La nuova direttrice di Locarno film festival, Lili Hinstin, come tutti i direttori che l’hanno preceduta, si espone al giudizio degli esperti cinefili ma soprattutto a quello popolare, forse più impietoso. Le persone che ricoprono cariche con questa visibilità piacciono o non piacciono, giudizi solitamente fondati più sulla percezione che sulla realtà. Come accade alla direttrice, che firma la scelta stilistica e artistica del festival, di conseguenza anche i film in cartellone piacciono o non piacciono, per tutta una serie di motivi personali e di variabili indipendenti, di chi assiste alle proiezioni. Dopo undici anni di frequentazione al festival ho vissuto le ultime tre edizioni con poco entusiasmo, visionando film che non mi hanno trasmesso grandi emozioni e coinvolgimenti, avvertendo una sorta di noia e disinteresse, dati dalla cripticità delle pellicole: reazioni che probabilmente potevano essere legate al mio stato d’animo, e non tanto alla scelta artistica dei precedenti direttori. Di questo mio stato d’animo ne riferii a suo tempo, in un’altra occasione. Sta di fatto che quest’anno molti film mi hanno arricchita, con tutto ciò che il cinema mi permette di vivere quando posso fare i miei viaggi immaginari, collegandoli a realtà che mi appartengono o che non conosco. Nelle sale, o durante incontri conviviali, ho posto alcune domande a persone occasionali, anche a colleghi giornalisti sconosciuti, in una sorta di mini sondaggio aleatorio, e quasi tutti mi hanno confermato la loro complessiva soddisfazione per questa edizione. I film d’autore selezionati, pur restando a un livello da festival, soprattutto in certe sezioni, dove si osa audacemente nelle selezioni, hanno saputo creare più vicinanza e aderenza con il pubblico. Questo festival mi ha regalato dei bei film, dei bei momenti di approfondimento personale, di riflessione, di crescita e soprattutto di risonanza con il mio vissuto. Ho trovato molte connessioni tra alcune pellicole, seppur molto diverse tra loro, con delle interconnessioni su temi ricorrenti come l’adolescenza, la famiglia, le relazioni, gli immigrati, gli emarginati, le pulsioni che ci governano, l’amore assoluto, l’umanità che arranca ma anche molta bellezza. Insomma storie di vita che hanno ampliato il mio sguardo sul mondo perché il cinema è spesso “bigger than life” e perciò è l’arte che prediligo.
Nicoletta Barazzoni