Le società libere e democrazie liberali non vivono mai in un Eden protetto. Non si cullano nell’illusione di un equilibrio perfetto, immune da contraddizioni. Anzi: camminano ogni giorno su un crinale pericoloso, con il baratro sempre a un passo. Libertà, pluralismo, rispetto dei diritti umani e di cittadinanza non sono valori che si conquistano una volta per tutte. Sono invece traguardi fragili, minacciati dall’interno e dall’esterno delle democrazie liberali stesse. Il rischio più insidioso, però, non è quello di una minaccia esterna. I regimi democratici cadono, troppo spesso, per mano di chi ne conosce i meccanismi e li sfrutta per minarle dal di dentro. Dalla sua nascita, il sistema democratico si è sempre trovato a covare i germi della sua possibile distruzione. Ovvero, partiti e movimenti che si sono serviti delle libertà democratiche come di un grimaldello per scardinare il sistema.
La tentazione di correre ai ripari è forte. Basterebbe poco: qualche legge restrittiva, qualche limitazione preventiva, qualche “piccola” deroga ai principi o un “potere speciale” dell’esecutivo a scapito del legislativo … Ma è proprio qui che si nasconde l’inganno. Nel momento in cui una democrazia decidesse di negare le libertà anche ai suoi potenziali becchini avrebbe già imboccato la strada che porta alla sua fine. Sarebbe come un malato che, per paura della morte, si togliesse da solo la vita. Partiti e movimenti autoritari sanno infilarsi nelle pieghe delle istituzioni democratiche. Entrano in scena non come tiranni conclamati, ma come seduttori. Non si presentano gridando la loro vocazione all’autoritarismo, ma vestono i panni di chi vuole “salvare” il popolo. Parlano di giustizia, di ordine, di diritti traditi. Riflettendoci, è un paradosso crudele: le democrazie liberali tollerano chi la combatte.
Accettare in nome del pluralismo le parole di chi il pluralismo lo odia. In questa tolleranza sta la loro grandezza e la loro possibile rovina. Democrazie liberali che spegnessero quelle voci, che imbavagliassero i loro avversari in nome della propria sopravvivenza, cesserebbero di essere tali. Questo non vuol dire che le minacce violente ai sistemi liberaldemocratici non debbano essere esplicitate. E se proprio questa apertura conducesse le democrazie liberali al collasso? Se il veleno che esse tollerano diventasse troppo potente? La risposta, tuttavia, non può essere quella di rinunciare ai principi liberaldemocratici stessi. Non si può accettare di difendere la libertà negandola. Il che non significa restare passivi o ingenui. Al contrario, significa restare sempre vigili. La vigilanza non è repressione, ma attenzione, cura. Significa saper distinguere tra chi chiede giustizia e chi, in nome della giustizia, prepara le catene.
Le democrazie liberali sono fragili, contraddittorie, esposte a mille pericoli. Ma è proprio in queste fragilità che risiede la loro forza. Perché queste democrazie non si basano sulla pretesa di essere certe e infallibili – come invece lo sono le tirannidi o le autocrazie. Il loro coraggio è accettare il rischio. Le democrazie liberali sono sistemi che si affidano alla responsabilità dei cittadini, non a una verità assoluta. Con tutte le loro debolezze, le democrazie hanno un coraggio che le tirannie non comprendono: quello di convivere con il pericolo, pur di rimanere fedeli a se stesse. Di accettare il rischio, sapendo che l’alternativa non sarebbe la sicurezza, ma il buio di un mondo senza libertà. Come equilibriste, le democrazie liberali non possono permettersi di guardare in basso. Devono continuare a camminare sul filo, sapendo che sotto non c’è rete. È una condanna? Forse. Ma è anche la loro più grande vittoria.
Amedeo Gasparini
Le società libere e democrazie liberali non vivono mai in un Eden protetto. Non si cullano nell’illusione di un equilibrio perfetto, immune da contraddizioni. Anzi: camminano ogni giorno su un crinale pericoloso, con il baratro sempre a un passo. Libertà, pluralismo, rispetto dei diritti umani e di cittadinanza non sono valori che si conquistano una volta per tutte. Sono invece traguardi fragili, minacciati dall’interno e dall’esterno delle democrazie liberali stesse. Il rischio più insidioso, però, non è quello di una minaccia esterna. I regimi democratici cadono, troppo spesso, per mano di chi ne conosce i meccanismi e li sfrutta per minarle dal di dentro. Dalla sua nascita, il sistema democratico si è sempre trovato a covare i germi della sua possibile distruzione. Ovvero, partiti e movimenti che si sono serviti delle libertà democratiche come di un grimaldello per scardinare il sistema.
La tentazione di correre ai ripari è forte. Basterebbe poco: qualche legge restrittiva, qualche limitazione preventiva, qualche “piccola” deroga ai principi o un “potere speciale” dell’esecutivo a scapito del legislativo … Ma è proprio qui che si nasconde l’inganno. Nel momento in cui una democrazia decidesse di negare le libertà anche ai suoi potenziali becchini avrebbe già imboccato la strada che porta alla sua fine. Sarebbe come un malato che, per paura della morte, si togliesse da solo la vita. Partiti e movimenti autoritari sanno infilarsi nelle pieghe delle istituzioni democratiche. Entrano in scena non come tiranni conclamati, ma come seduttori. Non si presentano gridando la loro vocazione all’autoritarismo, ma vestono i panni di chi vuole “salvare” il popolo. Parlano di giustizia, di ordine, di diritti traditi. Riflettendoci, è un paradosso crudele: le democrazie liberali tollerano chi la combatte.
Accettare in nome del pluralismo le parole di chi il pluralismo lo odia. In questa tolleranza sta la loro grandezza e la loro possibile rovina. Democrazie liberali che spegnessero quelle voci, che imbavagliassero i loro avversari in nome della propria sopravvivenza, cesserebbero di essere tali. Questo non vuol dire che le minacce violente ai sistemi liberaldemocratici non debbano essere esplicitate. E se proprio questa apertura conducesse le democrazie liberali al collasso? Se il veleno che esse tollerano diventasse troppo potente? La risposta, tuttavia, non può essere quella di rinunciare ai principi liberaldemocratici stessi. Non si può accettare di difendere la libertà negandola. Il che non significa restare passivi o ingenui. Al contrario, significa restare sempre vigili. La vigilanza non è repressione, ma attenzione, cura. Significa saper distinguere tra chi chiede giustizia e chi, in nome della giustizia, prepara le catene.
Le democrazie liberali sono fragili, contraddittorie, esposte a mille pericoli. Ma è proprio in queste fragilità che risiede la loro forza. Perché queste democrazie non si basano sulla pretesa di essere certe e infallibili – come invece lo sono le tirannidi o le autocrazie. Il loro coraggio è accettare il rischio. Le democrazie liberali sono sistemi che si affidano alla responsabilità dei cittadini, non a una verità assoluta. Con tutte le loro debolezze, le democrazie hanno un coraggio che le tirannie non comprendono: quello di convivere con il pericolo, pur di rimanere fedeli a se stesse. Di accettare il rischio, sapendo che l’alternativa non sarebbe la sicurezza, ma il buio di un mondo senza libertà. Come equilibriste, le democrazie liberali non possono permettersi di guardare in basso. Devono continuare a camminare sul filo, sapendo che sotto non c’è rete. È una condanna? Forse. Ma è anche la loro più grande vittoria.
Amedeo Gasparini