perché? Perché è il solo modo che hanno per far passare il tempo, in un luogo dove se ne perde la cognizione e perché la parola è l’unica cosa che hanno in comune. E sono tutti racconti legati ad Istanbul.
Come sempre, l’autore parte dalla sua esperienza personale, di bambino cresciuto in un villaggio, arrivato nella città per studiare a diciassette anni, dopo il colpo militare (è nato nel 1965). Oltre a confrontarsi con la violenza, si confronta con la grande letteratura, con gli scrittori, stregati da Istanbul. Ha rievocato la nebbia di Melville che favorisce l’immaginazione. Istanbul immaginata e sognata prima di essere vista dal vero, attraverso racconti, canzoni, fiabe. Sönmez l’ha assimilata al “Velo della Veronica”, su cui è impresso il volto di Cristo come immagine della verità. Un velo scomparso nel ‘600, proprio quando nascevano l’era moderna e una nuova forma letteraria, narrativa, il romanzo… Che, in prosa, cerca di raccogliere quella verità.
Lui, ragazzo di provincia, dopo un’aggressione dalla polizia ha dovuto andarsene in esilio, ha vissuto in Inghilterra e adesso è tornato, perché come ha detto: tutti nascono da qualche parte, lontano, in Turchia, ma finiscono per morire a Istanbul. Negli ultimi duecento anni, gli scrittori hanno raccontato questa città magica, la cui particolarità è proprio di essere vista da Est e da Ovest, un universo della diversità, il cuore o la possibile capitale di tutto il mondo. E proprio per affrontare un altro punto di vista, rispetto a quello già troppo indagato di Occidente e Oriente, Sönmez ha sviluppato questa idea dei racconti che provengono da persone ridotte al buio e alla tortura. Se dovesse riassumere in una frase il suo libro, ha detto, sarebbe: «La bellezza della città attraverso il dolore.»
Una città che si è formata anche con le ondate migratorie che ancora oggi ne fanno un crogiuolo di lingue, culture, religioni: i tedeschi che fuggivano dal nazismo e, prima, i russi bianchi in fuga dalla rivoluzione e, prima ancora, gli ebrei dalla Spagna … Sapendo qual è il quartiere in cui una persona vive, se ne può dedurre la sua posizione politica ad esempio, osserva.
E oggi? Oggi la vita culturale è l’unica che riesce a sfuggire al potere di Erdogan, come lui stesso ha ammesso durante un suo discorso. Perché lì si legge tantissimo, il mercato editoriale è tra i più grandi al mondo e sorgono nuove generazioni di scrittori, in particolare scrittrici e lettrici, quindi una situazione da questo punto di vista molto promettente. A fronte di un governo che ha investito tantissimo nella costruzione di prigioni, dove si trova il più alto numero di giornalisti (160) e avvocati (10.000). E a fronte del sogno d’islamizzazione che viene da lontano, quando si è sostenuta questa parte per combattere le idee di sinistra. Agli oppositori allora non resta che la morte, la prigione o l’esilio. Ma lui è tornato perché non vuole essere costretto ad andarsene, desidera la libertà di scelta e continuare a lottare, anche se subisce minacce per le sue iniziative sulle decisioni del governo, ad esempio la discesa in campo in Siria che in realtà è un atto contro i curdi. Ha consegnato una lettera al Parlamento, insieme ad altri, per perorare una causa pacifista. Questo no alla violenza è stato rifiutato e si sta proseguendo con gli altri gradi di giudizio.
Per questo sono stati accusati di essere traditori e nemici dello stato, hanno messo nomi e foto sui giornali, in una classifica di persone da eliminare, e lui è “solo” al 57° posto… Ha commentato sarcasticamente.
Speranza per il futuro? La politica turca si nutre di tanti poteri, il movimento islamista è il più forte, non resta che difendere i propri valori e scrivere buoni libri. Questa la sua conclusione.
Manuela Camponovo