15 giugno – Al mattino (sarà questo il primo e unico giorno di pioggia in cui m’imbatto) ripercorro Riva degli Schiavoni (il nome stabilisce un richiamo dalmata) che ormai, nella sua lunghezza, dal Ponte della Paglia, fino a Ca’ di Dio e nel prolungamento dei Sette Martiri, con l’infilata di alberghi di lusso, diversi ancora chiusi come il mitico Danieli, evoca solo un pallido ricordo delle casupole e dei cantieri che la caratterizzavano. Le targhe narrano dei personaggi che qui furono ospitati, da Petrarca a Kafka (che al Gabrielli scrisse le lettere alla sua Milena), al fisico e matematico austriaco Doppler. Torno a San Giuseppe che, mi dicono al convitto di fianco, dovrebbe aprire nel pomeriggio; mi spingo di nuovo a San Pietro di Castello, l’antica cattedrale di Venezia e questa volta la trovo aperta, all’interno si può misurare la grandezza della cupola e ammirare la cosiddetta cattedra di san Pietro, il trono in pietra che pare sia stato usato dal santo in Antiochia, lo schienale è una stele funeraria arabo-musulmana.
All’accompagnatore turistico che mi ha raggiunto nel pomeriggio, mostro casa e targa dei Caboto, la prossima volta (quando riprenderanno i viaggi di gruppo) potrà segnalarle ai suoi clienti inglesi, i Caboto sono quasi più famosi in Inghilterra avendo fatto viaggi e scoperte per conto di Enrico VII.
“Gondoliate”
Torniamo per fare un’altra esperienza. La gondola? E quando mai? Roba da turisti! La prima e unica volta per me era quando mi trovavo in gita scolastica… Ma adesso che appunto i turisti non sono ancora così numerosi, può essere il momento di procedere, anche perché il gondoliere, Giambattista, lo conosco e mi faccio raccontare un po’ la sua storia, ha appena varato una nuova gondola che si chiama Luna come la sua ragazza ma un secondo nome (immutabile) è quello della madre: «È sempre stata una mia passione fin da piccolo; no, nella mia famiglia non c’era questa tradizione, ma gondoliere era il mio padrino» (santo, santolo nella parlata popolare veneta).
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