Intervista

Manzoni, il Gran lombardo dall’anima “ticinese”

Alessandro Manzoni ritratto da Giuseppe Molteni nel 1835.

Studiò al collegio somasco di S. Antonio a Lugano, sotto la guida di Francesco Soave, quand’era adolescente; viaggiò nella Svizzera tedesca, quando aveva ventun anni; un filologo elvetico, Johann Caspar von Orelli, celebrò due anni dopo il suo primo matrimonio, con Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere ginevrino: non sono certo solo queste poche tracce a testimoniare il legame tra Manzoni e la Svizzera italiana, dove pure furono stampate non poche edizioni delle sue opere. Se il Gran lombardo lasciò un’impronta profonda in terra ticinese fu anche perché venne considerato un «maestro d’arte e di vita», come lo definì Francesco Chiesa, rettore del Liceo cantonale di Lugano; una sorta di “padre spirituale”, avendo egli ritratto nei personaggi del suo capolavoro le virtù ideali del popolo ticinese, come ebbe a dire Giuseppe Motta, Presidente della Confederazione.

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