Tutti conoscono Disentis. Scendi con la posta dal Lucomagno, la valle è impervia, meno dolce e boscosa della parte ticinese, poi all’improvviso all’orizzonte appare, dopo una curva in galleria, la bianca abbazia. È l’Arca bianca, dal titolo di un libro appena pubblicato che la presenta in tutti i dettagli. Costruzione barocca già magnifica di suo, è ancor più affascinante oggi che si stanno concludendo i lunghi lavori di restauro. Non sfugge ad esempio la cura con cui sono stati ricostruiti gli accessi con pavimentazione in cubotti di granito mirabilmente disposti. Sull’abbazia non mi azzardo a fornire particolari: internet è ricchissimo di informazioni. Oppure il libro appena citato. Solo una informazione merita di essere fornita da parte di chi scrive. È possibile dormire all’interno in una camera doppia, con vista spettacolare sulla valle che porta al Lucomagno. Le camere profumano di legno, sono ampie e confortevoli. L’architetto non ha lesinato sforzi per valorizzare questi spazi. Prima di accedere emozionati al locale in cui passerete la notte, camminerete nel corridoio di dimensioni extralarge, carico di secoli. I grandi spazi e il silenzio diffuso invitano alla riflessione. Non costa poco, sono 160 franchi a notte, ma dormire percependo nel buio solo i rintocchi della campana dell’abbazia è un investimento che ha una propria ragion d’essere.
Detto dell’abbazia la località non offre molto. È uno snodo di passaggio. Immette a due passi importanti: l’Oberalp e il Lucomagno. Ma soprattutto da Disentis transita il trenino rosso che ha fama planetaria, il Glacier Express, che collega San Moritz con Zermatt. Anche senza avere mete così ambiziose, i vagoni rossi sono irrinunciabili. È un’emozione concedersi anche un breve tratto su questo mezzo di trasporto che è entrato nel patrimonio Unesco. Non è neppure importante la meta, quel che conta è salirci, mettersi al finestrino tanto più che ci sono nuovissime carrozze panoramiche che aprono ad una vista ineguagliabile. La salita verso il passo dell’Oberalp e la relativa discesa ad Andermatt permettono di gustare paesaggi unici. Andata e ritorno senza quasi la necessità di una sosta. Tra le mete che mi permetto di consigliare Segnas, paese meravigliosamente conservato. Ha avuto la fortuna di non essere attraversato dalla strada. La stazioncina è appena sotto, è una fermata a richiesta. Impossibile sbagliare l’itinerario. Il nucleo con le splendide case in legno è sempre nitidamente in bella vista. Un piano regolatore esemplare ha impedito il nascere di nuove costruzioni che avrebbero intaccato l’incanto di questa visione d’assieme. Non c’è albergo a Segnas, purtroppo, ma solo alcuni appartamenti di vacanza. Questo nucleo appartiene alla gente del posto! Non vi sfuggirà la presenza di aziende agricole con certificazione bio. Un’azienda a conduzione familiare istallata nel nucleo, Siam, lavora la carne secca. Difficile sfuggire alla tentazione di un acquisto. Su questo tessuto abitativo vecchio di secoli si innestano ristrutturazioni sontuose, da copertina per riviste di architettura. Inutile aggiungere che stalle e fienili abbondano e mucche felici fanno buona compagnia. Dimenticavo, non ha alberghi Segnas, ma un piccolo ristorante, Ustaria Cresta. Non provato, ma potrebbe meritare una sosta. Ultimo dettaglio significativo: Segnas si trova sulla via pedonale che unisce Sedrum a Disentis. Non percorsa da chi scrive, ma certamente il desiderio si è manifestato allorché si sono scoperti i cartelli indicatori di tracciato. Dovrebbe essere itinerario lungo e dolce per gustare il paesaggio senza particolari fatiche! Presumo sia spettacolare da percorrere in inverno, con la neve attorno. Sicuramente sarà battuto perché è sostanzialmente in più punti una strada agricola. È una parte del tracciato della Senda Sursilvana, il tragitto che trovate perfettamente presentato, con irresistibile seduzione, su www.schweizmobil.ch. La tappa Sedrun-Sumvigt sarà la prima scelta!
