Nicoletta Noi-Togni, sindaca e deputata: una determinata a oltranza
È appena stata confermata alla guida del Comune di San Vittore, nella Bassa Mesolcina. Laureata in Filosofia, si è imposta anche il Master. Coltiva molteplicità di interessi, ha passione per la terra delle sue radici, dove ha avviato molti progetti. Obiettivo permanente: la salvaguardia della dimensione umana.
Non si può dire che le manchino determinazione e interessi. Nicoletta Noi-Togni ha ben chiaro ciò che vuole, anzi le è sempre stato chiaro, fin dalla giovinezza. Battagliera subito sul posto di lavoro, in nome di ciò che riteneva giusto e da rivendicare nell’Ospedale di Coira, dove lavorava e “sentiva” certe cause. Ha anche pagato per questa difesa dei diritti e delle idee, ma non si è piegata. Poi, il tempo, che è galantuomo, le ha reso ragione. E queste sono soddisfazioni e consolidano la saldezza di cui è già dotata per carattere. In più ha, come effetto collaterale, le si è accesa la passione per la politica e non è un risultato da poco in un’epoca segnata dal disimpegno e dalla ritrosia di fronte all’assunzione di responsabilità. Ad esempio per il proprio Comune, innanzi tutto, e naturalmente per il suo Cantone: quindi eccola alla guida di San Vittore e in Gran Consiglio a Coira.
Mettiamo nella sua giornata – stemperati nelle varie stagioni della vita – il percorso formativo, la realizzazione come donna, moglie e madre di due figli, ora nonna; una laurea in filosofia, dove ancora sta salendo la scala verso il master, e, tanto per gradire e non farsi mancare niente, anche il piacere della scrittura. Firma interventi sui giornali, dicendo senza perifrasi quello che pensa, e affianca libri: ne ha già fatti due ed ha già in mente altre cose. La giornata, anche per lei, è fatta di 24 ore, durante le quali ama anche fare quei passaggi che rendono bella e piacevole la vita: la meraviglia della contemplazione della natura, gli incontri con i figli, le nuore e i nipoti, lo stare con gli amici e conversare su tutto ciò che accade attorno a noi, privilegiando sempre la gioia della frequentazione, il confronto che si traduce in arricchimento del proprio bagaglio interiore, la crescita di quel valore preziosissimo che si chiama umanità. Nicoletta Noi-Togni è appena stata confermata sindaco di San Vittore per il quadriennio 2021-2024. L’elezione tacita è come una medaglia: cominciando dal rovescio, ha un sapore per certi versi passivi, perché manca quel sano agonismo che caratterizza una corsa, dove ci si sfida e chi arriva prima vince. Ma c’è anche un “dritto” significativo e questo ha l’effigie della stima, del riconoscimento, della fiducia che i cittadini nutrono per lei, suffragata senza bisogno di esprimere la preferenza su una scheda (San Vittore è un Comune con 860 abitanti, di questi 567 hanno diritto di voto).
In questa lunga intervista, Nicoletta ha accettato di raccontarsi, di confidarsi, di viaggiare dentro se stessa. È venuto fuori il ritratto della persona che è, con un entusiasmo e una carica vitale da invidiarle. Felicitazione e auguri sono un rito obbligato, ma con lei è del tutto superfluo. Possiede grinta da vendere! Buon vento!
La Politica, una passione nata in famiglia e sviluppata sul lavoro
Confermata alla carica di sindaco tacitamente: una bella dimostrazione di fiducia… Se l’aspettava?
Lo prevedevo sì, è infatti raro che il sindaco in carica non venga riconfermato. Perlomeno agli uomini (sono in maggioranza) non succede quasi mai. Inoltre abbiamo avviato molti progetti in questa legislatura, certi non ancora a termine. Chi avrebbe voluto fare tanto lavoro e ricevere tante critiche?
Che cosa le ha insegnato l’esperienza alla guida di un Comune?
Moltissimo, in quattro anni quasi quanto tutti gli anni precedenti.
