Cinema

Lolita e le donne di Teheran

Una scena dal film "Leggere Lolita a Teheran"

Sono trascorsi esattamente settant’anni dalla pubblicazione di Lolita, ritenuto oggi il capolavoro dello scrittore russo Vladimir Nabokov ma che alla sua pubblicazione, in inglese e a Parigi, ebbe sui lettori e sulla società d’allora, un impatto essenzialmente negativo. Mai prima d’allora il tema dell’attrazione pedofila era stato trattato in maniera così esplicita. Mai prima d’allora, uno scrittore aveva scelto un pedofilo come protagonista e voce narrante in un suo libro. In questi ultimi settant’anni, morale sessuale e sensibilità sono molto cambiate e pertanto molto sono cambiate anche le chiavi di lettura di questo testo, che ha conosciuto anche due trasposizioni cinematografiche: la prima nel 1962 da parte di Stanley Kubrick, la seconda nel 1997 firmata da Adrian Lyne. Se allora, l’attenzione del lettore si concentrava soprattutto su Dolores/Lolita – adolescente provocante e seducente, al punto da far diventare Lolita la metafora per descrivere una ragazzina precocemente ammiccante – oggi l’attenzione del lettore moderno si è spostata maggiormente sulla figura di Humbert Humbert, il protagonista maschile e sul rapporto tra i due. Definendo Humbert chiaramente come un pedofilo di cui Lolita cadde preda e la loro relazione come un reato punito dalla legge.

Una premessa doverosa questa, per permettere a chi oggi va a vedere Leggere Lolita a Teheran, il film che Eran Riklis ha tratto dal libro della scrittrice iraniana Azar Nafisi, di comprendere la relazione tra il romanzo di Nabokov e la situazione delle donne iraniane, nel periodo che intercorre dalla cacciata di Mohammad Reza Pahlavi alla presa del potere da parte di Ruhollah Khomeyni e che trasformò il Paese da una monarchia laica e filo-occidentale in una repubblica islamica basata sulla teocrazia sciita. Per le donne questo significò la perdita non solo di tutti i loro diritti, ma addirittura della loro identità. Ed è questo il motivo che spinse la professoressa Azar Nafisi, insegnante di letteratura anglofona all’università di Teheran fino al momento della sua espulsione, a proporre a nove tra le sue migliori allieve di incontrarsi per leggere in assoluta clandestinità, alcuni capolavori della letteratura occidentale. In primis Lolita. Perché Lolita, come le donne dell’Iran, sono state derubate di tutto. Della loro possibilità di scegliere. Di fiorire. Di crescere. Di conoscere. Di potersi esprimere. Di poter avere una voce.

Come Lolita queste donne hanno subìto il saccheggio della loro vita. Come lei sono state considerate un corpo: un corpo di cui impadronirsi. Da gestire e da amministrare. Scoprirlo insieme, nel corso dei loro incontri clandestini del giovedì mattina, ha permesso a queste studentesse di prenderne coscienza e di sperimentare una libertà interiore, mai prima d’ora né vissuta né immaginata.

Una scena dal film "Leggere Lolita a Teheran"

Una scena dal film “Leggere Lolita a Teheran”

Di tutto questo parla il film di Eran Riklis, molto fedele al romanzo di Nafisi, anche se interamente girato a Roma. Protagoniste assolute le donne. Con i loro volti – capelli, mani, occhi, bocche – umiliati dalla informe cappa nera del burqa, che esplodono in una ridda di colori e di individualità non appena se lo sfilano in casa della professoressa. Ciascuna si porta dietro la propria storia di vita e a partire da quella, in quella piccola comunità che si è creata intorno e grazie ai libri – non solo Lolita ma anche Orgoglio e pregiudizio, Emma, Il grande Gatsby, Daisy Miller – inizia a fiorire. Accanto a queste donne, Eran Riklis pone anche alcuni uomini. Mariti, professori, studenti universitari, militanti. Altrettanti profili interessanti che testimoniano come il regime cambia anche gli uomini. Nelle case i mariti, i padri, i fratelli si trovano dilaniati da sentimenti forti: fra l’amore e il sentirsi traditi, tra i precetti religiosi e i loro stessi sentimenti, tra l’obbligo all’obbedienza e l’inespressa ammirazione per le loro donne che contrariamente a loro, osano sfidare il sistema, dimostrandosi più forti di loro. Uomini tutti vittime anche loro di un sistema che li obbliga ad assumere posture che non sono le loro. Imponendo loro l’uso della violenza: quella agìta e quella verbale, parole e comportamenti arroganti, e denigrante, umiliando le loro figlie o chi ha dato loro dei figli.

Mi sembra importante guardare a Leggere Lolita a Teheran non come ad un film sull’Islam o contro l’Islam (non è a partire da questo film che dobbiamo farci un’opinione su quello che è o non è l’Islam!) ma un film contro tutti gli integralismi. Contro chi vuole imporre quello che ritiene essere la sua fede, con la violenza, i soprusi, le discriminazioni. Definendo a partire da essa, quali debbano essere i compiti e i ruoli da assegnare a uomini e donne. Perché la fede “vera” è sempre liberante. Per gli uomini come per le donne.

Corinne Zaugg

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