Pensiamo ad una nuova AVS
Il popolo svizzero è stato chiaro: vuole la tredicesima AVS e non vuole lavorare un anno di più. Almeno non per il momento. Le ragioni per l’esito di questa votazione possono essere molteplici, e forse alla fine non hanno neppure una grande importanza.
Ora bisogna capire come finanziare questa ulteriore indennità. Il primo pilastro è basato su un sistema a ripartizione: le persone che lavorano attualmente pagano le pensioni delle persone che non sono più attive. Esiste un piccolo fondo di compensazione che deve essere almeno pari a un anno di contributi erogati (ca. 45-55 miliardi di franchi). In questo caso quindi il sistema si fonda sulla solidarietà: dai giovani agli anziani, dagli attivi ai pensionati, dai sani ai malati e dai “fortunati” alle vedove e agli orfani.
Se si considera il sistema attuale le soluzioni non sono molte: aumentare i contributi sul lavoro, aumentare la quota che versa la Confederazione o aumentare direttamente l’imposta sul valore aggiunto o la tassa sulle case da gioco o la loro quota. Tutte queste misure però comportano una riduzione del potere d’acquisto per la fascia toccata o la rinuncia ad altri compiti (nel caso dell’aumento della quota parte della Confederazione). Soluzioni che paradossalmente potrebbero esercitare l’effetto contrario della nuova politica pubblica: per esempio aumentare l’IVA significa rendere più povere le persone meno abbienti.
Per questo bisogna avere coraggio e ripensare i nostri sistemi sociali e previdenziali. E bisogna farlo guardando alla società tra vent’anni e non più a quella del 1950, quando è stata istituita l’AVS. Questa riflessione deve essere fatta subito cogliendo l’occasione data da questa votazione. Purtroppo gli scontri generazionali iniziano a farsi sentire e potrebbero mettere in pericolo la coesione della nostra società. Pensiamo ai premi cassa malati e alla colpevolizzazione degli anziani, ritenuti da alcuni i responsabili perché vanno nelle case per anziani o hanno bisogno di aiuti a domicilio. In maniera ripensabile, oggi questi costi rientrano anche nelle spese di malattia. Ma l’invecchiamento non è una malattia, l’invecchiamento è il decorso della vita.
A partire da queste riflessioni dobbiamo avere il coraggio di pensare una nuova assicurazione sociale che tenga conto del decorso della vita. L’uscita dal mercato del lavoro dovrà essere considerato il punto di svolta per creare nuovi strumenti che diano le giuste risposte ai bisogni che nascono da quel momento e che trovino i giusti finanziamenti. Smettiamola con i cerotti e troviamo il coraggio di salvaguardare la pace intergenerazionale che è una delle componenti più importanti delle nostre società. Per farlo dobbiamo studiare una nuova assicurazione sociale.
Amalia Mirante