Se non uso il tappo, forse verserò il vino. Ma se invece lo uso? Jack Kerouac
Quali i valori della italianità? Ne hanno parlato Remigio Ratti, Valerio Pini e Sandro Cattacin al Circolo cultura insieme di Chiasso presentati dal presidente Flavio Cometta. Sandro Cattacin, direttore dell’Istituto di ricerche sociologiche all’Uni di Ginevra ha coordinato una ricerca sulle persone che hanno amore per l’italiano in Svizzera e vivono al di là delle Alpi. Ebbene, ha detto, spesso l’italiano lo si trova dove non si cerca. Reperti ve ne sono nell’archeologia delle città, come a Zurigo, Basilea, Ginevra. Una fierezza dei nomi che appare d’improvviso e che magari contamina la lingua locale. Come a Zurigo le ticchetterie, dove si comprano i biglietti del tram. O nei nomi dei locali. Insomma, una lezione d’italiano ‘on the road’. Come s’impara una lingua? Prima si apprende come un dialetto di casa, poi si formalizza, infine si aggiunge e si dimentica. Per esempio, lo svizzero tedesco a Zurigo oggi ha un accento kossovaro, come quello della Germania ha un’assonanza turca, o il francese cadenze arabe col rap? Così ovunque. Per esempio, in Africa il cinese potrebbe diventare il passe-partout perché non ha le radici colonizzatrici dell’inglese o del francese. Non dimentichiamo, nota Cattacin, che oggi la società è liquida, non nel senso che è acqua, ma che evapora: difficile trovare qualcosa che resti stabile, vedi l’aumento della volatilità del voto. La società si vaporizza. Poi vi sono specificità del singolo luogo. A Ginevra, ogni anno il 20% della popolazione cambia ogni anno. Fra tre anni sarà un’altra città. In questo senso assomiglia più a Londra o New York che a Berna. Oggi lo stato nazione dice relativamente poco anche se la conoscenza delle lingue è un ottimo ascensore sociale. La gente resta mobile, pur se il ceto medio che non si muove vota sempre più contro la società che si muove perché si trovano ad essere imprigionati in un sandwich. Valerio Pini, segretario della deputazione ticinese alle Camere federali, nella sua preziosa e accurata esposizione ha illustrato gli esordi dell’italiano in Svizzera che oggi ha uno statuto equipollente rispetto alle altre lingue, ma costato tanta fatica e conquiste da quando nel 1848 nacque lo Stato federale, passando dalle rivendicazioni ticinesi del 1925 e 1938. Remigio Ratti infine, che presiede il gruppo Coscienza Svizzera, ha ricordato come ogni lingua è minoritaria. Lo è il tedesco in Europa. Lo potrà magari divenire l’inglese nel mondo tra qualche anno. Dunque, la difesa e l’arroccamento scegliendo una lingua franca per gli scambi non è alternativa praticabile, rappresenta solo cadere nella trappola della territorialità. Soluzione è invece il pluri-culturalismo e le nuove territorialità nella capacità di vedere il mondo nella sua globalità e particolarità. In tal senso l’italiano nel mondo evolve solo cogliendo nuove prossimità. Il modo di sentire italiano, la cultura, la moda, la poesia, la civiltà italiana, la gastronomia valgono nel mondo una presenza di 250 milioni di persone, molto più dei 60 milioni che vivono nella Penisola. Significa far rete in una realtà multipla, cogliendo la centralità del pensiero nella sfida della globalità.
Corrado Bianchi Porro