L’ex astronauta tedesco Thomas Reiter, oggi dirigente dell’ESA, l’Agenzia spaziale europea, è stato il relatore di un’interessante serata a Neu-Isenburg, nei pressi di Francoforte sul Meno. Reiter è volato nello spazio due volte: nel 1995 a bordo di una capsula Soyuz TM 22 della missione EUROMIR, con destinazione la stazione spaziale russa MIR, e poi nel 2006 con la missione STS-121 della NASA, a bordo dello Shuttle Discovery, verso la Stazione spaziale internazionale ISS. Complessivamente ha trascorso quasi un anno in orbita – per la precisione, 350 giorni, 4 ore e 55 minuti – eseguendo tre attività extraveicolari (EVA).
Dimostrando notevoli doti di divulgatore, Reiter ha illustrato al folto pubblico le varie attività dell’ESA – di cui anche la Svizzera è membro – e le molte sfide con le quali è oggi confrontata.
L’ESA è attiva in quattro grandi ambiti: la ricerca e l’esplorazione spaziale, i vettori di lancio, le applicazioni delle tecnologie spaziali e la sicurezza nello spazio. Nella sua relazione Reiter si è soffermato in particolare sui due ultimi ambiti.
Fra gli esempi di applicazione delle tecnologie spaziali, Reiter ha descritto un processo di creazione di una speciale lega di titanio, reso possibile sulla Terra solo grazie ai dati raccolti dagli esperimenti effettuati a bordo della ISS. Grazie a tale processo, un’azienda di Aquisgrana è oggi in grado di produrre pale per turbine d’aereo, utilizzate ad esempio nei motori degli Airbus A-380, che pesano meno della metà di quelle prodotte in passato. In questo modo è possibile ridurre sensibilmente il consumo di combustibile a parità di rendimento della turbina. Un altro esempio di ricadute commerciali di tecnologie spaziali è quello di sensori di posizione estremamente precisi, realizzabili solo portando determinati elementi chimici a temperature prossime allo zero assoluto (circa -273 gradi Celsius) in condizioni di microgravità. Sensori di questo tipo sono molto richiesti dai costruttori di satelliti. Come ha osservato Reiter, non senza una punta polemica, prototipi di tali sensori sono attualmente prodotti da un’unica azienda statunitense – sfruttando i dati raccolti da vari esperimenti europei.
Per quel che concerne la sicurezza nello spazio, Thomas Reiter si è soffermato in particolare sui pericoli rappresentati dai detriti spaziali, ossia da tutti gli “scarti” prodotti da una missione spaziale: dalle grandi sezioni dei vettori di lancio non più utilizzate fino alle piccole molle di sicurezza che si sganciano quando un satellite artificiale dispiega i pannelli solari. Le cifre presentate danno un’idea della gravità del problema. Attualmente l’ESA stima che orbitino attorno alla Terra circa 5’400 oggetti di dimensioni superiori ad 1 metro. Se si considerano oggetti di più di 10 cm di diametro, il numero di detriti potenzialmente pericolosi sale a 28’000, mentre gli oggetti in orbita terrestre con un diametro di più di 1 cm sono ben 800’000.
Sempre più spesso l’ESOC, il centro di controllo delle missioni ESA senza equipaggio con sede a Darmstadt, deve far effettuare ai 20 satelliti che gestisce manovre di correzione orbitale per evitare collisioni con detriti spaziali. Il caso più recente, ha spiegato Reiter, si è verificato proprio alcuni giorni fa, quando il satellite per l’osservazione terrestre Aeolos ha dovuto effettuare una manovra di correzione della sua orbita, ad un’altezza di 320 km dalla superficie terrestre, per evitare la collisione con uno dei 60 satelliti Star-Link dell’azienda statunitense Space X, facente capo al miliardario Elon Musk. Questo tipo di manovre, oltre ad essere rischiose – ha concluso Reiter – riducono purtroppo la vita attiva dei satelliti ed è quindi di primaria importanza stabilire regole internazionali vincolanti per la gestione dei detriti spaziali.
Cleto Pescia