GIORNO 3
20 giugno 2020, 27 gradi soleggiato.
Spesa della giornata: 5.90 euro + 3.50 bici = 9.40 euro.
Fino a Fener via Castelfranco Montebelluna, 53 km
Al ritorno, dal Ponte della Priula (5.90) la macchinetta per il biglietto non funzionava, come anche l’ascensore per salire al livello dei binari. Salendo in treno ho avvertito il controllore che da lontano, con un cenno, mi ha detto di non preoccuparmi. Non l’ho più visto. Sarà a causa del virus? Visti i disagi frequenti con le ferrovie italiane prendo il bonus come una compensazione.
Quindi da Fener a Ponte della Priula: questa volta ho deciso di andare seguendo la corrente. In pianura non fa differenza scegliere l’itinerario in un senso o nell’altro, ma quando la strada comincia a oscillare, naturalmente preferisco andare in discesa piuttosto che in salita. Inoltre, l’idea originaria era proprio quella di andare dalla sorgente alla foce, che ho dovuto cambiare solo per motivi contingenti. Sono partito da casa alle 11 perché prima non c’erano coincidenze ideali, quindi arrivo a Fener in treno alle 12.45, tra l’altro con 25 minuti di ritardo. Per fortuna non è arrivata la calura altrimenti sarebbe stato controproducente stare in strada nelle ore più calde. Zainetto con acqua e cibo. A Fener ci sarebbe anche un ponte ma decido di restare alla destra del Piave per passare il Montello, luogo paesaggistico e carico di avvenimenti storici legati alla Prima guerra e in particolare alle battaglie del 1918 dopo la rotta di Caporetto. Poi (a parte Vidor quasi all’inizio) non ci saranno più ponti fino alla Priula, luogo di arrivo. Esco dalla stazione di Fener e devo percorrere la strada principale, un po’ trafficata, ma larga abbastanza. A Pederobba lascio sulla mia destra il monumento-ossario ai caduti francesi, alleati degli italiani contro gli austroungarici, della Prima guerra. I caduti sono circa 1000 quasi tutti con nome e cognome. Mi sono però allontanato dal fiume. Cerco di riavvicinarmi, percorrendo il canale Brentella che divide Crocetta da Cornuda, precisamente nel lato cornudense, prima di svoltare per Ciano, ho sulla mia destra un interessante complesso industriale/post-industriale. Si tratta dell’ex-canapificio, dove venivano prodotte corde fin dal 1883. Fuori è esposta una turbina a ricordo della centrale elettrica che alimentava il canapificio proprio grazie all’acqua che scorre. Ora del canapificio è rimasta solo la struttura esterna, che è stata restaurata e che ospita tra le varie attività la Tipoteca: il museo della stampa e del design tipografico, tratta di una delle invenzioni che hanno rivoluzionato il mondo e del mestiere del tipografo da Gutenberg a oggi.
Passo Ciano, ora sono sul Montello, collina non molto alta (tra 130 e 350 metri sul livello del mare) che obbliga il Piave a una curva verso oriente. Famosa per i luoghi storici della Grande Guerra, per i ristorantini tipici e per i “biciclettisti” che possono effettuare a piacimento dei saliscendi non troppo faticosi. Sono le cosiddette prese, cioè delle stradelle che “affettano” in senso longitudinale il colle. Io non attraverso la collina ma la contorno quindi il mio dislivello, andando in questo senso, non supera i 100 metri. Tra la strada e il fiume, che ancora non si vede bene per la vegetazione ci sono piccoli agglomerati di case, ognuno di essi è chiamato “borgo”.
Vedo un’indicazione per il capitello dei Lovi, lascio la strada per un pezzetto sterrato che termina e non continua davanti ad un capitello con resti di pittura che rappresenta apparentemente dei lupi (i lovi). Forse una volta lì c’era un passaggio attraverso il fiume. Ora la possibilità di una veduta su fiume e soprattutto sull’altra sponda: le colline del Prosecco tra Valdobbiadene e in lontananza Conegliano. Ho corso un’ora e un quarto. Mi fermo a mangiare un panino, naturalmente in piedi, panchine neanche a pagarle oro. Devo ritornare alcune centinaia di metri sui miei passi (o sulle mie ruote) per riguadagnare la strada. Comincia qualche piccola salitella, saliscendi. Anche qui vigneti, ma il grosso come detto è di là. Passando vedo il cippo degli arditi. Anche la toponomastica ricorda la guerra. A Santa Croce si potrebbe scendere verso la riva a visitare dei bunker (io ho rinunciato per non fare troppo tardi, il mio è un primo tentativo, una perlustrazione).
Discesona verso Nervesa della Battaglia. Vedo in lontananza l’Ossario militare dei caduti della Prima guerra mondiale.
