Mostra

Marcello Dudovich: il poeta della Belle Époque

«Il manifesto è un grido tra la folla, deve fermare chi passa, deve tirare per la giacca… Dev’essere il pugno nell’occhio! Il manifesto è la voce dei muri» (Il manifesto, in “Il Pugno nell’Occhio”, n. 1, dicembre 1927)

 

Del grande illustratore e cartellonista di origini triestine Marcello Dudovich è noto il suo ruolo di innovatore assoluto nella storia del manifesto, meno indagata, invece, è stata la sua passione per la fotografia e l’importanza che essa rivestì nell’elaborato processo creativo atto alla realizzazione dei suoi iconici e inconfondibili manifesti. Volta ad approfondire questo aspetto è la mostra Marcello Dudovich (1878-1962). Fotografia fra arte e passione, curata dallo storico dell’arte Roberto Curci e la direttrice del m.a.x. museo Nicoletta Ossanna Cavadini, e aperta al pubblico dal 29 settembre 2019 al 16 febbraio 2020.

 

M. Dudovich, Donna vestita di bianco, c. 1920-1930. Collezione privata, Trieste.

L’esposizione con sede al m.a.x. museo di Chiasso, inserendosi nella Kermesse culturale della Biennale dell’immagine, che caratterizza da oltre un ventennio la ricerca sulla fotografia e sulle arti visive contemporanee, non poteva avere una sede più naturale.

Il materiale espositivo riunisce più di duecento fotografie inedite (ammontano a 1200 quelle visibili tramite dei monitor), provenienti da collezioni pubbliche e private, talvolta accostate a schizzi e bozzetti acquarellati, imponenti e splendidi manifesti (iconici quelli per i Magazzini Mele, Borsalino, La Rinascente, Campari e Martini), oltre a un ricco apparato iconografico e documentario, quali lettere autografe dell’artista, cartoline e copertine di riviste, fra cui “La Lettura”, “Ars et Labor”, “La Donna”, “Il Secolo XX” e “Simplicissimus”.

Il visitatore, grazie all’accurata ricerca dei curatori, e all’ordinata esposizione delle opere, si rende subito conto dell’importanza che l’immagine fotografica ha nel processo artistico di Dudovich: la fotografia è il punto di partenza, segue uno schizzo, un bozzetto acquerellato, e infine l’opera definitiva, che si configura talvolta in un’illustrazione per una rivista, talaltra per i manifesti.

 

M. Dudovich, 
La Rinascente. Dal 15 Febbraio Vendita del Bianco
, 1922-1926. 
Edizioni Star – Milano 
Museo Nazionale Collezione Salce, Treviso.

Roberto Curci, nel saggio introduttivo del catalogo della mostra (Skira, 2019), sottolinea che Dudovich era solito immortalare nei suoi scatti attrici, cantanti, anonime ragazze che frequentarono il suo studio, soubrette famose, tra le quali, Gea della Garisenda, Maria Melato, Nella Regini, Ines Lidelba… Ma soprattutto, rivela, amava fotografare se stesso: non certo in pose banali, bensì dove appariva «con impeccabile aplomb e, talora, con chiara attitudine dandystica».

Dallo scatto fotografico, riprendendo le parole di Nicoletta Ossana Cavadini, che dedica all’argomento un approfondito contribuito, l’artista riesce a creare delle immagini dove raggiunge «un raffinato equilibrio fra ironia, sottintesi galanti e forme sinuose rese da tratti fluenti e stesure cromatiche».

La fotografia non solo rappresenta per Dudovich un mezzo personale di espressione, ma anche «una fonte di documentazione al servizio del cinema», con cui condivide – ad evidenziarlo è questa volta Elena Mosconi – «la base di registrazione meccanica della realtà».

 

 

M. Dudovich, Modella in posa riflessa nello specchio, c. 1950. 
Collezione privata Salvatore Galati, da cui provengono ben 905 fotografie delle 1200 in mostra.

Il cartellonista triestino fu un grande illustratore e un abile comunicatore: fu infatti capace di creare «vere e proprie sintesi formali, di cifra qualitativamente assai alta, realizzate sotto l’urgente spinta di una comunicazione pregnante ma veloce», nota Giovanna Mori, non prima di aver sottolineato che la grafica cartellonistica era il principale mezzo di comunicazione e marketing, prima del prorompente avvento della televisione.

Chiude l’interessante e dettagliato catalogo – su cui sono riprodotte trecento immagini provenienti da rinomate collezioni pubbliche e private – il saggio di Daniele Pacchiana su Leopoldo Metlicovitz, cartellonista, pittore e illustratore triestino delle Officine Grafiche Ricordi di Milano, che fu amico e “maestro” di Dudovich.

 

 

M. Dudovich, Nella Regini in abito da scena con piume e svolazzi, c. 1920-1925. Cromolitografia su carta. Museo Nazionale Collezione Salce, Treviso.

La preziosa mostra del m.a.x. museo, sulla scia tematica del vicinissimo Cinema Teatro, oltrepasserà i confini della Svizzera: l’allestimento sarà accolto nelle Scuderie del Castello di Miramare di Trieste (che organizzerà, inoltre, un focus sul megaletoscopio di Massimiliano d’Asburgo, creato nel 1861 da Carlo Ponti – di origini ticinesi – per visualizzare le immagini fotografiche), mentre una sezione della mostra, sarà ospitata nel Museo di Villa Bernasconi di Cernobbio, ove saranno esposti otto manifesti dell’artista, in contemporanea alla mostra di Chiasso. Naturalmente, la scelta di estendere la mostra a Cernobbio e Trieste è tutt’altro che casuale.  Trieste, patria di Dudovich e Metlicovitz,  Cernobbio e Villa Bernasconi, frequentata da molti esponenti dell’intellighenzia lombarda del tempo, come l’editore e compositore Giulio Ricordi, grande amico di Marcello Dudovich, ben si prestavano a questo inedito allestimento.

Lucrezia Greppi

 

Clicca qui per leggere l’intervista al collezionista Salvatore Galati.

 

 

In cima