Lutto

Paolo Pillitteri, il re simpatico della Milano da bere

Paolo Pillitteri, figura centrale del panorama politico lombardo degli anni Ottanta, già borgomastro di Milano e importante esponente del Partito Socialista Italiano (PSI), si è spento ieri, il 5 dicembre, proprio nel giorno del suo ottantaquattresimo compleanno. La notizia è stata data dal figlio Stefano Pillitteri attraverso i social media. Dei quali “Pilli” non era un grandissimo fan. Me lo confermò; lo ricordo bene nel nostro incontro nell’autunno 2016. Appuntamento, mi disse al telefono, alle “vecchie cucine economiche” di Milano. Non lo dimenticherò mai, perché spesi un’ora davanti a Google Maps a tentare di capire dove fossero … Sono passati anni, ma quando ci incontrammo Pillitteri pareva in forma; sorridente, scherzoso e allegro come in tv. Ebbi l’impressione di un simpatico vecchio lupo di mare che ha solcato le onde della politica, con i suoi occhiali sulla fronte e un viso tale da assomigliare al fratello maggiore di Ralph Fiennes.

Scrivere e leggere: i suoi passatempi preferiti. Altro che smartphone. «Non capisco niente di questa tecnologia», mi disse mentre impugnava un piccolo Nokia, anche lui di altra generazione, nell’era dell’iPhone … «Questo telefonino io lo spacco!». Paolo Pillitteri aveva raggiunto la fama quando divenne sindaco di Milano e ne incarnò lo spirito vibrante dell’epoca. Ha incontrato politici, stilisti, giornalisti, imprenditori … Tutti. E tutti ricordava con affetto. Mi parlò del suo passato con nostalgia. Un invito a nozze: parlare degli anni Ottanta … Chi non li adorava nella sua cerchia? Il PSI regnava monarchicamente sulla Milano del Ramazzotti. Un’epoca florida, spassosa, elettrizzante. Una lunga scena da “Grande Bellezza” sorrentiniana. Tutta la memoria dell’ex sindaco trovava spazio nello studio milanese. Che più che un ufficio era un incasinatissimo caveau pieno di oggetti, carte, riviste, giornali, libri … L’archivio vivente del PSI.

Poi dei grandi poster che addobbavano la stanza: uno di John Fitzgerald Kennedy, uno di Bettino Craxi; altri due su cui c’erano scritte in piccolo tutta la Divina Commedia e I promessi sposi – il romanzo lumbàrd per eccellenza. Una grande libreria protetta dal vetro con all’interno di tutto: vasi, fotografie, cimeli vari. Poi un garofano rosso sulla scrivania, le finestre ad arco, medicine e caramelle sparse. Un televisore scuro, modello Samsung, grande come un tablet. Ci accomodammo ad un tavolino circolare. Con amarezza, Pilli mi disse che di Mani Pulite – l’argomento spinoso per cui lo intervistavo e dal quale non si è sottratto, anche se «si è già detto tutto». E nell’inchiesta ci è finito dentro. Condannato ai servizi sociali, ha scontato («giustamente», come mi ha detto) la sua pena. L’accento del profondo Nord confermava che Pillitteri era meneghino d’adozione, prima di diventare il re della Milano da bere.

Nato nel 1940 nel Varesotto, iniziò la sua carriera nel mondo della cultura. Giornalista e critico cinematografico, aveva una distinta passione per il grande schermo – diventando così uno dei pionieri nella diffusione della cultura cinematografica in Lombardia. Fuori onda mi raccontò dei primi cineforum. Poi la politica, che rifletteva i cambiamenti d’area della sinistra della Prima Repubblica. Socialista dichiarato, nel 1970 iniziò la carriera amministrativa a Milano come assessore alla cultura. Il ruolo che gli permise di contribuire a un periodo di straordinaria vivacità artistica e culturale per la città. Nel 1975 fondò il Movimento Unitario di Iniziativa Socialista, che confluì nel PSI durante la “rivoluzione dei quarantenni” che portò Craxi alla segreteria. Il legame con il leader socialista era anche familiare, avendo Pillitteri sposato la sorella Rosilde Craxi – un matrimonio durato cinquantadue anni fino alla morte di lei nel 2017.

Assessore all’edilizia privata, ha contribuito allo sviluppo del piano regolatore di Milano fino al 1980, quando poi divenne assessore al bilancio. La sua nomina a segretario regionale del PSI ha preceduto l’elezione a deputato nelle elezioni politiche del 1983, incarico che ha mantenuto per undici anni, fino alla soglia della cosiddetta Seconda Repubblica, che segnò la sua eclissi politica. Nel 1986 iniziò il suo mandato come sindaco di Milano, succedendo al compagno di partito Carlo Tognoli. Era l’apice della Milano da bere. La caduta fu rovinosa. Pillitteri ricevette un avviso di garanzia, uno dei primi della stagione di Tangentopoli, insieme con Tognoli per ricettazione nell’ambito dell’inchiesta Mani Pulite, riguardante una somma di cinquecento milioni di Lire. Fu condannato a due anni e sei mesi. Dopo aver scontato la condanna, ha continuato ad occuparsi di cultura e informazione. Collaborazione con l’Avanti!, poi la condirezione de L’Opinione delle libertà.

Ancora oggi, quando si pensa alla Milano da bere, si pensa anche a Paolo Pillitteri. Figura emblematica di questo effervescente periodo di trasformazione della città. Il cui lato oscuro ha poi trascinato con sé nella disgrazia non solo l’ex sindaco, ma tutto lo stato maggiore del PSI. Nel suo addio, il figlio Stefano ha parlato di «un decennio di persecuzione giudiziaria». Nonostante il quale, però, Paolo Pillitteri «resta e resterà nel cuore di tante persone». Prima del nostro incontro avevo preparato diverse domande da porgli. Ma l’intervista la diresse praticamente lui. Io diedi solo le direttive e contenevo il fiume in piena come un argine. Alle volte si fermava e indicava qualche oggetto nell’ufficio … «Vedi, questa spilla me l’aveva data tanti anni fa il Sindaco di Gerusalemme». La simpatica gestualità che ha rafforzato nella mia memoria l’immagine di un anziano signore che amava dire «Milan l’è on gran Milan».

Amedeo Gasparini

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