Ci sarebbero anche il cimitero dei soldati inglesi, il luogo dove ebbe l’incidente aereo e morì l’eroe aviatore Francesco Baracca e altre cose. In centro a Nervesa trovo una riva vicino ad una chiusa che regola il flusso dell’acqua e fa partire il canale artificiale della Vittoria e visto che c’è un muretto dove posso sedermi, faccio una sosta paesaggistico-nutrizionale. C’è gente che prende il sole, alcuni fanno anche il bagno. Vedo la chiusa. Non ha la larghezza del fiume, e solo da una parte. Un tronco d’albero sospeso su un gradone costruito per la chiusa stessa mi riporta ai tempi degli zattieri che dall’alto Piave facevano fluttuare il legno fino alla laguna di Venezia perché la Repubblica avesse legname per le barche e le fondamenta delle case. Questo aspetto è più approfondito nella parte che non ho fatto più a nord.
Dopo la sosta rinfrancante spirito e stomaco, lascio Nervesa all’inizio per poche centinaia di metri la pista ciclabile va lungo il canale Vittoria, poi si può scegliere se restare sul lato della strada principale o attraversare la strada e stare più vicino al fiume. Campagna, poi d’improvviso un cementificio? Vedo su un largo spiazzo tra argine e fiume piramidi di ghiaia e altri materiali da costruzione appartenenti alla fabbrica. Dopo poco sono arrivato a Ponte della Priula, come la seconda tappa, ma questa volta ci arrivo da nord. Attraverso il ponte (anche ciclabile) e vado in stazione.
Ponti visti o passati esistenti:
12 – Il ponte ferroviario di Ponte della Priula
13 – Il ponte stradale di Ponte della Priula
14 – Il ponte di Vidor che porta a Valdobbiadene
15 – Il ponte di Fener.
Chilometri percorsi (approssimativamente): 35-38 circa.
Tempo in bici: 2 ore 45 minuti.
GIORNO 4
24 giugno 2020, 24 gradi, coperto
Spesa della giornata: 8.75 euro + 3.50 bici + 5.90 euro = 18.15 euro.
Fino a Belluno via Castelfranco Montebelluna 101 km, rientro da Fener 53 km.
Zainetto con acqua e pranzo al sacco. La ferrovia Treviso-Feltre-Belluno è stata inaugurata il 10 novembre 1886. In passato ha svolto un ruolo importante per le popolazioni della provincia di Belluno. Finché esisteva la ferrovia delle Dolomiti che portava in treno a Cortina da Calalzo (capolinea anche oggi), c’erano addirittura collegamenti da Milano e Roma, la cosiddetta Freccia delle Dolomiti. Speriamo che il periodo di declino sia finito. Ora la politica delle infrastrutture sta cambiando, sta reinvertendo la rotta, anche se l’Italia è come sempre in ritardo rispetto ai Paesi alpini vicini. Ora si punta sull’ecologia e sui treni più che sulle autostrade come invece è stato fatto negli ultimi decenni. Si sta già lavorando per l’elettrificazione della linea, e si sta ridiscutendo sulle possibilità di costruire nuovi tronconi, per esempio da Feltre a Primolano per congiungersi alla linea Valsugana che raggiunge Trento e la ferrovia del Brennero.
Stavolta sono partito presto, arrivo puntuale alla stazione di Belluno poco dopo le 9 e un quarto; sportelli chiusi ma a me non servono, serve la toilette che è aperta, gratuita e pulitissima. Utilizzo quella per disabili così riesco a portare dentro la bici. Svantaggi di essere da solo. Comunque Belluno non è famosa per la criminalità, però non si sa mai. Adesso se perdessi la bici perderei molto di più che un oggetto. Come annunciato dal meteo in zone montuose non fa bello come in pianura. Dal treno ho visto e attraversato due piccoli affluenti del Piave, uno deve essere il Cordevole. Esco a piedi con la bici a mano e nel parco antistante faccio colazione. Poi attraverso il centro di Belluno prima di scendere a livello del fiume. Passo lo stretto Ponte della Vittoria e comincio lungo la provinciale per Feltre, sinistra del Piave (la destra l’ho passata in treno). Si trovano alcune indicazioni di pista ciclabile, ma non sempre è la pista, in effetti non sempre c’è. Perché la strada buona per le auto non è sempre piacevole in bici. Provo subito una deviazione ciclabile per Rivamaor. Bella campagna, ma dopo poco devo ributtarmi in strada, la pista non continua lungo il fiume, raggiunge il paesetto ma poi bisogna tornare indietro. Troverò altre piccole deviazioni. E nonostante il corso del fiume scenda, il territorio è a saliscendi, comunque vado pian pianino. Salgo verso Limana poi scendo verso Cesa e Pieve. A Trichiana c’è uno dei pochi attraversamenti della val Belluna, un ponte moderno che porta a Sedico e verso Agordo. Io resto a sinistra.
