Incontri

L’USI riscopre la figura di Moses Dobruska

Un’identità difficilissima da afferrare, tra occultismo e illuminismo; un libro lasciato quasi come testamento, in una lettera dalle parole intense, al figlio, prima di essere ghigliottinato nel 1794; il tutto in un’epoca di delicatissime transizioni, tra la rivoluzione francese e la Restaurazione. Sono molteplici le coordinate entro le quali si è tentato di inserire e di leggere, nel tempo, il complesso vissuto di Moses Dobruska, tra gli ispiratori, con il suo trattato intitolato Philosophie sociale, della sociologia moderna. Ci provò, nel secolo scorso, niente meno che il grande studioso Gershom Scholem, nel libro intitolato, in traduzione italiana, Le tre vite di Moses Dobruska (2014). Nato in Moravia e di origini ebraiche, a metà della sua esistenza Dobruska si converte al cristianesimo, pur non abbandonano mai del tutto le sue radici. In particolare, secondo Scholem, non avrebbe mai dimenticato di essersi lasciato sedurre dal  sabbatianesimo, una delle dottrine cabalistiche a carattere messianico più importanti della storia ebraica, legata all’idea che Sabbatai Zevi (1626-1676) potesse essere il Messia atteso dal popolo ebraico e poi proseguita nel Settecento – pur condannata come eresia da molte autorità rabbiniche ortodosse – nella figura di Jacob Frank (1726-1791), fondatore del frankismo. Da tali premesse ha preso avvio la ricerca della prof.ssa Silvana Greco, sfociata nel libro – presentato ieri, mercoledì 16 marzo, su invito della Fondazione Goren Monti Ferrari, del Centro Studi Judaica, e dell’Istituto di Studi italiani dell’Università della Svizzera italianaIl sociologo eretico. Moses Dobruska e la sua Philosophie sociale (1793).

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