Arte

Le Color Azioni di Sergio Morello

Lui ci ha lasciati, ma rimangono le sue idee per una nuova pittura

Sergio Morello

L’artista Sergio Morello

A ben guardare nell’opera di Sergio Morello, che ci ha lasciato in questi giorni a 88 anni, ci siamo tutti noi. Intendo come persone, perché l’insieme dei suoi lavori, le sue attività, la sua stessa presenza sul piano artistico riguardano il rapporto con noi stessi e il tutt’attorno. E affrontano une serie di domande di bilancio tra passato e futuro. Nato a Mendrisio nel 1937, ha vissuto e lavorato a Chiasso e dintorni. Da questa sua. E nostra prospettiva transfrontaliera, con l’arte ha affrontato in forma nuova argomenti che da spunti locali affrontavano temi universali: il territorio, il passaggio d’epoca, il valore delle cose e della vita, il ruolo dell’arte come messaggio, lo stravolgimento della prassi pittorica tradizionale, la convinzione che l’arte deve intervenire direttamente nei fatti della vita e di questa nostra epoca. Insieme ricordavamo la celebre Gita a Chiasso di Arbasino? «Bastava arrivare fino alla stanga della dogana di Ponte Chiasso, due ore di bicicletta da Milano, e pregare un qualche contrabbandiere di fare un salto alla più vicina drogheria Bernasconi e acquistare, insieme a un Toblerone e a un paio di Muratti col filtro, anche i Manoscritti economico-filosofici di Marx (1844), il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein (1921)». Il pamphlet di Arbasino è del 1963, proprio l’anno in cui Sergio Morello inizia gli studi a Brera. A Milano s’inserisce in una vivace internazionalità (di mezzo c’è anche il ’68, contatti con persone e istituzioni tra cui la Jeune peinture parigina) recando con sé il versante internazionale (Chiasso con i suoi import-export) di un contesto diviso tra tradizione e modernità.

Il Bateau ivre realizzato da Sergio Morello sulla collina di Mezzana e spazzato via dal vento in una notte di bufera

Il Bateau ivre realizzato da Sergio Morello sulla collina di Mezzana e spazzato via dal vento in una notte di bufera

Nei formidabili anni di Brera sviluppa i poliedrici esiti della sua ricerca artistica, opportunamente sintetizzati in periodi tra loro interdipendenti. Tutti collegati dalla persistenza della pittura. Pur nella costante attenzione alle avanguardie, Morello mantiene la centralità della pittura. Anche quando apparentemente se ne stacca. Come quando, tra fine anni ’70 e primi ’2000, avvince e meraviglia con le sue installazioni di Land Art, arte ambientale: dai drappi colorati sventolati dal ponte di Castel San Pietro, 1979, al rembaudiano Bateau ivre, 1982, sulla collina di Mezzana, il Mare in scatola a Locarno, 1984, la Cassa cromatica di Chiasso, 1988, la Ragnatela FFS sempre a Chiasso, 1997, come pure la Color Azione e Corda blu dipinta dal campanile, 2004, oltre ad altri progetti rimasti nell’immaginario collettivo della gente. E poi altre installazioni, realizzate o rimaste allo stadio di progetto, che per Morello sono altrettanti interventi di “pittura ambientale”. Non su tela o su tavola ma proprio pittura nello spazio, nell’aria, cioè nei cuori e nella memoria.

Li preparava con schizzi, grafici, incisioni, pastelli, fotografie e video, che inseriva nelle sue rivoluzionarie Color-Azioni rimaste uniche nella storia dell’arte ticinese, svizzeroitaliana, ed insubrica. Attraverso il contatto con il Nouveau Réalisme dell’amico Pierre Restany era passato dalla pittura accademica a quella sociale e analitica; dalle trasformazioni del colore alle cuciture e ricuciture fino appunto alla Land Art. Con un’insistenza, negli ultimi anni, sulle tavole concavo/convesse con le quali approfondiva le relazioni tra sostanza pittorica, forma e colore. Costante la ricerca sul colore, sempre meno sostanza e sempre più poesia lungo lo sviluppo di successive trasparenze.

Nel 2015 gli abbiamo dedicato (la direttrice Nicoletta Cavadini ed io) una grande antologica allo Spazio Officina di Chiasso: Sergio Morello. Trasformazioni e tensioni tra pittura e performance. Dalle prime alle ultime opere. È emersa intanto la precisa consapevolezza del proprio lavoro, che ha sempre accompagnato con scritti, valutazioni, riflessioni di tipo storico e critico, contatti e corrispondenze tra cui quelle significative con Otto Dix (al quale ha dedicato la tesi di diploma a Brera) e Harald Szeemann. E soprattutto la determinazione a rinnovare, trovare strade nuove per l’arte e la pittura: la luce, il colore, il sole, il dettaglio, l’infinito, i panni colorati che svolazzano liberi. È stato un innovatore, nessuno come lui sul nostro territorio.

Dalmazio Ambrosioni

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