Sicuramente il paese più bello lungo questo percorso è Mel, tra i borghi più belli d’Italia. Vicino ci sarebbe il castello di Zumelle (dovrebbe esserci una birreria) ma sono 4 chilometri di salita e io sto facendo del cicloturismo e non il giro d’Italia. La sosta pranzo la faccio a Lentiai, davanti alla chiesa c’è, udite udite, una panchina. Ho corso da Belluno un’ora e mezza.
Giorno di mercato. Dopo mangiato entro nella chiesa di S. Maria Assunta perché merita: all’interno lavori della bottega di Tiziano e in particolare del cugino Cesare Vecellio. Ma, per l’alta qualità pittorica, nell’immagine del giovane Vescovo Tiziano, c’è la mano del grande pittore. Sul soffitto sono dipinte scene della vita di Gesù. Mi colpisce il taglio dal basso delle nozze di Cana. Dopo mezzora di pausa lascio Lentiai. Finora il fiume appariva poco, si vedeva piuttosto la valle verdeggiante e con buona visibilità si vedrebbero le Dolomiti bellunesi. Ma ora cambia: il Piave, che lascia in disparte Feltre, entra in una specie di gola stretta, dove fiume, strada a sinistra, strada a destra e ferrovia (a destra) sono molto vicini. La ferrovia per raggiungere Feltre si allontana di poco e per poco dal Piave, aggirando un colle. Il mio giro in bici lascia perdere Feltre, ma naturalmente la visita di questa cittadina merita sempre. Inoltre, dal mio percorso, in lontananza, su un colle a due chilometri dalla città si scorge un edificio che consiglio a tutti gli amanti di pittura medievale di visitare. È il santuario dei Santi Vittore e Corona. Nella chiesa si possono ammirare degli affreschi pregevoli delle scuole di Giotto, Tommaso da Modena e Vitale da Bologna. Tra gli altri voglio citare una raffigurazione dell’ultima cena con menu a base di gamberi di fiume, riconoscibili nell’affresco.
Naturalmente questi dettagli non li vedo dalla bici stando lungo il Piave, anche se ho tuttora dieci diottrie. Il santuario l’ho visitato tempo addietro, sempre un ottimo consiglio preso dal libro di Alessandro Marzio Magno. A proposito l’ingresso è gratuito, si può lasciare un’offerta oppure si può acquistare un libretto che parla delle opere; sono rimasti a vivere nel convento “do preti veci”, due vecchi preti, sono le simpatiche parole di uno dei due che risponde al telefono a chi chiede informazioni.
Torniamo in strada. Si diradano naturalmente anche gli insediamenti. Fuori Lentiai, se non si va a Feltre, ci sono solo centri minuscoli. Come Marziai e Caorera. A Caorera fermo, dopo circa 35 minuti da Lentiai. C’è il museo Vincenzo Colognese sulla grande guerra (naturalmente è chiuso, ma riesco a leggere qualche informazione e soprattutto attraverso le vetrate scorgo il pezzo forte: la riproduzione dell’aereo SPAD XIII di Francesco Baracca). Di fronte al museo si trova un passaggio che porta ad una zona attrezzata turisticamente per fare picnic, pallavolo, pesca e balneazione in riva al fiume. Approfitto per lavarmi il viso con l’acqua del fiume sacro. Rinfrescante. Bello anche sentire il rumore dell’acqua da vicino. È mercoledì, quindi sono l’unica persona presente. Riparto, bello vedere che anche in posti così apparentemente desolati ci sono attività commerciali, quali una distilleria. Raggiungo il Ponte di Quero-Vas, in avvicinamento identifico in lontananza sulla sponda destra in alto, il cimitero militare tedesco-austroungarico che avevo visitato in un’altra occasione. Bel luogo con alberi e vegetazione, ma edificio lugubre che non fa dimenticare la tristezza degli avvenimenti. Attraverso il ponte, molto alto, impressionante veduta del fiume. Sulla riva destra continuo fino a destinazione: il paesetto e la stazione di Fener-Valdobbiadene. Da Caorera 45 minuti.
Ponti visti o passati esistenti (dalla foce):
15 – il ponte di Fener (subito dopo la partenza in treno da Fener)
16 – il ponte tra Quero e Segusino
17 – il ponte di Quero-Vas
18 – una passerella pedonale, penso anche ciclabile, poco prima del ponte di Quero-Vas
19 – il ponte di Busche, della strada Lentiai-Feltre
20 – il ponte Trichiana-Sedico
21 – il ponte Bailey a Belluno (che sarà sostituito)
22 – il ponte della Vittoria a Belluno (vicino al quale i resti del “ponte Vecchio” non più esistente)
23 – il ponte Dolomiti a Belluno in direzione nord.
Seguono gli altri del tratto non fatto.
Chilometri percorsi (approssimativamente): 45 circa.
Tempo in bici: 2 ore e 50 min.
Infine, consiglio di visitare l’interessante sito: www.magicoveneto.it
2. Fine
Gianluca Niero