Cultura

Non convince il film svizzero in concorso a Locarno

No, decisamente non ci siamo. Il film svizzero in competizione Glaubenberg non convince e anche il pubblico, alla fine della proiezione al Fevi, gli ha concesso solo un tiepido applauso. Eppure il tema è di quelli forti: si parla di incesto tra fratelli.

Lena ha 16 anni e, da sempre, prova un amore per il fratello più grande Noah che non ha nulla di fraterno. Lui, cosciente della situazione, cerca di scappare da quel sentimento ossessivo. E se ne va a studiare all’estero. Ma lei non si dà per vinta e, oltre a inviargli decine di lettere, di mail e messaggi, un giorno decide di raggiunerlo.

La trama, a grandi linee, è questa. Il regista Thomas Imbach si concentra sulla giovane protagonista attraverso una serie di primi piani i quali, dopo un po’, saturano lo schermo e lo spettatore. Ma potrebbero anche andar bene se ci fosse uno sviluppo narrativo e psicologico del personaggio tale da giustificare questa insistenza. Purtroppo non è così. L’ossessione di Lena è chiara sin dai primi minuti e non muta di una virgola durante le due ore del film. Anche i flashback sulla loro infanzia non aggiungono nulla di rilevante a quanto sappiamo già. Così come una delle scene che dovrebbe essere chiarificatrice, come quella in cui lei fa l’amore con il suo ragazzo, facendogli indossare la maglietta del fratello, è pleonastica.

E non è per nulla sviluppato il rapporto con i genitori, che appaiono di rado e come figure quasi estranee in questa relazione. Genitori che non hanno nulla da dire a proposito dell’ossessione della ragazza. Lasciano fare, non vediamo nessun intervento, nessuna vera discussione, nessun chiarimento. È tutto normale in quella famiglia, è tutto troppo finto.

Imbach, al posto di farci ragionare sulle relazioni strane e distorte che possono nascere all’interno di un contesto familiare, sui meccanismi che possono crearsi e sulle spiegazioni che questi potrebbero avere, resta in superficie e il film scorre via come l’acqua di un fiume, senza lasciare traccia. La stessa acqua che l’autore utilizza in una delle ultime scene con l’intento di unire il destino dei due fratelli. Ma, anche questa volta, non emoziona e non suscita nessun sentimento nello spettatore.

Peccato, un’occasione mancata per approfondire uno dei meccanismi più controversi e antichi dell’umanità.

                                                                                                                                                                                         Nicola Mazzi

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