Diversa dal Legislativo (conoscevo solo quello) la concretezza dei temi e la grande responsabilità delle decisioni.
Da dove le è venuto l’interesse, che si traduce in passione, per la “cosa pubblica”?
Inconsciamente devo averla assorbita dall’ambiente familiare fatto di politici. Ciò che però mi ha “gettata” nella politica (secondo l’heideggeriano “gettato nel mondo”) è stato un fatto di ingiustizia nell’Istituzione dove lavoravo all’Ospedale femminile di Coira. La mia critica provocava grandi cambiamenti all’Ospedale ed anche licenziamenti (primario, capo levatrice), io ed altre infermiere venivamo però licenziate e poi riabilitate (moralmente) nel 1997. Nella lotta per l’Ospedale perdevo anche il seggio in Gran Consiglio. Queste esperienze mi hanno portato alla passione per la lotta politica nei confronti di ciò che è ingiusto.
Quanto le giova la sua laurea in filosofia , sia come donna sia come sindaco?
Per lei personalmente che cos’è e come vede la politica dall’osservatorio di un paese di montagna?
Moltissimo, questa laurea è una delle cose più importanti che ho. Mi giova non tanto come donna (la filosofia come tale non ha genere anche se è stata fatta quasi tutta dagli uomini!!), ma certamente come politica. Attingo dalla filosofia per le mie decisioni politiche e per i messaggi che trasmetto alla comunità. Davanti ad una (due) tazza di caffè il mattino, guardando la mia montagna e il mio cielo preferiti, interseco la filosofia ai progetti del giorno e magari anche la sera (per modo di dire) prima di andare a letto, le chiedo consiglio. Dal mio Osservatorio di montagna, semi tradizionale, semi moderno, legato più che altro al piccolo e non protetto dalla diceria, constato che le idee ampie e differenziate fanno fatica a trovare posto. Il territorio è ancora molto segnato dalle lotte tra famiglie, da antichi rancori, da pregiudizi che si rincorrono. La risorsa è tutta nelle persone vicine, nella vicinanza e nel sostegno di un confortante numero di abitanti, nella bellezza del contesto, nei preziosi oggetti culturali e nella volontà di certuni di migliorare, di progredire anche nei valori immateriali.
“Ho cercato di essere vicina alle persone in isolamento con una lettera settimanale”
Quali sono i cambiamenti più marcati che rileva nei comportamenti e nella partecipazione dall’interno di un piccolo Comune?
All’inizio del mio mandato c’era molto entusiasmo. Le mie colleghe ed io raggiungevamo le persone ed “incassavamo” successi, riuscendo a realizzare cose importanti. Poi, nella micro-quotidianità le cose un po’ si appannavano. Cominciavamo ad avere nelle Assemblee persone che con ostentazione ci contrastavano. Cominciavano critiche in paese, veicolate da poche persone, lettere anonime e capivo che essere donne non era come essere uomini. Ma come? Stavamo mettendocela tutta, eppure sentivamo critiche che non avevano mai ricevuto prima i Municipi di soli uomini, anche se non si erano dati da fare come noi? Strano però che le Assemblee continuassero ad essere ben frequentate mentre quelle di prima a malapena convogliavano 12 persone in sala. Quindi partecipazione politica sì, partecipazione per i progetti (per esempio nuova scuola) no. Naturalmente evenienze come la pandemia e i cambiamenti di persone in seno al Municipio non hanno migliorato le cose. Ho cercato di essere vicina alle persone nel tempo dell’isolamento facendo arrivare nelle case una lettera a settimana. Per il rinnovo dei poteri comunali ci sono state poche candidature. Quindi niente lotte, ma anche niente successo. Una riconferma passiva non è la stessa cosa. Forse per questo io rimango e raccolgo la sfida. Amo le sfide.
Qual è il lato più difficile nell’esercizio del suo ruolo?