A Sumvigt tornerei con piacere perché in estate sono stato abbacinato da una perla archittettonica. Qui si trova un edificio finito sui libri di architettura: la cappella di Sogn Benedetg progettata dall’architetto Peter Zumthor. È minuscola, in legno, parte esterna tonda a forma ellittica ricoperta di scandole, con campanile speciale che scoprirete. Ci staranno una ventina di persone sui banchi chiari. Colpisce la luce che entra dall’alto con le tonalità cromatiche che cambiano in continuazione. Si resta incantati. Ma tutto il nucleo di San Benedetto è delizioso. Questa piccola comunità offre non poche sorprese: dal cascharia cioè il vecchio caseificio agli orti fioriti di mille colori alla lavanderia-macelleria che una volta erano nello stesso stabile, all’ingresso principesco per il gatto nella casa del centro, gioiellino di falegnameria familiare. Insomma, è un piacere passeggiare qui a San Benedetto. Anche perché vi è un dettaglio non trascurabile: se siete arrivati in trenino sappiate che ci saranno quattrocento metri di dislivello prima di raggiungere la cappella di Zumthor, un’oretta buona di salita continua che affatica i fisici meno atletici. Ma nella vita ciò che vale bisogna conquistarselo. E quando finalmente dalla stazioncina mettete piede nella cappella vi sentite sereni. Capite di aver impiegato nel modo migliore il vostro tempo. Avete faticato, avete ricevuto un premio magnifico.
A proposito di cappelle ve ne è una deliziosa che si raggiunge comodamente con una gradevole passeggiata dall’abbazia. Di fronte all’entrata principale vi è una stradella pedonale con l’indicazione di “sentiero dei pianeti” che seguirete fiduciosi sempre salendo leggermente. A poco a poco uscirete dal centro, transiterete dietro case con giardini invitanti, qualche fontana è sempre a disposizione per rinfrescarsi se il caso lo richiede, arriverete a un complesso edilizio di notevoli dimensioni con appartamenti di vacanza, poi la stazione di partenza di una funivia che porta non so dove appena sopra la nuovissima sede della Coop. La cappella bianca è come se vi aspettasse su un poggio, e vi sussurrasse di salire da lei. Un’ultima rampetta e ve la gustate a pieni polmoni, anche grazie a una panchina rossa su cui contemplare panorama entusiasmante. È la cappella di Acletta di cui si legge all’entrata in romancio il “passaporto” che pertanto merita di essere trascritto integralmente:
“Baselgia eregida 1670, Baselgia consecrada 1672, Renovada e messa sut protecziun dalla confederaziun 1988”. Precisazione liturgica: Baselgia cun tabernachel, Caplutta senza tabernachel. Sono cappelle, se dotate di tabernacolo baselgias, se sprovviste claputtas. Vi è un itinerario che le collega tutte e l’ho scoperto a colazione perché nell’albergo mi è stata data una tovaglietta in carta con queste preziose indicazioni su Senda da Baselgias e Capluttas da Mustér. Fatevene regalare una copia! Io l’ho ricevuta all’albergo Alpsu! Alla fine del soggiorno, tranquillamente a casa a rivivere i posti sull’applicazione swiss mobile ho scoperto che da Acletta si può raggiungere tranquillamente Segnas con percorso tra i prati mantenendo la quota. Sono vicinissimi. Sarà per la prossima volta anche in questo caso!
Poche fermate del trenino più in giù, vi è la località di Trun, dove nessuno sosterebbe. Invece scendere ha una logica perché vi è un museo etnografico da non trascurare. www.museum-trun.ch. L’antico palazzo che lo ospita è di grande pregio. L’edificio barocco costruito tra il 1674 e il 1679 fungeva da residenza estiva degli abati di Disentis e al contempo da municipio della lega Grigia che dette poi origine al Canton Grigioni. Tra le stanze sfarzose, ammirerete la sala degli stemmi. In questo periodo sono esposti i lavori di Alois Cariget (1902-1985), originario di Trun, celebre illustratore di libri per ragazzi. Molte sue tavole sono esposte oltre ad altre opere significative. Non dimenticate di controllare accuratamente orari e giorni di apertura. Non si può essere sempre fortunati come chi scrive che si è presentato il giorno errato ma ha avuto la buona sorte di incrociare la conservatrice che era presente per lavori amministrativi e quindi ha concesso una mezzora di visita fuori orario!
Dimenticavo: sursilvane nel titolo si ricollega ad una varietà di romancio che si parla nella regione tra la sorgente sull’Oberalp e le gole del Reno tra Ilanz e Reichenau, un paesaggio unico che è stato definito lo “Swiss Grand Canyon”. Molto meglio il termine romancio: Ruinaulta.
(1. Continua)