Si è concluso con la conferenza “The Sigg Collection. A story of Chinese Contemporary Art” il ciclo di tre appuntamenti organizzato a Milano, allo spazio Frigoriferi Milanesi, da FM Centro per l’Arte Contemporanea. L’evento – ideato in occasione della mostra The Szechwan Tale. China, Theater and History, in corso fino a domenica 15 luglio (www.fmcca.it) – ha portato a compimento una riflessione iniziata con Lü Peng, storico dell’arte e direttore artistico della Biennale di Anren, e con l’artista Liu Ding. A completare la panoramica sulle dinamiche del mercato artistico in Cina è stata un’altra presenza d’eccezione: Uli Sigg, il maggior collezionista al mondo di arte contemporanea cinese.
Svizzero, uomo d’affari del gruppo Schindler negli anni ‘70, ambasciatore del nostro Paese a Pechino tra il 1995 e il 1998 e membro del consiglio internazionale del MoMa di New York e della Tate di Londra, nel 1990 Sigg ha dato avvio alla sua collezione. A spingerlo a questo passo è stata la folgorazione per un’arte che proprio in quel momento manifestava la sua volontà di emancipazione dalle tendenze occidentali e sviluppava stili propri, come il realismo cinico di Yue Minjun, Fang Lijun e Zhang Xiaogang. Una data epocale fu in questo senso il 1989, quando venne allestita la prima retrospettiva nazionale delle avanguardie: China/Avant-garde, a Pechino nel Palazzo delle Belle Arti. Un percorso espositivo con 293 dipinti, sculture e video di 186 artisti – tra cui Wang Guangyi, Xu Bing, Wu Shanzhuan, Huang Yong Ping e Gu Wenda 4 – tra i quali non figurava alcuna opera cinese tradizionale né di calligrafia.
Con Marco Scotini, Direttore Artistico di FM Centro per l’Arte Contemporanea e con Silvia Simoncelli, Course Leader del Master Accademico in Contemporary Art Markets di NABA, Sigg ha ripercorso le tappe fondamentali che lo hanno condotto a raccogliere circa 3.000 opere realizzate da 350 artisti diversi. “Il collezionista è una persona libera” ha spiegato quello che, parafrasando Simon Winchester, si potrebbe definire “l’uomo che amava la Cina”. “Ma quando la collezione diventa rilevante, subentra una responsabilità nei confronti delle istituzioni, che porta a donare la collezione”: per questo, 1.500 opere verranno cedute al nascente museo di arte contemporanea M+ di Hong Kong, progettato da Herzog & de Meuron.
Durante la conferenza, Sigg ha mostrato una selezione di immagini che hanno dato una misura della vastità della sua collezione, e della sua capacità di raccontare l’evoluzione recente dell’arte cinese. Si è partiti con gli anni ’70 per arrivare al nuovo Millennio, passando dal Realismo Socialista di Sun Guoqi alle città portatili di Yin Xiuzhen. Non è stato facile, per il collezionista, operare in un contesto politico e culturale come quello della Cina dei primi anni Novanta, con un mercato poco strutturato e uno scarso interesse da parte delle istituzioni internazionali. Per questo Sigg ha iniziato a raccogliere i primi pezzi con l’idea di fornire un quadro enciclopedico della scena artistica cinese, per creare una raccolta che si prestasse a diversi percorsi curatoriali. Quando, nel 1999, il curatore svizzero Harald Szeemann gli ha chiesto di collaborare a una selezionare di artisti da proporre all’interno della Biennale di Venezia, ha preso ufficialmente avvio il processo di diffusione dell’avanguardia cinese in Occidente e lo sviluppo dei primi contatti tra curatori europei e artisti cinesi. La collezione di Sigg ha poi fatto il giro del mondo, tra il 2005 e il 2018, con grandi mostre a Lucerna, in Australia, passando per Hong Kong. La sua circolazione a livello globale ha permesso anche al pubblico occidentale di cogliere i tratti peculiari delle sperimentazioni, sempre sviluppate a partire da una rielaborazione dell’arte tradizionale cinese.
A quest’opera di diffusione, Sigg continua ad accompagnare la capacità di intrecciare rapporti di amicizia con gli artisti, aiutandoli a sviluppare collaborazioni e sinergie per far conoscere i loro lavori.
Francesca Monti