L’essere capita. Le persone e gli ingranaggi che non ti lasciano proseguire e realizzare idee buone, progetti validi. L’Assemblea comunale che amavo, si è rivelata una grande palla al piede nell’azione concreta. Doveva essere quel posto in cui ricevere sostegno, critica costruttiva, consiglio e benevolenza. Magari anche gratitudine dato che si lavora in volontariato…
Come riesce a conciliare i molti impegni ai quali è chiamata come donna, madre, professionista, amministratrice pubblica?
Purtroppo come donna e madre non è che faccia molto. I miei figli vivono a Coira e Zurigo. Come donna mi occupo certo delle tematiche legate alla parità (parità di valore per me) donna-uomo. Il mio impegno si rivolge veramente tutto alla politica, in questo momento a quella soprattutto pratica, ed allo scrivere. “Professionista” e “amministrare” sono parole un po’ critiche per me. Concetti freddi. Un Municipio non sarà realmente mai un organo investito di professionalità, ma sarà sempre un organo di milizia e farà quindi un lavoro di milizia. Ciò che non esclude il buon lavoro, l’attenzione e l’accuratezza che si devono alla cosa pubblica ed alla comunità. E proprio qui nasce il mio problema con l’amministrare. Il fatto è che io non ritengo che un Municipio debba essere visto in funzione dell’amministrare, ma molto più quale interlocutore, creatore di cose belle, utili, vicino alla comunità e partecipante alle gioie e ai dolori della stessa.
“Non esistono per me giornate tipo. Prioritario il dialogo con la comunità”
Vuol abbozzare la sua giornata tipo a San Vittore?
Ho paura che non esistano giornate tipo per me. Seguo l’onda e le necessità e mi divido tra riunioni (comunali, regionali, cantonali), tra appuntamenti, esami di documenti, richieste e telefonate. Devo molte volte reagire agli impulsi che mi giungono sia dall’amministrazione, sia dai cittadini che dai colleghi. Redigo prese di posizione per il Comune, preparo sedute e se possibile le Assemblee. E scrivo. Le cose belle, spontanee, che vengono da dentro. Di notte.
Il suo programma per il prossimo quadriennio che cosa prevede?
Intanto sto facendo un bilancio su quanto fatto (non è poco) dal Municipio in questi quattro anni. Diversi progetti devono essere completati. Il mio obiettivo è di portarli a termine. Più di tutto però mi interessa riavvicinarmi alla popolazione. Risento molto del fatto che il virus ed una certa manipolazione all’interno della comunità abbiano creato un vuoto, un distacco che le mie colleghe ed io stavamo riuscendo a colmare dopo anni appunto di sola amministrazione a San Vittore.
La realizzazione che più le sta a cuore?
Come dicevo la prima cosa da realizzare è il dialogo con la comunità. Tutti i progetti che abbiamo sono molto importanti a partire dalla nuova scuola, dall’area di svago vicino alle golene, dal comparto adiacente alla vecchia stazione che abbiamo conservato. Un grande sogno sarebbe l’accesso alla torre medievale di Pala, una presenza del 1200 che appartiene alla storia del Comune di San Vittore. Ci sono anche motivi di incontri importanti: la nostra piccola comunità comprende al suo interno personalità interessanti quali storici, scrittori, studiosi di parecchie discipline. Insomma ci sarebbe tutto un mondo di cose belle da realizzare.
Chi sono le persone che più hanno contato e contano nella sua vita?
Quelle che hanno contato sono molte. Mia madre prima di tutte, mio padre. A loro devo moltissimo. Nella vita al primo posto certamente i miei figli e le loro famiglie. Certo c’è un contare lontano e c’è un contare vicino. Le amiche e gli amici – nel vicino – contano molto. Sono loro che ti spingono a continuare quando vorresti forse tirare i remi in barca o che ti addolciscono certe pillole amare. Contano molto per me anche gli abitanti del mio Comune. Senza dimenticare quelli del Circolo di Roveredo che mi hanno dato una delle più grandi gioie della mia vita con l’elezione in Gran Consiglio. Una grande storia questa che devo scrivere e dove c’entra anche il soprannaturale.
