Commento

L’egemonia culturale in chiave contemporanea a destra

Gramsci è vivo (Rizzoli 2024) di Alessandro Giuli rivisita il concetto di egemonia culturale dalla prospettiva della destra al potere in Italia. Dalla celebrazione della Costituzione italiana alla vocazione sociale delle arti; dalla critica alla cultura woke al superamento del sovranismo. Ma anche dal ritorno della politica come “fatica dello spirito”, alla ricerca di un nuovo umanesimo digitale e comunitario; dalla missione euro-mediterranea dell’Italia, alla costruzione di una narrativa dinamica dell’identità nazionale. Il volume, troppo sintetico per l’ambizione che si prefigge, mira a elaborare il concetto di nuova destra moderna. Non esiste alcun monopolio del patriottismo, il fascismo è morto e sepolto, scrive Giuli, rifacendosi all’egemonia culturale di Antonio Gramsci. Si domanda: esiste un’egemonia culturale della destra? Invaderà il mondo delle arti con furia cieca, spinta dalla sete di rivalsa e pronta a distruggere tutto ciò che è stato costruito in passato? Discutere di egemonia culturale significa discutere di Gramsci.

Ovverosia, il predominio di un sistema di valori orientato; la narrazione dominante in una determinata società. Nell’Italia postunitaria, era la borghesia a esercitare la propria egemonia culturale. La questione cruciale per Gramsci era come ribaltare gli equilibri delle forze in gioco. In un contesto di lotta rivoluzionaria (e quindi con un’aspirazione totalitaria), ricorda Giuli, si comprende la soluzione indicata da Gramsci per ottenere l’egemonia culturale del proletariato: conquistare con intellettuali organici (o traditori della borghesia) le casematte ideologiche del Paese (giornali, scuola, tribunali). Il riferimento a Gramsci è suggestivo, poiché il governo di destra in Italia ha suscitato paragoni in materia di egemonia culturale con quanto prescritto dal fondatore del PCd’I. La destra al potere – si dice a sinistra – sta occupando la cultura con avidità, bulimia incontrollata, inesperienza nella gestione e incompetenza nella scelta delle persone.

Scrive Gramsci nei Quaderni dal carcere: «Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell’avversario (e talvolta è avversario tutto il pensiero passato) significa appunto essersi liberati dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore, di fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista “critico”, l’unico fecondo nella ricerca scientifica». Secondo Giuli, occorre liberarsi «dalla prigione delle ideologie» e dal «fanatismo ideologico». Il che mette sembra Gramsci in contraddizione con se stesso. Ma è importante registrare il fatto che occorre valutare la comprensione dell’avversario. È ciò che deve fare una destra moderna. Riconoscere che ciò che ci unisce è più importante di ciò che ci divide. Secondo Giuli, questo significa tornare alle basi della nostra democrazia contemporanea, ovverosia alla Costituzione. Anzitutto, il fascismo va condannato senza se e senza ma. «Il giudizio politico sul tragico e nefasto esperimento fascista non si presta a tante sfumature», scrive Giuli.

«È negativo, punto e basta: un altro punto dell’identità nazionale che deve trovarci uniti e concordi e da cui possiamo ripartire. Quando questo giudizio esplicito sarà patrimonio assodato si potrà chiudere definitivamente la porta (o si potrebbe chiuderla, quantomeno) in cumulo di polemiche inutili. Inutili perché superate dalla storia, dai fatti». Oggi si assiste al ripristino di una democrazia basata sul confronto tra progressismo riformista e conservatorismo social-liberale. Ma serve, ed è auspicabile, «una destra liberale nella promozione dell’intrapresa privata e nella promessa di proteggere la libertà di creare ricchezza prima di prefigurarne una redistribuzione più equa. Una destra non rigorista ma rigorosa nel rispetto dei conti pubblici, proprio come la destra storica post-risorgimentale […]. Una destra avanzata, che non si alimenta grazie alla paura ma la combatte con il realismo della volontà […] illuminata dalla convinzione di dover ristabilire il primato della politica».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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