“Un cielo stellato per tutte le cose e per i sentimenti belli della vita”
Che cosa non le va del vivere d’oggi?
Non posso dire che non mi vada qualcosa veramente. Detesto la superficialità e il non sapere fare le differenze. Ancora di più odio l’ingiustizia. Non mi piace quel tipo di individualismo che fa dimenticare la comunità, fa dimenticare l’altro. Un’esperienza da sindaca che avrei preferito non fare è quella del male nell’uomo. Quella forma di male per partito preso, senza motivo che credevo veramente non esistesse. Oggi so che esiste.
E che cosa invece le piace?
Tutti coloro che ti guardano con un sorriso, non ti giudicano a priori, ti concedono il loro tempo e la loro bontà. Vorrei riuscire a poter dire con Kant (anche se non proprio nel senso di Kant) “Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Nella mia personale traduzione: Il cielo stellato sta per tutte le cose e i sentimenti belli della vita, la legge morale sta per il sapere di aver fatto, o perlomeno di aver cercato di fare le cose giuste ed oneste nella vita.
La sua idea di felicità?
Dovremmo definire prima cos’è la felicità. È uno stato d’animo? Certo non è uno stato costante, non ha un suo continuo. Quindi in questo modo non c’è. Ci sono i momenti di felicità. Anche intatta, vera, grande. Per me è collegata ad un fine. Ed è quel momento fantastico nel quale raggiungi quel che hai desiderato, quello per cui hai forse lottato. Non so bene quanto di cognitivo ci sia in questo sentire. So però che ad un certo momento il cognitivo scompare, senti solo la felicità come estasi, sei arrivata in un compiuto che rimarrà perlomeno nella memoria. Non so fino a che punto c’entri veramente il cognitivo. È vero tuttavia che quei momenti di vera, perfetta felicità restano, forse proprio tramite il sentimento, nella mente. Guardando indietro li vedi. Non necessariamente implicano uno sforzo: può anche essere contemplare un tramonto. Certamente c’entrano i sensi. A differenza di Aristotele vedo la felicità quale momento attivo, non passivo e definito dall’etica dell’aver fatto il giusto. Credo che la serenità, la pace, la tranquillità non siano la felicità. Ma forse mi sbaglio. Quando alla mia tavola siedono i miei figli e le loro famiglie sento la felicità. Li guardo e il cuore si riempie di felicità. Poi se ne vanno, ma il ricordo ha perlomeno il sapore della felicità.
Giuseppe Zois
Un’intensa vita su più fronti
Nicoletta Noi-Togni è nata a San Vittore il 29 agosto del 1940 ed ivi cresciuta, dopo una formazione infermieristica e di pedagogia, e dopo diversi soggiorni nella Svizzera tedesca, trascorre trent’anni a Coira, lavorando nelle scuole infermieristiche della capitale, di Ilanz e di Zurigo.
Entra a far parte del Parlamento retico nell’anno 1987 e vi rimane, con un’interruzione di sei anni, fino a tuttora. Dal 1997 risiede nuovamente a San Vittore dove, oltre a ricoprire la carica di deputata in Gran Consiglio per il Circolo di Roveredo, assume altri mandati politici a livello regionale e diventa, a inizio 2017, sindaca del Comune di San Vittore, rieletta nel 2020 per la legislatura 2021-2024.
Da 11 anni è presidente della Scuola di Musica del Moesano, da 14 cofondatrice del Grottino filosofico e presidente dell’Associazione bambini senza mondo. Nel 2013 ottiene il Bachelor in storia della filosofia alla Facoltà di Teologia di Lugano, dove è tuttora impegnata nell’ottenimento di un Master in scienza, filosofia e storia delle religioni, con una tesi dedicata a Jeanne Hersch.
Nicoletta Noi-Togni è vedova con due figli adulti, due nuore e tre abbiatici.
Ha scritto due libri (Anna-Lisa, 1995 / Sofia è Sofia, 2017) e molti articoli d’informazione e d’opinione. Ha vinto un premio Balint fuori concorso, per una ricerca sulla relazione tra malattia e psiche.